Messaggi di Blackmacigno

    Quindi il tipo che ti consegna la roba da amazon se spingesse di meno (ora lo fa fino ad ammalarsi) sarebbe ancor meno soddisfatto?...altra tesi interessante.

    No sarebbe licenziato credo. Anche perché hai portato ad esempio una realtà lavorativa in cui il lavoratore è incasellato e controllato rigidamente proprio per non farlo lavorare di meno, qualora volesse assumere questo atteggiamento. In pratica il corriere di amazon è quello che si verificherebbe se tutte le realtà lavorative fossero autorizzate a comportarsi così coi lavoratori che per propria volontà diventino meno produttivi.
    In pratica è l'effetto a chi sostiene la tesi che bisogna lavorare di meno perché tanto ci pagano di meno.

    Mah, insomma. Dici "è anche lo sprone a non restare in una condizione lavorativa che non accetti". Dipende. Se hai 50 anni e sei a pulire i bagni... non credo che svolgendo il lavoro in modo professionale tu possa trovare un qualche sprone verso un'altra condizione lavorativa.

    Discorso simile riguardo alla parte conclusiva del tuo messaggio. Un conto è fare i camerieri, commessi etc da ventenni e considerarlo solo un lavoretto di passaggio. Un'altra cosa è farlo ormai da adulti mentre si sognava di fare tutt'altro. Con quale voglia si può portare avanti lavori simili quando magari le nostre aspirazioni erano quelli di fare i professori o i manager?

    Esatto, è proprio questo il punto...

    Perché a 50 anni sei ancora a pulire i c∙∙∙i?

    Perché sei adulto e fai ancora il cameriere o il commesso? Può esserci un motivo dato dall'aver perso il lavoro che facevi precedentemente, e in quel caso potrei essere d'accordo con te.

    Ma se hai fatto sempre quel tipo di lavoro o altri simili e sei arrivato a 50 anni, forse non è che ti sei seduto un po' troppo? Anche io, se non mi fossi posto il problema e mi fossi seduto, probabilmente oggi starei ancora facendo il commesso a 400€ al mese, o qualche lavoro simile. Anche io avevo aspirazioni altissime, ma ho dovuto ridimensionarle... non siamo le nostre aspirazioni. Mia sorella, la persona più intelligente e geniale che abbia mai conosciuto nella mia vita, una gran cultura, laureata con 110 e lode in filosofia, oggi lavora con il diploma al comune in un settore amministrativo in cui ha dovuto imparare tutto visto che in vita sua non aveva mai fatto un esame di diritto, per uno stipendio di 1400€ quando le va bene. Eppure l'ha fatto, ed è anche molto brava in quel che fa, tanto che provano a darle lavoro aggiuntivo che non le spetterebbe e per il quale non percepirebbe un euro in più. Beh, non si sente sicuramente soddisfatta, ma non si sente nemmeno alienata. Ha un lavoro, con quello che guadagna vive, va in palestra, ogni tanto si fa un viaggetto, etc. È stressata nella giusta misura come tutti i lavoratori. Quindi, se ha potuto lei riprogrammare serenamente con sé stessa le sue aspettative (chissà quali fossero visto che non le piaceva insegnare), perché altri non possono farlo?


    Il problema allora forse è solo la distanza che c'è fra le aspirazioni di un ragazzo che comincia e finisce un percorso di studi e la vera condizione del lavoro nel mondo reale. Si vuole applicare un'idealizzazione di qualcosa alla realtà che è ben diversa senza operare nessun compromesso? La vedo dura in questo caso riuscire a realizzarsi in qualche maniera.

    Non è solo...ma sicuramente è una questione fondamentale. Non si può pretendere il massimo impegno al lavoratore quando gli si negano prospettive e un salario decente (cose ormai negate sistematicamente a milioni di lavoratori nel nostro paese).

