Story of my life.
La prima volta avevo 10 anni ed era finita la 4a elementare.
Ero ai centri estivi ed era un' estate torrida.
Mi ero inventata un gioco assurdo ma molto appassionante. Cercavo un sasso grosso nascosto sotto i sassi piccoli della ghiaia del cortile e con un bastoncino ci scavavo attorno fino a estrarlo dalla terra. a una bambina di 10 anni sembra un lavoro immane.
Stavo seduta nella polvere con una posa scomposta. Mi muovevo spesso perchè ero insofferente. Calcavo un cappello da base-ball con il frontino all'indietro.
La mia stramba e solitaria idea raccolse dei followers e un gruppetto di ragazzini si formò intorno al sasso, ognuno col suo bastoncino per scavare. Gente mai più rivista.
Mentre ero assorta qualcuno si avvicinò, chiese a un bambino moro lì vicino se potesse unirsi al gioco. Questo rispose: devi chiedere a quella bambina, lei è il CAPO.
Ero diventata CAPO. Non lo sapevo. Bella cosa.
Il bianco della ghiaia mi rifletteva negli o cchi la luce del sole. Una voce educata, leggermente distaccata, davanti a me, chiese: posso giocare anch'io?
Alzo la testa dicendo: certo, è un gruppo aperto a... ma mi muoiono le parole.
Ho davanti qualcuno di indescrivibile.
Tanto per cominciare è pieno luglio e indossa pantaloni lunghi e una camicia maschile, bianchissima, a maniche lunghe. Ha qualcosa di elegante nel portamento, nella postura, nella schiena dritta, non so...
"Posata" direi che è il termine adeguato.
La mia faccia stupefatta s'incolla alla sua, mentre lei, a lievemente a disagio per l'invadenza del mio sguardo, si siede incrociando le gambe con un movimento armonioso e calcolato.
Ci guardiamo negli occhi. Ha occhiali da vista e lo sguardo studioso, attento.
Ci presentiamo, ci stringiamo la mano. Io mi sento entusiasta, sorrido.
"Altra-menti"
"Diana (nome di fantasia)" lei con educato distacco. Con una certa maniera, che non si confà alla sua età.
E' diretta, chiara: "cosa devo fare?" e con un gesto delle mani spiana tutto ciò che può interporsi fra me, il capo, e lei "cosa devo fare?".
A me scende il mento. Sorrido. Mai visto nessuno di simile. Mi piace. Le spiego le semplici regole, le consegno il bastoncino. Inizia a scavare.
Concentrata, assorta, ha un solo obiettivo.
Scavare.
Tutto il mio pensiero s'accende di curiosità. Non posso restare concentrata sullo scavare. Sento l'intuito che galoppa.
Sono timida, troppo. Ma con lei riesco. Si crea un corridoio comunicativo.
E' una domanda delicata, ma la curiosità è troppa: "tu vorresti mai essere nata maschio?"
Tace. Spiazzante il suo silenzio.
"io sì" dico.
Tace. Scava.
Mi sembra così matura. Vorrei tenerla con me.
Le chiedo se vuole diventare mia amica.
"non ci conosciamo. Ho già dei miei amici".
Tutti mi rispondono di no. Però forse dovrei insistere.
"Quanti anni hai?"
"11"
"Sembri più grande della tua età. Te ne avrei dati anche 14"
Scaviamo per 5 minuti.
"e' la prima volta che ti vedo. Come mai?" chiedo.
"Perchè questa non è la mia scuola. Io vado alla ****** con loro" indica gli altri ragazzini che scavano.
"Ho capito. Quindi tu abiti a **** ****?"
Annuisce.
E' un tipo di poche parole.
Di colpo si alza. Mi dice: devo andare dal dentista. Grazie.
Posa il bastoncino e se ne va.
Vorrei tenerla con me. Ma s'allontana. Penso che sono destinata a restare sola per sempre.
Il ragazzino moro e magro mi sorprende dicendo: Capo, se ne sta andando! Devi fermarla!
