Forse dipende dal settore in cui cerchi? Cosa ti impedisce di usare gli altri canali?
Io sto cercando come programmazione della produzione e buyer nel settore metalmeccanico, ma siccome la mia ex azienda è di nicchia non ha praticamente concorrenti e devo affidarmi ad agenzie. Non ho parenti che mi possono aiutare, il porta a porta non vorrei farlo visto che ho/avevo una posizione importante e non sono un semplice operaio...
Boh, sinceramente mai utilizzate, né per assumere né per cercare lavoro, io ho sempre usato solo linkedin (lavoro da circa 20 anni) e non ci ho mai avuto a che fare.
Beata te...
Prima quando? E da quando è obbligatorio passare per agenzie interinali? Puoi fare come prima, cioè caricando il cv sul sito della company di turno, o ancora meglio rispondendo ad annunci su Linkedin.
Prima intendo negli anni 60/70/80. Le agenzie sono nate negli anni 2000 se non sbaglio, cioè un diplomato negli anni 60 o uno che perdeva lavoro negli anni 70 non aveva agenzie alle quali rivolgersi.
Si non è obbligatorio ma hanno tutto in mano loro... tutte le aziende si appoggiano alle agenzie.
Mostra di PiùPer un istinto umano innato.
Se ti metti a pensarci razionalmente ne esci pazzo, nella migliore delle ipotesi.
Noi umani abbiamo una certezza innegabile: la nostra condizione mortale.
Davanti a ciò, razionalmente, non ha senso niente. Il nostro correre come mine vaganti, sperare, piangere, amare, lavorare, mettere da parte soldi, fare progetti, faticare, pensare.
Ma poi qualche entità maledetta ci ha dotati di coscienza e pensiero critico.
Quindi non siamo automi, ma esseri pensanti, che si ostinano a dare un senso a tutto. Tutto permane, la nostra specie continua, perciò siamo portati a lasciare qualcosa in eredità, che sopravviva a noi, per chi verrà dopo.
O è proprio la data di scadenza che dà un senso a tutto ciò? Sappiamo che terminerà, quindi ci giochiamo la partita, perché è l'unica possibilità che abbiamo di scendere in campo.
Pensiero lineare che condivido, appunto se uno accetta che muore o che in realtà siamo già tutti morti, saremo tutti più felici e onesti e tranquilli e sapremo amare meglio, vivere meglio ecc. ma invece ci ostiamo a pensare...
Buonasera, ma prima delle agenzie interinali e prima della forma di somministrazione di lavoro come si veniva assunti? Che cosa succedeva? Come si trovava un impiego?
Mostra di PiùParola all'Istat:
Per i giovani del Sud «il tempo rischia di fermarsi». Stanco di elencare cifre drammatiche sul Mezzogiorno, puntualmente ignorate, l’Istituto di statistica prova con un’immagine forte ripresa da Ivo Diamanti a riassumere la difficile e allo stesso tempo assurda condizione di chi è giovane nel Mezzogiorno. Da un lato è “merce rara” e quindi risorsa preziosa. Nello stesso tempo è lasciato a un destino di marginalità che gli inibisce di diventare adulto e di dare un pieno contributo alla società tutta, «non solo di quella meridionale», come sottolinea l’Istat consapevole della palpebra pesante che accompagna ogni analisi sul Sud.
I numeri, ovviamente, non mancano. Il focus dell’Istat dal titolo “I giovani del Mezzogiorno: l’incerta transizione all’età adulta” snocciola dati demografici e sociali su un territorio che ha gli indicatori peggiori fra tutte le regioni europee su disoccupazione, partecipazione al lavoro, divario di genere, giovani che non studiano e non lavorano e sul tasso dei laureati. Numeri che non sono semplicemente raccolti in grafici e tabelle, sono lì a supporto di un messaggio, in linguaggio tecnico, che l’Istat affida ai decisori politici: «La traslazione dei tempi di formazione di un proprio nucleo affettivo e della prima procreazione rischia di interferire con il ciclo biologico della fertilità e di alimentare il cosiddetto “inverno demografico”». Tradotto: se si abbandonano i giovani del Sud a un destino precario, resteranno tra le mura dei genitori fino a un’età in cui sarà difficile anche avere un figlio, aggravando il già noto collasso demografico in cui è precipitata l’Italia
Per “giovani”, l’Istat considera chi ha tra i 18 e i 34 anni. L’anno d’oro in Italia dal punto di vista numerico fu il 1994, quando i giovani dell’epoca erano 15 milioni. Oggi sono 10 milioni, con la quota dei residenti al Sud ancora significativa sebbene in calo: era il 38,5% nel 2002; è diventata il 36% vent’anni dopo. In media i giovani italiani sono appena il 17,5% della popolazione, valore più basso d’Europa, con la Campania che mantiene per un soffio la migliore posizione d’Italia, al 19,9%. In Europa cinque giovani su dieci hanno lasciato la famiglia d’origine, nel Nord Italia solo tre e nel Mezzogiorno appena due su dieci. Rispetto a vent’anni fa i valori sono peggiorati in tutta Italia ma nel Mezzogiorno in misura più intensa. Chi resta in casa con i genitori, ovviamente, rinvia una convivenza e, di conseguenza, la scelta di fare figli. All’età critica di 33 anni, nel Mezzogiorno ancora il 41,5% vive con i genitori, il doppio rispetto al Centronord ma anche il doppio rispetto a chi nel Mezzogiorno aveva 33 anni nel 2001.
