Sempre uguale, ma il problema vero non e' il cibo: se il resto andasse a posto, andrebbe a posto anche l'alimentazione. Spero a te le cose inizino a smuoversi.
Messaggi di Moretta
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Ciao. Pare che ci rincorriamo nel forum! Anche io ho il tuo stesso dilemma. All'inizio, circa 2 mesi fa, era un periodo di inappetenza: non avevo piu' voglia di mangiare cosi' come non avevo piu' voglia di dedicarmi a tutto cio' che riempiva la mia vita di persona "normale". Poi l'inappetenza e' diventata rifiuto (deliberato) del cibo. Non sono sicura che si tratti di disturbo alimentare, pero', perche' non sono ossessionata dalle calorie ecc. e perche' soffro di disturbi ossessivo-compulsivi, per cui questo potrebbe essere uno nuovo che va ad aggiungersi ai precedenti... perche' dopo un po' ci si annoia ad avere sempre le stesse fisime...
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Ciao. Credo di capire come ti senti: anche io ho perso il papa' un anno fa e da quel momento (anzi, da quando ci hanno detto che aveva un tumore) neppure la nostra famiglia e' stata piu' la stessa. La nostra prima reazione e' stata incredulita': come poteva ammalarsi LUI, che stava meglio di tutti noi, che non prendeva neanche una pastiglia e non aveva neppure un acciacco? Ancora adesso a volte mi sembra di sentirlo salire le scale e quando vedo la sua bicicletta mi sembra impossibile che non ci salira' mai piu'. Finche' c'era davamo la sua presenza per scontata e quando e' mancato ha lasciato un grande vuoto. Anche io all'inizio avevo pensato di impegnarmi tantissimo per renderlo fiero di me ma a poco a poco la depressione ha preso il sopravvento. Ti faccio un caloroso in bocca al lupo, con l'augurio di superare presto il tuo dolore.
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Grazie delle risposte; ancora un giorno di agonia, poi sapro'.
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Ciao a tutti. Da vari mesi soffro di ansia; spinta da consigli di amici e medico curante, e avendo appurato che la situazione e' ormai fuori da ogni controllo, mi sono decisa a rivolgermi ad una psicologa. Il problema e' che io non sono mai stata da una psicologa e il solo pensiero di dover raccontare ad un estraneo dettagli della mia vita privata mi fa star male (non ci riuscirei neanche con un'amica, a dirla tutta - anzi, di solito sono io quella cui ci si rivolge per conforto e consiglio). La prima seduta e' mercoledi' e mi ci sono risolta unicamente perche' se mi dicessero che a buttarmi dal quinto piano l'ansia svanirebbe, proverei - giusto per non lasciare nulla di intentato. Mi chiedevo se qualcuno di voi, che e' gia' stato in terapia, potesse cortesemente spiegarmi come funziona. Io so solo che la seduta dura 50 minuti ma credo proprio che non riuscirei a resistere fino a tanto: dopo aver spiegato i sintomi, resterei praticamente muta. Se qualcuno potesse fornirmi lumi gliene sarei oltremodo grata perche' ora, oltre ad essere ansiosa di mio, lo sono ancora di piu' per l'incontro con la psicologa.