Forse ha ragione.
Mi alzo, le corro dietro, la raggiungo.
"Domani torni a giocare?" è l'unica cosa che riesco a dirle.
"devo vedere come sto ma non credo"
"Dopodomani?"
"Non lo so"
"E giovedì?"
"parto per le vacanze"
"A settembre in che classe vai?"
"Ma a settembre inizio le medie"
mi scoraggio.
"Dammi il tuo numero, io vorrei rivederti"
"Non so se i miei genitori vogliono"
"Ti dò il mio, così mi chiami"
"Non ho da scrivere"
"Salgo in classe, prendo carta e penna così..."
"Devo andare dal dentista. I miei mi stanno già aspettando" si volta e se ne va. Non posso trattenerla.
La seconda volta è una mattina di mezza stagione triste.
Per me tutto è triste a 12 anni.
Cammino da un po' con la testa china. Negli occhi ho solo le mattonelle della pavimentazione della piazza. MI scorrono sotto lo sguardo tutte uguali.
Finchè arrivo sul marciapiede dove attraverso per andare verso le scuole medie.
Guardando dall'altro lato della strada scorgo, in lontananza, una sagoma bianca, rilucente, contornata da un'aura ampia e carismatica, a capo di un gruppetto di scolari che la segue.
Gesticola con gesti fermi e decisi e vedo, distintamente, penzolare dal suo collo una cravatta nera. E' una ragazza che indossa una camicia e una cravatta. Così, in faccia a tutti.
Fulminante. E' qualcuno di indescrivibile. Emana qualcosa che la eleva di molto sugli altri. E' diversa.
Non posso udire alcuna parola di ciò che dice, ma nelle mie orecchie mi arriva la sua voce fiera, senza alcun suono che tocchi i miei timpani.
Ha un'aura bianco-azzurra.
Mi accendo dalla troppa curiosità. Sono timida, molto, ma no , Altra-menti, non puoi farti fermare. DEVI parlare con questa persona.
Come se mi avessero preso l'anima per gli stracci e mi stessero trascinando, mi getto letteralmente in strada, per la troppa paura di non fare in tempo a raggiungerla.
A parlarle.
Arrivo sull'altro marciapiede appena in tempo per udire il termine del discorso che sta facendo. A raccogliere le sue parole c'è un ragazzetto moro, basso, gracile, con la voce da femmina.
Poi io mi faccio avanti. Saluto.
La risposta secca è: ti ha quasi investita un trattore!
Io dico: ti ho vista dall'altra parte della strada e ho avuto l'impulso di parlarti
"Per dirmi cosa?"
Io apro la bocca ma non dico nulla. Per dirle cosa?
Balbetto: come ti chiami?
"Diana"
"Altra-menti" ci stringiamo la mano. MI sento agitata. Vorrei dirle tante cose, ma riesco solo a mangiarmi le unghie " Non ho potuto fare a meno di notare il tuo abbigliamento eccentrico e volevo chiederti... perchè indossi una cravatta?" prendo il punto cruciale un po' alla larga.
Risposta disarmante: perchè mi va di portarla.
Forse l'ho fatta sentire sbagliata.
Le dico che anch'io vorrei portarla ma non avrei la forza di resistere alle prese in giro.
"Se lasci che siano gli altri a dirti quello che devi essere, non sarai mai felice" massima di un'alunna delle medie.
Vorrei parlarle ma non so di cosa. Le parole iniziano a fluire da sole. Sento il suo orecchio raccogliere ciò che comunico.
Le chiedo se le piacciono i ragazzi o le ragazze.
Mi risponde: non ho ancora deciso.
Deciso...questo termine suona nella mia anima come un rimpianto.Io sono prigioniera dell'amore; lei è libera di decidere chi amare.
Mi confido. Io non ho scelto, mi è successo. Le racconto il mio innamoramento per Seibellissima, come mi sento, come soffro.