Vent’anni fa il 55% dei 34enni aveva già procreato, adesso appena il 40%. Per le giovani donne si è persa nel Mezzogiorno, nota l’Istat, «la tradizionale precocità al compimento di tutte le transizioni familiari, compresa la nuzialità e la procreazione».
Perché i giovani meridionali non riescono a staccarsi dalla famiglia? Le difficoltà nel trovare lavoro nel Mezzogiorno ci sono sempre state; tuttavia la situazione da nera è diventata, se possibile, più nera. Gli effetti della grande crisi partita nel 2008 nel Mezzogiorno non sono stati ancora assorbiti e si registra «l’incremento dei lavori atipici o non standard e di tutte le varie forma di precariato indotte - evidenzia l’Istat - dalle trasformazioni strutturali del mercato del lavoro e dall’andamento del ciclo economico». Il tasso di occupazione tra i giovani meridionali è tragicamente basso con appena il 31,7 per le donne (contro il 59,3% per le coetanee del Centronord). E tra i giovani meridionali occupati, che sono quindi una minoranza, la quota di lavoro atipico è «ormai del tutto prevalente» con valori oltre il 60% in Calabria, Sardegna, Basilicata e Sicilia. In Calabria appena un giovane su dieci ha un’attività a tempo indeterminato.
In tale scenario cupo c’è però un fattore nel Mezzogiorno che segna una svolta rispetto ai periodi precedenti ed è l’impegno dei giovani a migliorarsi portando ai livelli più alti il percorso formativo: «Nel Mezzogiorno la quota di bassa istruzione appare in visibile decremento» e rappresenta il 24,4% mentre era il 41,5% fra i giovani della generazione precedente. L’istruzione terziaria è migliorata in modo spettacolare tra le donne meridionali passando in vent’anni (2001-2021) dall’8,4% al 24,4% con il Centronord quasi raggiunto visto che è al 29,4%. Nel 2021 c’è stato anche un sorpasso che «potrebbe assumere un rilievo storico» perché le immatricolazioni universitarie dei meridionali hanno superato, in termini percentuali, quelle dei coetanei del Centronord. In quattro regioni - Abruzzo, Molise, Calabria e Basilicata - ogni 100 diciannovenni 60 si iscrivono all’università. Non era mai successo in passato e non accade ovunque al Nord: in Lombardia sono 51 su 100.
Certo, osserva l’Istituto di statistica, nella scelta della maggioranza dei giovani meridionali di iscriversi all’università incide anche la carenza di alternative lavorative. Tale osservazione però non attenua il fatto che investire sulla propria formazione sia un comportamento altamente positivo. Ma proprio l’iscrizione all’università è anche il primo step di un destino fatto di emigrazione. Il 28,5% delle matricole universitarie meridionali si iscrive in atenei fuori del Mezzogiorno, contro appena il 3,6% di chi dal Nord si sposta nel Centrosud. E al momento della laurea, ben il 39,8% (quattro su dieci) si è trasferito altrove. Il Sud insomma sta reagendo alla crisi scommettendo sulla formazione, ma i suoi giovani più qualificati finiscono con il rafforzare i territori già economicamente forti. Ecco perché, richiama l’Istat, programmi come il Pnrr dovrebbero incidere sui divari territoriali. Se il Next Generation Eu dovesse fallire, avverte l’Istat, si rischia non il declino ma la «tenuta demografica per ampie aree del Mezzogiorno».
Il dato della natalità è spaventoso...
Sai qual è la cosa più triste?! Lo so perché l'ho provato sulla mia pelle.
