Messaggi di Hagumi

    Io penso che in quanto animale sociale l'uomo ha bisogno dell'accettazione degli altri per accettare se stesso.

    È in relazione all'ambiente sociale in cui viviamo che costruiamo la nostra idea di cosa è giusto o cosa è sbagliato, di cosa merita amore e cosa no.

    Potremmo sentirci perfettamente noi stessi accettarci ed amarci in una società e sentirci sbagliati e non degni di amore in un'altra.

    Non siamo individui isolati, a meno che non andiamo a vivere da soli in un bosco. Le ferite che non ci fanno accettare per come siamo dipendono sempre dal confronto con gli altri e dalla reazione generale degli altri. E l'altro non è lo sconosciuto o la massa, è quello a noi più prossimo.

    Se nessuno dei miei prossimi ha manifestato di accettarmi o di rispettarmi, non posso aver imparato a darmi valore ma al contrario ho imparato che non merito abbastanza quell'accettazione o affetto.

    Sto cercando di eliminare dal mio vocabolario mentale proprio le parole "bisogno" e "meritare" perché, sempre nel mio caso, non sono sane e probabilmente sono proprio quelle ad avermi bloccato la strada in passato. Non dovrebbe esserci un bisogno, o la sensazione di meritarsi qualcosa, specialmente l'amore. Può essere qualcosa di dannoso per alcuni, sempre per tornare al discorso che ok l'uomo è un animale sociale, ma ognuno in modo diverso.

    Se nessuno dei miei prossimi ha manifestato di accettarmi o di rispettarmi, non posso aver imparato a darmi valore ma al contrario ho imparato che non merito abbastanza quell'accettazione o affetto.

    Certo, ma qui si parla di cause allora. I motivi per cui uno ha certe ferite e non riesce a guarirle. Ma nel caso tu abbia invece ricevuto amore, rispetto, accettazione? Il cambiamento deve avvenire in solitaria e forse, come diceva anche NakedInThedark quel cambiamento potrebbe arrivare non tanto dal confronto con gli altri, ma dal cominciare a guardarsi dentro con lealtà, riconoscere ed osservare difetti e sofferenze, scontrarsi con i proprio traumi.

    In realta' intendevo il fatto che tu accetti gli altri, non che gli altri accettino te. Cioe' per accettare te stessa devi accettare anche gli altri. Qualcuno direbbe che negli altri c'e' anche una parte di te.

    Parli di te qui?

    Mh... ti chiedo di approfondire il pensiero, se ti va. Se non ti va, pace. haha

    Tu sai chi sei? E hai la certezza di essere quello che pensi di essere?

    Ecco, queste due domande magari pure buttate là sono in realtà un ottimo spunto.

    Si potrebbe perfino dire che l'accettazione di se' avviene attraverso l'accettazione degli altri, come uno specchio in cui vedi te stesso. E' tutto un insieme di cose.

    E non è sbagliato? Non rischia di diventare tossico? O forse intendevi osservando l'accettazione che hanno gli altri verso se stessi. Ma anche lì, potrebbe benissimo essere solo apparenza.

    Ho trovato molto interessante ciò che hai detto. E mi trovo molto in sintonia con il discorso dell'equilibro e l'armonia.
    Non so se sia un caso, ma effettivamente non ho avuto la capacità di iniziare questo "viaggio interiore" fino a -credo- un paio di anni fa o meno, quindi non prima dei 30. O meglio, inconsciamente l'avevo già intrapreso anni fa, ma ora sembra diventare tutto più nitido. Non lo so, è in parte curioso.

    Per accettarsi e tutto quello che ne consegue bisogna prima riconoscere i propri difetti, limiti e mancanze. Perchè siamo tutti bravi a dire in cosa siamo capaci ma in pochi riconoscono in cosa sono mancanti.

    Il lavoro più grande si fa sui propri difetti, già vedersi per quello che si è davvero e non quello che si pensa di essere avvicina moltissimo all'idea che ho di accettazione e amore per se stessi.

    Sono anche d'accordo con diverso, nel senso che farsi troppe domande non credo porti alle risposte che cerchiamo, si crea solo più confusione, complicando invece di risolvere.

    Anche qui, non posso che concordare. E forse è proprio quello il punto di partenza. Riconoscere e scontrarsi con i propri limiti e difetti, la cosa più complessa. Essere disposti anche a stravolgere l'idea che avevamo di noi stessi. Mi piace questo punto di vista...
    Riguardo all'ultima parte...non sono proprio le domande ad avvicinarti allo stato di autocoscienza?

    Penso che paradossalmente per imparare ad amare se stessi prima di tutto bisogna sperimentare cosa vuol dire essere amati. È una cosa che si apprende, ci vuole qualcuno che mostri di apprezzarci, di darci valore come individuo, di rispettarci come persona.

    Se non abbiamo mai saputo che meritavamo apprezzamento, affetto, rispetto, come possiamo dare quello stesso amore che non sappiamo di meritare a noi stessi? Non è una cosa che si può imparare a parole.

