Se si tratta di un semplice "accoppiamento", in linea generale può essere giusta la teoria di Bruce, mentre in un rapporto "atipico", nel quale si parte con la conoscenza per poi passare alla seduzione e infine alla consumazione dell'atto, direi proprio di no. Dove c'è sentimento, non c'è spazio per l'oggettivazione.
Lo spazio per l'oggettivazione c'è anche dove c'è sentimento.
Si tratta di una sorta di raptus che dura il tempo di compiere atti che razionalmente non si compierebbero mai. E succede anche quando si fa l'amore con la compagna che si ama tantissimo e si conosce da una vita.
Come diceva 17 TIR : a ridosso dell'orgasmo regrediamo ad esseri primordiali. In quella condizione (anche mentale) non c'è spazio per il sentimento. In quell'istante (e solo per quell'istante) il nostro mood totalitario è: "Spingi più forte e ingravidala, così spargi i tuoi geni" (ho ammorbidito di molto la definizione del mood).
Ovviamente a margine dell'atto in sé torniamo in noi e interagiamo con sentimenti e quant'altro. Però per fare certi gesti che si compiono durante l'atto sessuale è funzionale considerare la compagna come un "oggetto", anche solo per pochi istanti.
Altrimenti pratiche che durante l'atto sono piacevoli e funzionali, ma "a freddo" genererebbero dolore fisico o fastidio o sarebbero certamente riconosciute come "violente": non sarebbero possibili.
Poi ci sono anche gli uomini che non arrivano mai (o quasi mai) a regredire in quel modo. Uomini che credono di rispettare la donna proprio in virtù del loro comportamento razionale durante il sesso. Il problema è che quel tipo di sesso (salvo rarissimi casi) alle donne fa schifo, perché non c'è trasporto; non percepiscono il coinvolgimento del partner e _paradossissimamente_ si sentono oggettivizzate.