Un grazie a chi vorra' rispondermi -
Anche io volevo rassicurarti. Quando e' toccato a me, una volta consegnata la tesi, non sono stata in grado neanche di preparare un discorso (scritto) coerente: era come se stessi scrivendo la relazione di un testo non scritto da me, mai visto prima e lontano mille miglia dai miei interessi (un po' come alle superiori, quando ci davano da "commentare" un testo come compito delle vacanze). Al momento della discussione (a cui erano presenti esclusivamente i miei genitori e 2 amiche - e fino all'ultimo ero indecisa se lasciarli entrare) ad un certo punto mi e' capitato di non voler piu' andare avanti, non perche' non mi ricordassi il discorso ma perche' mi sembrava banale. Intuendo la situazione, il relatore e i commissari, con molto tatto, sono intervenuti ponendomi delle domande generiche (avendo anticipato al relatore che avrei preferito un approccio del genere), trasformando cosi' la temuta "discussione" in un normalissimo esame. Per tutto il tempo ho visto davanti a me solo volti comprensivi e quando sono uscita il mio blocco non ha influito per nulla sul voto finale. Credo sia normalissimo essere ansiosi (lo sono ancora adesso riandando col pensiero alla scena) ma, a meno di non trovarsi una commissione da film dell'orrore, e' improbabile che i 15 - 30 minuti di discussione possano rovinare il lavoro di tanti anni: per mia esperienza, e stando a quanto ho sentito dire, saranno tutti li' pronti a sostenerti e a coprire eventuali defaillances, a cominciare dal tuo relatore. La mia intenzione era di rassicurarti, raccontandoti come, anche se la peggiore delle ipotesi dovesse materializzarsi, un eventuale blocco conterebbe poco o nulla ai fini del voto ultimo. Spero di esserci riuscita: in ogni caso, un caloroso in bocca al lupo. Facci sapere come e' andata.
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Gentile Dottore,
mi sono rivolta al medico curante per un problema di ansia generalizzata, insonnia e difficolta' di concentrazione (che subentra anche solo leggendo il giornale). Mi e' stato prescritto un ansiolitico, Xanax, da prendere '"al bisogno," iniziando con una dose di 7-8 gocce al massimo. Ho provato ad assumerlo come da prescrizione ma ho notato che, mentre l'ansia pian piano scompare, la difficolta' di concentrazione no (sono una studentessa e la capacita' di concentrazione si rende particolarmente necessaria al momento). Ho piu' volte sentito dire che i farmaci a base di anfetamine, usati per curare l'iperattivita' nei bambini, possono averere effetti sorprendenti al riguardo e di conseguenza sarei fortemente tentata di farne uso. Vorrei pero' sapere quali effetti collaterali potrebbero manifestarsi, soprattutto dovendo associare il medicinale allo Xanax.
La ringrazio per l'attenzione -
Cara Barbara,
se puo' aiutare, io ho lo stesso problema di tua figlia: una tesi da preparare con consegna imminente, ansia, impossibilita' a concentrarmi ecc. Nel mio caso il tutto scaturisce al pensiero della massa di lavoro da svolgere e il pochissimo tempo a disposizione. Risultato: blocco totale. Puo' essere cosi' anche per tua figlia? Per quanto riguarda gli ansiolitici, anche a me il medico li ha prescritti ( Xanax, nel mio caso), raccomandandomi di prenderne "7-8 gocce per carita': non di piu'" ma mi ha anche spiegato (e c'e' scritto sul foglio illustrativo) che il farmaco calma, si', l'ansia, ma inibisce ulteriormente la capacita' di concentrazione, tant'e' che ne viene sconsigliato l'uso a chi si trovasse a manovrare macchinari. Se anche le gocce che sono state prescritte a tua figlia hanno questo effetto e se lei lo sa, e' comprensibile che non ne voglia assumere. Personalmente, anche nei momenti peggiori, cerco di non farne mai uso durante il giorno mentre le prendo (e ben piu' di "7-8") per dormire. Se, invece, cedo alla tentazione e le assumo durante la giornata, mi sento in colpa perche' so che da quel momento in poi non riusciro' a studiare ecc., col risultato che l'ansia aumenta invece di calmarsi. Dovresti riuscire a farti spiegare chiaramente dalla ragazza perche' non vuole seguire la prescrizione del medico (mi viene in mente una domanda banale: 'funzionano', queste gocce, a detta di tua figlia?). Detto cio', anche io consiglierei l'intervento di uno psicologo.
Un caloroso in bocca al lupo a tua figlia! -
E cosa sarebbe questo "Tutto" di cui parli? Secondo te sarebbe giusto che tutti sapessero tutto? Sarebbe possibile? Se si, cos'è il tutto?
