Gentile Dott.ssa Roncallo,
Le chiedo un parere riguardo ad una questione sulla quale ho sentito idee discordanti tra gli psicologi che mi hanno seguita, di diversi orientamenti , probabilmente dipende anche dalla scuola di pensiero.
Secondo lei è possibile ricordare in età adulta i traumi rimossi durante l'infanzia e quanto è importante per la guarigione del paziente?
In genere gli psicologi di orientamento cognitivista dicono che è estremamente difficile e che non è importante perché bisogna lavorare sul presente. Quelli ad orientamento psicoanalitico, compresa la dottoressa dalla quale sono attualmente in terapia, sostengono che è possibile, che può avvenire in vari modi e che è importante non tanto ricordare per filo e per segno, ma accettare l'esistenza di questo evento traumatico o serie di eventi, anche se i ricordi sono frammentari e vaghi.
Sulla base delle mie esperienze ho molta fiducia nella mia attuale psicoterapeuta perché il lavoro fatto con lei mi ha portato a far progressi, cosa che con i precedenti non era avvenuto. Inoltre penso che se riuscissi ad affrontare questi vissuti mi libererei di vari sensi di colpa che mi bloccano nella vita perché mi danneggiano l'autostima e mi impediscono di vivere e affrontare al meglio i rapporti interpersonali e di trovare me stessa. Quindi per me sarebbe importante recuperare il mio passato. Se non invado troppo la sua privacy e il segreto professionale a cui è tenuta, vorrei chiederle se i suoi pazienti con traumi infantili rimossi hanno ricordato o sono guariti anche senza ricordare. La ringrazio per l'attenzione.
Traumi infantili rimossi
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Buongiorno Sera,
premesso che il mio orientamento è psicoanalitico-psicodinamico come quello della sua attuale terapeuta, penso che se non si risolvono eventi significativi traumatici del passato, il lavoro sul presente ha un'efficacia che difficilmente persiste nel tempo, in quanto gli irrisolti portano con sè delle dianmiche che agiscono sul qui ed ora e si ripresentano, perchè quel pezzo di storia deve trovare il suo senso e la sua conclusione nella mente della persona.
Il trauma è una rottura nella storia di vita di una persona, nel senso che rappresenta un evento (a sè o ripetuto nel tempo) che ha avuto un impatto così forte o così inspiegabile che non può essere pensato, narrato e quindi elaborato, per cui resta un vuoto di esperienza che non permette di avere un senso di continuità. Il trauma racchiude paure e sentimenti forti oltre che il bisogno di avere un senso, per cui (più o meno inconsapevolmente) la persona cerca di ripetere quell'evento riproponendolo in esperienze del presente, in cui si cerca di agire con maggior controllo per avere un finale diverso (il senso di colpa consiste nella convinzione che si sarebbe potuto fare qualcosa per evitare il trauma o addirittura che si è agito in modo da "meritare" il trauma). Il problema è che, non avendo consapevolezza dell'accaduto o meglio, dell'impatto che ha avuto l'evento e del senso che gli è stato attribuito, si crea un circolo vizioso in cui il finale è sempre lo stesso e il senso di colpa e la ferita si rafforzano.
Riguardo alla mia esperienza professionale, posso dirle che ho potuto lavorare partendo dal presente e pian piano sono emersi dettagli del trauma passato, fino a ricostruire, se non l'evento in sè nella sua interezza, quantomeno le emozioni collegate ad esso; lavorando poi sull'accettazione delle emozioni negative e del fatto che la violenza avviene indipendentemente dalla nostra volontà e dalla nostra capacità di opporci, abbiamo cercato di ricostruire un senso nuovo all'esperienza e al modo di rapportarsi alla vita del paziente, meno vincolato all'evento traumatico. -
La ringrazio della risposta, il lavoro che descrive è lo stesso che sto facendo attualmente: analizzare le dinamiche del presente e le emozioni che scaturiscono rintracciando le proiezioni e le coazioni a ripetere derivanti dai vissuti del passato.
Il mio problema è che mi sento bloccata nel riferire il tutto a traumi che ricordo vagamente. Alla base di questo blocco c'è una sorta di lavaggio del cervello durato anni in cui venivo costretta a considerare normali cose che non lo erano, anni in cui ogni problema che avessi era colpa mia, anni in cui non mi potevo permettere di esprimere una critica, o di esprimere i miei sentimenti, dire che una frase mi aveva ferita ,perché scatenavo l'aggressività dei miei familiari che non volevano essere messi in discussione. Per me è stato molto impegnativo conservare anche quei frammenti di ricordi e la mia stesss coscienza che mi dicevano che la verità era un'altra.
Il colpo di grazia poi me l'hanno dato anche gli altri con discorsi sulla teoria dei falsi ricordi,con sospetti che io mi inventassi le cose per dare la colpa ai miei dei miei problemi psicologici; da fuori i miei genitori sembrano persone ignoranti, rozze ma nascondono bene i loro lati oscuri per cui la gente ha sempre preferito pensare che quella sbagliata fossi io, piena di rabbia e di rancore per non si sa cosa. Anche gli psicologi pur riconoscendo la presenza di traumi all'origine dei miei sintomi poi minimizzavano, alcuni dicevano che davo troppa importanza al passato e che mi dovevo semplicemente lasciare tutto alle spalle, uno ha tentato più volte di convincermi a riallacciare i rapporti con i miei dicendo che se non li perdonavo non guarivo. Mi sono sentita dire anche da uno psicologo con termini più forbiti la stessa cosa che dicevano i miei parenti: che io usavo i miei genitori come capro espiatorio delle mie nevrosi e che la smettessi e mi prendessi la responsabilità dei miei problemi .
La mia attuale psicoterapeuta è la prima che mi ha creduta davvero, che si è messa dalla mia parte e non da quella dei miei genitori. Anche Alice Miller dice che è indispensabile trovare almeno un testimone consapevole e ora che l'ho trovata non riesco a mettere da parte tutti quegli anni in cui tante persone si sono adoperate per farmi dubitare di me stessa .
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