Le poesie più belle

  • In un momento
    sono sfiorite le rose
    i petali caduti.
    Perché io non potevo dimenticare le rose
    le cercavamo insieme.
    Abbiamo trovato delle rose
    erano le sue rose erano le mie rose.
    Questo viaggio chiamavamo amore.
    Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
    che brillavano un momento al sole del mattino.
    Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
    le rose che non erano le nostre rose.
    Le mie rose le sue rose.

    Dino Campana a Sibilla Aleramo

  • Elizabeth Barrett Browing - Solo per amore



    Se devi amarmi, per null'altro sia

    se non che per amore.

    Mai non dire:

    t'amo per il sorriso,

    per lo sguardo,

    la gentilezza del parlare,

    il modo di pensare così conforme al mio,

    che mi rese sereno un giorno.

    Queste son tutte cose

    che possono mutare, amato,

    in sé o per te, un amore

    così sorto potrebbe poi morire.

    E non amarmi per pietà di lacrime

    che bagnino il mio volto.

    Può scordare il pianto chi ebbe a lungo il tuo conforto,

    e perderti.

    Soltanto per amore amami e per sempre, per l'eternità.

    I ricordi sono sempre bagnati di lacrime

  • Amor fati

    Quando dal mio buio traboccherai
    di schianto
    in una cascata
    di sangue –
    navigherò con una rossa vela
    per orridi silenzi
    ai cratèri
    della luce promessa.

    Antonia Pozzi - 13 maggio 1937

  • Confidare

    Ho tanta fede in te. Mi sembra
    che saprei aspettare la tua voce
    in silenzio, per secoli
    di oscurità.
    Tu sai tutti i segreti,
    come il sole:
    potresti far fiorire
    i gerani e la zàgara selvaggia
    sul fondo delle cave
    di pietra, delle prigioni
    leggendarie.
    Ho tanta fede in te. Son quieta
    come l’arabo avvolto
    nel barracano bianco,
    che ascolta Dio maturargli
    l’orzo intorno alla casa.

    Antonia Pozzi - 8 dicembre 1934

  • Riflessi

    Parole – vetri
    che infedelmente
    rispecchiate il mio cielo –
    di voi pensai
    dopo il tramonto
    in una oscura strada
    quando sui ciotoli una vetrata cadde
    ed i frantumi a lungo
    sparsero in terra lume –

    Antonia Pozzi - 26 settembre 1933

  • Tina Modotti, sorella, tu non dormi, no, non dormi:
    forse il tuo cuore sente crescere la rosa
    di ieri, l'ultima rosa di ieri, la nuova rosa.
    Riposa dolcemente, sorella.
    La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua:
    ti sei messa una nuova veste di semente profonda
    e il tuo soave silenzio si colma di radici.
    Non dormirai invano, sorella.
    Puro è il tuo dolce nome, pura la tua fragile vita:
    di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma,
    d'acciaio, linea, polline, si è fatta la tua ferrea,
    la tua delicata struttura.
    Lo sciacallo sul gioiello del tuo corpo addormentato
    ancora protende la penna e l'anima insanguinata
    come se tu potessi, sorella, risollevarti
    e sorridere sopra il fango.
    Nella mia patria ti porto perché non ti tocchino,
    nella mia patria di neve perché alla tua purezza
    non arrivi l'assassino, né lo sciacallo, né il venduto:
    laggiù starai tranquilla.
    Non odi un passo, un passo pieno di passi, qualcosa
    di grande dalla steppa, dal Don, dalle terre del freddo?
    Non odi un passo fermo di soldato nella neve?
    Sorella, sono i tuoi passi.
    Verranno un giorno sulla tua piccola tomba
    prima che le rose di ieri si disperdano,
    verranno a vedere quelli d'una volta, domani,
    là dove sta bruciando il tuo silenzio.
    Un mondo marcia verso il luogo dove tu andavi, sorella.
    Avanzano ogni giorni i canti della tua bocca
    nella bocca del popolo glorioso che tu amavi.
    Valoroso era il tuo cuore.
    Nelle vecchie cucine della tua patria, nelle strade
    polverose, qualcosa si mormora e passa,
    qualcosa torna alla fiamma del tuo adorato popolo,
    qualcosa si desta e canta.
    Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il tuo nome,
    quelli che da tutte le parti, dall'acqua, dalla terra,
    col tuo nome altri nomi tacciamo e diciamo.
    Perché non muore il fuoco.