La scuola ti ha insegnato solo a vedere criticamente un testo? Non ti ha insegnato ad utilizzare gli strumenti in tuo possesso per risolvere i tuoi problemi personali di fiducia da sola? Sei connessa ad internet. Bene. Fino a qui ci siamo. Suppongo tu sappia cos'è Google. Suppongo anche che tu riesca a pensare che se ho nominato uno studio "Divergent thinking" forse, e dico forse, potresti provare a scrivere "Divergent Thinking" su Google e vedere che ti viene fuori. Magari poi cercare "Divergent Thinking test scores" oppure "Divergent Thinking children test education" etc... Una cosa che la scuola evidentemente non ti ha insegnato è che non esiste un unica risposta ed un unico approccio alla domanda. Altrimenti mi avresti portato articoli o libri che smentiscono quello che io dico invece che venire qui e dire semplicemente che di questo test non ne sai nulla.
Lo studio di cui ho parlato io è tratto da una conferenza di un certo Sir Ken Robinson. La conferenza dura circa 55 minuti e io me la sono scaricata. Qui c'è un ottimo link di riassunto per chi è "pigro": http://www.youtube.com/watch?v=zDZFcDGpL4U. Per chi invece vuole vedersi la conferenza completa: http://www.youtube.com/watch?v=mCbdS4hSa0s. Il test è tratto comunque da un libro chiamato "Break Point & Beyond".Rispondo brevemente ai 2 paragrafi citati:
1) Mi riferivo al tuo primo messaggio, in cui ti lamentavi che a scuola si insegnino certe materie e non altre. Non ho mai detto che la scuola debba insegnare tutto lo scibile umano. Se fosse per me, abolirei completamente il sistema degli indirizzi (classico, scientifico, tecnico ecc.), mantenendo un certo numero di materie obbligatorie e lasciando liberi gli studenti di sceliere le altre.
2) Saper leggere criticamente un testo e' una capacita' non da poco, a mio parere. Tu hai argomentato la tua (personalissima) posizione concludendo tirando in ballo un non meglio identificato "studio americano" senza fornire la benche' minima informazione per inquadrarlo (es.: chi era l'autore) come se quella fosse l'ultima parola sull'argomento - un po' come quelle pubblicita' che ripetono che "studi clinici dimostrano..." Il fatto che chi legge chieda maggiori delucidazioni non significa che abbia "problemi personali di sfiducia" (dov'e' il nesso?): ti sta semplicemente ricordando che e' tuo compito fornire tutte le informazioni necessarie ad inquadrare il ragionamento. Chiunque sia connesso ad Internet si sara' trovato ad usare i motori di ricerca - grazie, comunque, per aver ricordato la procedura. Forse, pero', ti sara' sfuggito che digitando un qualunque quesito i risultati che si ottengono sono centinaia; a questo punto, neppure il piu' volenteroso dei lettori avrebbe la costanza di visionarli tutti sperando di indovinare quale possa essere quello al quale ti riferisci. E questo a maggior riprova che "non esiste un'unica risposta alla stessa domanda." La mia obiezione non era rivolta allo studio in se' (non mi hai fornito i dati necessari per identificarlo: come posso pronunciarmi al riguardo?) ma all'argomentazione in generale. -
Non sono d'accordo.
La scuola esiste da che esiste un padre e un figlio, e una madre e una figlia.
Il padre insegnava a cacciare, tendere trappole, e sfuggire ai nemici. La madre a raccogliere le radici e le erbe giuste, a organizzare la tana e occuparsi al meglio della prole.
Poi ogni civilta a seguito quello che sembrava meglio al momento.
Se tu riferisci alla scuola italiana dell'ottocento...direi che e' stata una conquista non da poco, visto che prima era il nobile latifondista che decideva chi doveva imparare a scrivere e far di conto, mentre per tutti gli altri c'era il lavoro nei campi.
Se poi ti riferisci all rivoluzione industriale italiana, che e' arrivata si e no un secolo fa, la scuola ha permessoal ploretariato e al sottoploretariato urbano di leggere qualche libro e allargare i propri orizzonti. Cosa che fino al giorno prima era riservata ai figli dei borghesi benestanti, a cui erano riservate tutte le cariche politiche, civili e sociali.
Se al governo e all'amministrazione delle citta, delle regioni e dello stato ci possono andare anche i figli di operai, lo si deve proprio alla scolarita', che ha permesso a tutti di avere una istruzione.