È non avere un subconscio comune di valori di sensibilità di idee e pensieri... io per esempio potrei stare bene con persone opposte a me come carattere o entusiasmo o cultura ecc. ma non potrei mai stare con persone che non hanno valori intimi uguali ai miei.
Mostra di PiùQuesto c'è già. Lo fa google da 20 anni e i vari social da quando esistono.
La novità è che ci saranno sistemi IA in grado di rilevare gli shitstorm e gli abusi e di segnalarli a chi deve intervenire o alla piattaforma stessa.
Vincent è stato istigato al suicidio da una shitstorm di attacchi mainstream/propagandistici che provenivano da tutta la costa ovest degli Stati Uniti. La cosa è andata avanti per una decina di giorni. Se ci fosse stato attivo un sistema del genere i genitori sarebbero stati avvertiti o la shitstorm sarebbe stata interrotta.
A nessuno frega niente di quante volte vai al c∙∙∙o al giorno, tuttavia google lo sa. Non facciamo gli ignoranti che temono il mostro nero e poi lo cavalcano abitualmente.
Dipende dal problema.
Le terapie infinite sono confinate a pochi disturbi. Per tutte le altre la fine dovrebbe essere chiaramente visibile. Ovviamente la durata dipende dal problema. Se in terapia ci vai 2 volte al mese: 6 mesi di terapia sono 12 ore di colloquio. Non è un gran ché se devi risolvere un problema esistenziale.
Esiste, ma sono pochi i terapeuti in grado di arrivarci e conta molto anche il paziente, nel senso che non tutti riescono.
No, non la penso così. Ci deve essere un termine più o meno prestabilito altrimenti non ha senso, non si va dallo psicologo per problemi esistenziali che richiedono anni di colloqui. Poi considera che dopo un po' c'è il rischio dell'amicizia o dell'innamoramento del terapeuta, cosa non così rara.
Mostra di PiùE' già così e lo è a opera degli esseri umani.
Sui maggiori social vige la propaganda mainstream, per cui non si possono dire/fare tutta una serie di parole/azioni anche se non sono violente. In questo le macchine potrebbero avere più buon senso delle persone.
Si fallisce sempre.
Le tecniche che citi sono per pochi e comunque arrivano a un decimo di quello che un osservatore esterno esperto può capire in breve tempo.
In molti casi è così, in tantissimi altri no. Dipende da quale è il problema alla base.
Una persona borderline che vuole ritrovare il contatto con la realtà e vivere una vita decente deve stare in terapia a vita.
Una persona con attacchi di panico potrebbe richiedere mesi.
Una persona con una fobia potrebbe riuscire a capire in pochi giorni.
Etc.
Le variabili in gioco riguardo la persona (il paziente), il problema che ha e le capacità fisiche di oltrepassarlo sono talmente impattanti che si passa facilmente da tre sedute a due anni. Non è possibile dare un tempo preciso senza conoscere il paziente e il problema e per farlo occorre comunque tempo.
Voi vi fidereste di uno che vi da i tempi di ristrutturazione della vostra casa senza nemmeno vederla? Vi fidereste di un medico che vi da farmaci senza nemmeno fare un'indagine?
Ad ogni cosa serve il suo tempo.
Se qualcuno di voi fa un lavoro creativo e gli chiedessero tempi certi per un lavoro che potrebbe essere dal facile al complessissimo: cosa rispondereste?
Mesi sì, quanti? Non si sa è vero...
2/6/8 sedute non si possono stabilire in anticipo ma mesi e mesi se non anni di psicoterapia mi sembrano eccessivi, fa prima a cambiarti la vita perché ti succede qualcosa di bello ed inaspettato in 2 anni...
Parla per te, per quello che mi riguarda la psicoterapia è contata a tal punto di poter dire che ora sto bene, ho una vita normale e che sono felice. Non sto dicendo che ho raggiunto benessere e felicità al 100%, ma prima ero uno straccio e tu non puoi sostenere il contrario.
Non sai nemmeno a chi ci siamo rivolti, come fai a dire che lo psicoterapeuta è un ragazzo? Hai dei preconcetti e secondo me deresponsabilizzi dicendo che le problematiche sono socio culturali, ci sono anche quelle, ma tu devi risolvere le tue proprio per fare anche fronte alle difficoltà che arrivano dal mondo esterno.
Se l'ho offesa le chiedo scusa... ma non ci siamo capiti.
Mi fa piacere stia meglio. Se vuole ne parliamo.