    (Pablo Neruda , 5 gennaio 1942)

  • Se sinistramente, ti vidi
    apparire, come un sole nero
    la tua biondezza, e il sole
    recuperava tutto – o quasi
    il tutto che in te trovai …
    Un tutto che è mascherata
    un tutto che è bisogno: semmai
    era anche disperante, ritrovarsi
    tali e quali all’adolescente
    che mai crebbe: un sentimento
    di devozione, è tutto ciò
    che m’addombra … nell’ammiccare
    per una flotta di baci che
    mai desti, né darai ora che
    so quanto luminosa era per
    me la tua figura sfocatamente
    giustiziera, e lo spirito che
    tramortendo la vita che
    come sempre, scartando le
    molte speranze s’annunciava
    già là pronta a rinunciare, magari
    morendo nello sforzo di non
    distinguere tra te e il male …
    Però questa ennesima volta
    veramente hai saputo riconoscerla
    come tale. Butti via le speranze
    non sono altro che una flotta
    di baci ingenui e semplici
    mentre nel male il vivere
    si fa complesso, e ardendo
    d’un nulla che è tutto il
    mio pieno, la mia bislacca
    vita in un mercato che ha
    anch’esso il suo destinato
    amore di copulazione, si farebbe
    come tale la vuoi, disdegnando
    d’insegnarmela.

    Amelia Rosselli

  • Nell’antica Cina vi erano fiori d’andalusa.
    Tu non fischi per me.
    Il ramo storto della tua vigliaccheria non era che
    la bellezza! nel mare liscio e pettinato del nodoso cranio.
    La scultura del tuo amore era un ritornello, sapiente virgola
    del maestro che sa sparire dalla tavola sparecchiata.
    Il Giappone crudele e distante è la tua patria.
    Il Giappone nodoso ed inestricabile è il viaggio che mi
    procurerò con la tua assenza.

    Amelia Rosselli

  • Tutto il mondo è vedovo se è vero che tu cammini ancora
    tutto il mondo è vedovo se è vero! Tutto il mondo
    è vero se è vero che tua cammini ancora, tutto il
    mondo è vedovo se tu non muori! Tutto il mondo
    è mio se è vero che tu non sei vivo ma solo
    una lanterna per i miei occhi obliqui. Cieca rimasi
    dalla tua nascita e l’importanza del nuovo giorno
    non è che notte per la tua distanza. Cieca sono
    chè tu cammini ancora! cieca sono che tu cammini
    e il mondo è vedovo e il mondo è cieco se tu cammini
    ancora aggrappato ai miei occhi celestiali.

    Amelia Rosselli

  • I fiori vengono in dono e poi si dilatano
    una sorveglianza acuta li silenzia
    non stancarsi mai dei doni.
    Il mondo è un dente strappato
    non chiedetemi perché
    io oggi abbia tanti anni
    la pioggia è sterile.
    Puntando ai semi distrutti
    eri l’unione appassita che cercavo
    rubare il cuore d’un altro per poi servirsene.
    La speranza è forse il danno definitivo
    le monete risuonano crude nel marmo
    della mano.
    Convincevo il mostro ad appartarsi
    nelle stanze pulite d’un albergo immaginario
    v’erano nei boschi piccole vipere imbalsamate.
    Mi truccai a prete della poesia
    ma ero morta alla vita
    le viscere che si perdono
    in un tafferuglio
    ne muori spazzato via dalla scienza.
    Il mondo è sottile e piano:
    pochi elefanti vi girano, ottusi.

    Amelia Rosselli

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