    Si ma non per questo il lavoratore può mettersi in "sciopero" dal compiere il lavoro al massimo delle sue capacità perchè come detto si aliena da solo in questo modo. Di sicuro il giorno dopo non avrà voglia di andare a lavorare nuovamente alla metà di ciò che potrebbe fare. Oltre al salario inadeguato quindi subentrerebbe una insoddisfazione che si procura da solo, lavorando meno.

    Auspico una "Grecia" futura, in cui gli "schiavi" saranno gli automi e le intelligenze artificiali e dunque l'uomo potrà tornare libero, ovvero alla coltivazione delle facoltà superiori con l'ausilio anche dei nuovi strumenti quali la genetica e la tecnologia.

    In una realtà in cui si contrappongono schiavi (sebbene automi e macchine) agli olìgoi, beh ci sarà sempre una disparità enorme. Le società dovrebbero essere equilibrate ed il lavoro serve anche a questo.

    Ci sono migliaia di libri di fantascienza e cinematografia di ogni genere che non la vedono così rosea in un futuro fatto di automi che lavorano e umani che ne godono. (I primi che mi vengono in mente Blade Runner e Terminator ^^)

    Quindi a milioni? hai presente le statistiche Istat sul dilagante fenomeno del lavoro povero? Ah si ricordo in altre discussioni...sono solo ipotesi, non numeri. Proprio non si vuole vedere che in paesi come l'Italia si stia sviluppando un degrado socio economico con una polarizzazione pazzesca dei redditi.

    Io sono d'accordo, ma cosa ha a che fare questo con l'impegno profuso in un lavoro? Lavorare moderatamente invece che con professionalità risolverebbe la questione?
    Perchè ci siamo impelagati su questo discorso dei salari? La tematica principale era incentrata sugli stimoli lavorativi a fare o fare di meno.
    Quindi fran235 per te è solo una questione di quanto il lavoratore sia pagato?
    Se è per quello ben venga un sistema di lavoro a cottimo, o a provvigioni così chi fa di più guadagna di più e chi fa di meno guadagna di meno. Con tutte le conseguenze del caso però ossia sfruttamento e alienazione a manetta.
    Non credo che il salario, benchè è tutto giusto quello che dici sul fatto che sia molto basso, possa essere il parametro esclusivo di quanto un lavoratore debba impegnarsi o trovare stimoli in ciò che fa quotidianamente.

    Penso che quella relativa all'essere professionali possa essere una forma di soddisfacimento legata al lavoro. Sentirsi bene dopo aver svolto il proprio lavoro in modo professionale, con impegno.

    Non solo è anche lo sprone a non restare in una condizione lavorativa che non accetti. Perchè ti da la possibilità di misurarti con le tue capacità e ti da un risultato concreto di quanto tu effettivamente sia capace. Alcuni invece per il semplice fatto di avere una laurea in tasca credono che hanno tutte le competenze giuste per ricoprire dei ruoli di lavoro e non ne accettano altri diversi da quello che il loro standard idealizzato.... anche se sono al primo impiego.
    Per mia esperienza personale, son sempre andato d'accordo come modo di vedere e percepire il lavoro con tutti quelli che sin da ragazzi hanno lavorato facendo i camerieri, i commessi, i ragazzi delle consegne... etc etc etc... perchè hanno una visione del lavoro diversa da chi invece ha sempre e solo studiato e poi si è affacciato sul mondo del lavoro. Questi ultimi tendono un po' troppo ad idealizzare il lavoro.

    Beh quei milioni di cui parlavo lavorano per pagare i beni di base...difficile possano trovare soddisfazioni intrinseche (per parlare l'idioma dei manger) nel lavoro.