    Certamente non si può imparare a parole, ma ti posso dire che prendendomi come esempio, purtroppo ciò che hai detto tu forse è applicabile in alcuni casi, ma non nel mio. In passato la pensavo anch'io come te, ma il tutto si è poi dimostrato molto più complesso.
    Però ti ringrazio per l'intervento e aver condiviso la tua opinione :)

    Non ho voglia. :rolling_on_the_floor_laughing:

    Sono discorsi tanto complicati quanto inutili secondo me. Non arriverai mai a capire l'accettazione se ragioni troppo sull'accettazione. Potremmo dire che l'accettazione la raggiungi quando non pensi piu' all'accettazione, anche. E poi chi ti dice che devi per forza accettarti? Alcune cose non dovrebbero venire accettate. Quali? Stai facendo troppe domande. Dici che le domande le sto facendo io? Va bene, allora lo accetto.

    Il solito :D
    Non lo so se siano discorsi inutili, sai? Fanno parte di un processo di introspezione e lavoro di consapevolezza che sto facendo. Non sto cercando la definizione universale di accettazione, o la soluzione a tutti i mali, ma delle nuove chiavi di lettura attraverso il confronto e le opinioni, sulla base di altre esperienze.
    Non devo, ma vorrei arrivare ad accettarmi un giorno. E amare proprio quelle cose di me che forse non andrebbero accettate. Ma accettandole forse inizierei a volermi bene finalmente (ora sono entrata nel personale).
    Ovviamente so che si tratta di un processo, non si arriva a quello magicamente, standosene bellamente fermi ad aspettare, o trovando sotto l'albero, il giorno di natale, un pacco contenente "amore verso me stessa".

    Parliamone. Non nel senso che non sia d'accordo, anche perché non ho una reale opinione in merito, per quello ho aperto la discussione. Approfondiamo.

    e se esageri diventi un narcisista

    Per questo ho appositamente scritto "Non fittizio, ma reale, sincero". Il narcisista all'apparenza ama se stesso, ma sappiamo che non si tratta di amore sincero, ma è un bisogno, è lo specchio di ciò che richiede e assorbe dagli altri (non per forza consciamente o in modo malevolo). Non volevo parlare di narcisismo, mi riferivo ad altro.

    Cosa significa accettarsi? Come si raggiunge la condizione di amore per se stessi? Non fittizio, ma reale, sincero.
    È così semplice quando il soggetto non sei tu in prima persona. Tutto sembra naturale, facile. Dare un consiglio, esporre un parere, parlare delle proprie esperienze, mostrare le proprie conoscenze con empatia, o in modo distaccato ma apparentemente consapevole... Poi, quando sei solo, crolla tutto. Dietro quella maschera, che non è nulla di perfido o nocivo, se non per te stesso, c'è un mare di fragilità.
    Come si arriva al punto in cui quel "mi sento accettato/amato" si trasforma in un "mi accetto/amo"?

    Questo non era ovviamente un monologo interiore, anche se ne ha l'aspetto, ma solo riflessioni e sincera curiosità su cosa ne pensate e come la vivete o l'avete vissuta voi.

    "La vita è breve". Ma anche "la vita è una sola" (al di là della reincarnazione...), "non sai quello che potrebbe capitare domani". Sono frasi che in passato consideravo banali, eppure sono proprio quelle che mi stanno muovendo negli ultimi tempi e mi hanno e stanno portando ad una certa consapevolezza, le uso come sprone. "Se non lo fai ora quando lo farai?".
    È vero, ci sono alcune cose come hai elencato tu ipposam che sono difficili da svolgere arrivati ad una certa età, come intraprendere determinate carriere, senza laurea ed esperienza. Ma ad esempio, prendere una laurea, studiare, cambiare vita, avviare un'attività, fare dei corsi, approfondire una passione, un hobby, lavorare su se stessi, migliorarsi come persona...ci sono un'infinità di cose che potremmo fare, in qualsiasi momento della vita. Una miriade di possibilità, e questo è in parte rassicurante.

    Io ho scoperto la scrittura, intendo come sorta di terapia e lavoro di introspezione, credo proprio su questo forum. È stato qualcosa di molto positivo.

    Ho vissuto la maggior parte della vita in solitudine, era una necessità, una scelta.

    Quando non la sceglievo e la subivo, era devastante.

    I feel you, purtroppo. Purtroppo per l'ultima parte.

    Solitamente fare esempi e condividere le mie esperienze, raccontare dei piccoli frammenti di vita mi viene facile, ma questa è una di quelle cose che non me la sento di condividere qui, così pubblicamente. Avvalendomi solo di alcuni aggettivi potrei dirti: contrastanti. Talvolta come necessità, altre in maniera sofferente, perché magari indesiderata, forzata. Soprattutto quando era accompagnata dal silenzio, o ne era una conseguenza.

    Ti rivolgo la stessa domanda.

    Potresti provare a pensare che non è una rinuncia ma semplicemente un introito inutile di alimenti, di cui il tuo organismo non necessita. Poi ogni tanto puoi anche concedertelo, come coccola per te stessa. Tutti i giorni ovviamente no, poi dipende anche dalla qualità del dolcetto. Il cioccolato fondente non me lo leva nessuno, un quadrotto al giorno, per non parlare del gelato.

    E se fosse tutti i giorni, ma moderatamente? Il fatto di escludere quel giorno, quel momento, non rende la cosa una reale rinuncia, e non solo un pensiero? Purtroppo, è difficile ingannare la mente. Credo che anche usare la parola "concedere" porti a viverlo come una sorta di lotta contro se stessi. Se hai fatto il bravo puoi concederti il dolcetto. Siccome hai seguito il regime, ora puoi concederti questa coccola. Poi però si torna a combattere.
    Non lo so, credo sia proprio il pensiero di fondo ad essere sbagliato.