Dopo il 68, anche i ceti meno abbienti e il sottoploretariato ha potuto aspirate ad andare all'universita'. Cosa che prima era riservato solo ai liceali, che, naturalmente, erano figli del medico, del farmacista e del commenda del paese.Concordo pienamente, e mi permetterei di aggiungere qualche riflessione.
1) E' vero che la scuola non insegna tutto - nessuna scuola, comunque concepita, potrebbe farlo. Una delle funzioni della scuola e' quella di sviluppare la curiosita' dell'individuo e di fornire i mezzi atti a soddisfarla. Chiedere di piu' significherebbe, paradossalmente, rivendicare il diritto all'autonomia demandando pero' ad un ente esterno (la scuola) il compito di scoprire quel che si vorrebbe conoscere e successivamente di farcelo conoscere. Altra funzione della scuola e' quella di preparare l'individuo a relazionarsi con la societa' in cui vive - e secondo il mio punto di vista una scuola che non si proponesse questo compito non avrebbe senso. Se la societa' e' fatta in un certo modo non e' colpa della scuola, senza contare che societa', scuola ecc. sono formate da individui - noi - dotati di libero arbitrio e dunque capaci di cambiare le cose. Della scuola com'e', io ne cambierei molte (ad esempio. proporrei l'insegnamento della filosofia come materia obbligatoria in tutti gli indirizzi della scuola secondaria perche' anche un idraulico deve saper pensare) ma dire che la scuola uccida la flessibilita' "in nome di una ottusa cultura generale" mi sembra un'esagerazione. E poi perche' "ottusa:" perche' e' generale? Ci sarebbe un'altra cultura (non generale) che verrebbe passata sotto silenzio? Per quel che mi riguarda, la cultura generale e' quel che fa di me un essere raziocinante, o piu' banalmente quel che mi suggerisce di non ripararmi sotto un albero durante un temporale, evitando di incolpare il creatore se mi succede qualcosa. Una scuola come viene descritta in alcuni messaggi mi fa pensare al Ventennio, ma pian piano l'importanza del confronto e della discussione (diversi dal semplice "far domande") si e' fatta strada (anche ammettendo la diversita' delle esperienze individuali). Personalmente ritengo la scuola un'istituzione democratica perche' fornisce gli strumenti di pensiero adatti a criticarla.
2) Non e' chiaro il riferimenso allo studio americano. Una delle cose che mi ha insegnato la scuola e' la capacita' di lettura critica di un testo, e di conseguenza mi chiedo: 1) Chi ha condotto lo studio? Su quale rivista e' stato pubblicato? Come e' stato accolto dalla comunita' scientifica (es: qualcuno ha cercato di replicarne/confutarne i risultati)? Il metodo adottato e' scientificamente corretto (es.: ci si e' preoccupati di evitare disparita' di sesso, classe sociale, razza - tutte cose che potrebbero aver influito sui risultati)? E quale era lo scopo dello studio - fornire un fondamento scientifico al dibattito sulla natura umana (es.: la creativita' e' innata ma per effetto dell'educazione - in senso largo - la si perde man mano che cresciamo)? Dimostrare che la creativita' e' inversamente proporzionale all'eta' dell'individuo? E quale e' il nesso con la scuola (il fattore determinante potrebbe essere anche il tipo di educazione impartita dai genitori, ad esempio.).
3) Per tornare alla scuola, mi permetterei un'ultima osservazione (a rischio di andare fuori tema), che non vuole essere critica pedante (giuro!) ma semmai un consiglio in vista della maturita'. Si parla tanto della scuola delle 3"i" - inglese, internet e impresa, mi pare. Ecco, io mi sentirei di aggiungerne una quarta: ITALIANO! che pure comincia per "i." Sembra banale ma... per favore, attenzione all'ortografia: "ne' caldo ne' freddo" andrebbe scritto con l'accento; "fa", invece, senza l'accento mentre po' ("un po'") con l'apostrofo. O perlomeno la maestra Fiorangela, socraticamente aperta alla discussione, sull'ortografia proprio non transigeva - e credo lo stesso valga per i commissari.