    Infatti concordo con te, ed è l'esempio che mi riguarda che portavo prima. Guadagnavo in nero, senza tutele, 400€ al mese per 6 giorni di lavoro, ma chi accetterebbe una paga del genere? Nessuno, io l'ho dovuto fare perché in quel momento era l'unica opzione possibile (anche per tutto un discorso personale e familiare svalutante come diceva anche Acronimo)... però mi sono imposto il miglioramento e ho cercato delle alternative per me stesso. Dopo di me i proprietari di quel magazzino sono stati 2 anni senza commesso, e alla fine ne hanno dovuto prendere uno e pagarlo anche di più. Quindi, questo è per dire che il salario medio di un italiano, oltre alla politica, lo facciamo anche noi quando ci costringiamo a restare in un discorso di domanda e offerta in maniera un po' passiva accettando tutto senza impegnarci a migliorare. Il miglioramento delle tue conoscenze in campo teorico-tecnico-pratico fa sì che tu possa crearti altre opzioni di lavoro e andare a saturare altri posti dove la domanda è sicuramente più alta. Quanti laureati però sono disposti a rimettersi in discussione se non trovano lavoro nel proprio settore e migrare in un settore totalmente diverso?

    E la spinta verso questo miglioramento può essere tanto percepire un salario basso quanto non sentirsi inutili per 13 ore al giorno.


    Aggiungo che a volte anche all'interno della stessa azienda ci sono lavoratori più stimolati a fare il proprio lavoro e altri meno. Ad esempio, chi lavora in ambiti specialistici e chi fa il magazziniere... il primo sicuramente sarà invogliato ad aggiornare le sue conoscenze, il secondo invece no. Chiaro poi che il salario di entrambi cambia perché il primo operaio ha responsabilità maggiori rispetto al secondo, e anche le 13 ore dell'uno rispetto a quelle da carcerazione dell'altro.

    Ok quindi i milioni di lavoratori che in Italia prendono stabilmente un salario al limite della sussistenza è perché si sono impegnati poco...tesi interessante.

    No, assolutamente, non credo che sia questo il discorso. Una cosa è parlare di salario e un'altra è parlare di stimoli lavorativi. Il salario non può essere il motore esclusivo di ciò che ti stimola a lavorare di più e meglio (perché si può anche lavorare tanto ma malissimo... tipo quelli che si abbuffano di straordinari pagati bene facendo meno del minimo richiesto). Se associamo il salario al lavorare bene, efficientemente ed efficacemente, allora il film che citavo prima e il personaggio protagonista Lulù Massa non hanno insegnato nulla. Volete un lavoro pagato a cottimo? Secondo me non è esaltante come prospettiva, anzi forse è più alienante, perché avverrà proprio come in quel film: a quel punto il padrone si sentirà in diritto di cronometrarti, oltre a pagarti in base al numero di pezzi prodotti.


    Poi che i salari debbano essere sicuramente adeguati al costo della vita, beh, questo penso valga per tutti ad eccezione dei manager d'azienda. Ma, come dicevo, secondo me sono due discorsi diversi... il salario non è ciò che ti fa sentire soddisfatto del tuo lavoro, o almeno non dovrebbe essere l'unico parametro considerabile. Il rischio è un nuovo tipo di alienazione, molto simile alla vecchia alienazione degli operai nel '68.

    Questi per me hanno il sacrosanto diritto a difendersi lavorando lo stretto necessario, così come il loro padrone (uso un termine demodé ma secondo me efficace) fa col loro salario (anzi generalmente quest'ultimo fa meno dello stretto necessario).

    Quindi il dipendente del proprietario di un'officina di meccanico o carrozziere può, secondo questo discorso, impiegarci 10 giorni per fare un lavoro che normalmente ne richiederebbe 2?
    Non lo so, sarà che da dipendente sfruttato e sottopagato io tendevo a "rubare" con gli occhi il lavoro e ad imparare, e più lavoravo e più imparavo (quella che si potrebbe considerare "gavetta"), ma se lavoravo lo facevo per me, non di certo per il "padrone" che tra l'altro non mi insegnava nulla. Anzi, se devo dirlo, ancora oggi non mi viene insegnato nulla, nessun corso professionalizzante, ma anzi mi viene messo un macchinario davanti e mi dicono che devo metterlo in funzione. Qui ho due possibilità: o imparo da me, oppure mi siedo e non faccio nulla, ma cosa me ne verrebbe in tasca? Nulla, probabilmente mi sentirei molto meno stimolato dal mio lavoro, perciò se decido di mettermi lì ad imparare da solo lo faccio anche per crearmi degli stimoli giusti che mi facciano sentire capace e soddisfatto di me prima ancora che come lavoratore, come persona. Diciamo che sarebbe l'essenza della frase fatta "il lavoro nobilita l'uomo".
    Il vostro è un discorso che comprendo, molto simile a quelli raccontati da Petri ne "La classe operaia va in paradiso" (filmone che amo), però nel frattempo la società si è evoluta e anche i sistemi di produzione e di lavoro.

    l mio era giallo e blu (i miei colori preferiti) ma si è distrutto tempo fa. Ora ne ho uno più professional in pelle ma per me è sempre quello dell’Invicta che comprai ancora al liceo. Nostalgia canaglia.

    OT: ho anche io ancora l'invicta del liceo, nero e fucsia ^^

    Si anche io ho l'invicta delle scuole, due addirittura, uno verde e blu, e l'altro nero con le scritte in giapponese e il sol levante sullo stemma! ^^

    Però quello che uso ancora oggi è uno zainetto piccolino nero, non proprio come quello delle scuole... ma è comunque un fetentissimo invicta! :D

    Mi devo decisamente evolvere!

    è una storia di rivincita probabilmente

    No Giak, nessuna rivincita... semplicemente ho capito che se fossi rimasto fermo non avrei concluso nulla. Infatti, dopo quell'esperienza non è che ho trovato stabilità lavorativa, anzi... Mi dissi: "Ma se devo stare così, non mi conviene impegnarmi in qualcosa che mi piace fare?" Mi sono messo lì, ho studiato, ho fatto tanta pratica, ho cercato dei corsi professionalizzanti, ecc. ecc... alla fine sono approdato in quel settore, creandomi da solo le competenze per svolgerlo... pensavo mi sarebbe piaciuto, e invece anche lì mi sono sentito ancora più alienato che nel fare il commesso. Senza offesa, mi sentivo come l'operaio sulla catena di montaggio in un lavoro che avrebbe dovuto piacermi perché era il settore che mi ero scelto. Alla fine ho chiuso anche lì e oggi faccio tutt'altra cosa completamente diversa, mi è piaciuta inaspettatamente e, se avessi la voglia di impegnarmi di più, potrei perfino approfondire maggiormente le mie competenze. Ma al momento sto bene così.


    Tutto questo per dire che non è un discorso di rivincita, ma di opportunità che bisogna crearsi ed essere anche duttili e un po' incoscienti a voler cambiare qualora ciò che si fa non ci soddisfi. (Poi sì, c'è anche la rivincita, ma con me stesso e per altri motivi più personali che includono la percezione che si ha di se stessi. In ogni caso, questo aspetto lo percepisci solo alla fine del percorso, e durante, mentre ti impegni e hai "fame" di arrivare e dimostrare a te stesso che non sei finito finché non lo decidi tu.)

    Io che nella mia percezione (maturata in una famiglia inconsapevolmente svalutante) ero la persona più lontana da quel ruolo... andavo ancora al lavoro con lo zainetto dell’Invicta ^^ per dire.

    Identica situazione... anche se... io lo zainetto dell'invicta nero ce l'ho ancora oggi, non l'ho ancora cambiato! :D

    ma per chi ha vissuto certe dinamiche infantili è dura anche attribuirsi dei meriti, ti senti sempre un po’ "difettoso". Ancora oggi quando mi accreditano gli emolumenti mi "vergogno" un po' perché mi sembrano troppi soldi ?(.

    Mamma mia... veramente la stessa identica situazione. Mi ritrovo molto in tutto.