In quel mentre sorge nella mia mente un dilemma. Le chiedo: se una persona amam qualcuno che non lo corrisponde e sa che non s'innamorerà mai più...andando avanti con gli anni cosa dovrebbe fare? Stare con qualcuno che gli piace superficialmente e accontentarsi per non restare solo oppure restare solo per sempre?
Problema di una ragazzina delle medie.
Lei s'aggiusta gli occhiali tondi con la montatura nera: non saprei.
La guardo. Con la camicia linda e la cravatta sta benissimo. Avanza dritta, guarda davanti a sè.
Escono altre parole dalla mia bocca. Hai un bel portamento, ti vedo perfetta come cameriera di sala. Anzi, come caposala di ristorante.
"Vorrei studiare biologia" ribatte.
Proseguo a raccontare che i parenti di mio padre hanno avuto dei ristoranti e hanno viaggiato. Non so perchè le sto dicendo queste cose.
"Per te sarà un lavoro gratificante. Ti vedo già sfrecciare per i tavoli e dare ordini a destra e a manca! Sarai un superiore stimato ma anche temuto. Vorrei fare l'alberghiero anch'io, ma so di non esserci portata. Per il troppo dolore io impazzirò, ma riuscrò anche a rinsavire e a farla franca con il Sistema. Alla fine finirò a guadagnarmi da vivere in uno di quei luoghi in chiusi, dove nessuno sa bene cosa succeda, dove mettono la gente fuori di testa!
Lei chiede: fuori di testa? Essite un lavoro specifico per questo?
"Penso di sì. Quei luoghi in cui finisce la gente quando perde la ragione e la Società non li ritiene più utili" rispondo."delle strutture apposta"
Proseguo: io e t epotremmo metterci in società, aprir eun ristorante e diventare ricche! I miei parenti ci aiuterebbero!"
Lei tace. Il ragazzino moro dice: Diana ma che diavolo sta dicendo questa?
Io continuo: "ti dico che avrai una carriera da caposala in ascesa! Lavorerai nei migliori ristoranti della città, anche nel centro storico, ristoranti rinomati!
Lei mi chiede: ma se tu già lavorerai con la gente che ha perso la ragione, perchè dovresti mollare tutto e aprire un ristorante?
Effettivamente non lo so.
Proseguiamo in silenzio e abbiamo ormai raggiunto la scuola.
Io sono sicura al 90% che lei sia O O E S A E.
Poi l'idea logica arriva, per ultima, nella mia mente. Invitarla ad uscire. Lì ora.
Atto di coraggio.
Lielo propongo. Le dico che potremmo frequentarci e fidanzarci.
Mi ripete che non sa cosa le piace. Le dico che uscire potrebbe chiarirle le idee.
Le propongo una data, un'orario, un punto in cui potremmo incontrarci.
"Sono occupata" risponde.
Le propongo il giorno successivo.
"Sono occupata"
Domenica sono occupata io.
"Settimana prossima?"
Tace.
Capisco che le sto proponendo qualcosa per cui non è pronta.
Ho 12 anni. Ma sì, c'è tempo per vedere chi diventeremo!
Nella mia memoria ho un vuoto in cui non c'è nulla.
Dopo questo vuoto, so che mi dico che devo esser epiù sicura. Insistere. Finchè l'inviterò fuori in questo modo moscio non accetterà.
Devo mostrarle cosa c'è nel mio cuore.
Raccolgo il coraggio con due mani. Raccolgo il mio cuore con due mani. Cuore frantumato, cuore devastato; lo riapro mentre colgo una margherita dalla strada.
Sto in vitando fuori una ragazza. Sogno.
Le piazzo la margherita sotto il naso e lielo richiedo: esci con me?. Tremo. Guardo i suoi occhi. Titubanti. La margherita è in mezzo a noi. Liela tendo con due dita. Le sue pupille si stringono attorno all'oggetto. Ci sta pensando. Il cuore accellera come un treno regolare. Batte fortissimo. Il respiro nell'attesa è straziante. Due secondi d'agonia s'allungano nel tempo. Cerco di essere autocontrollata.
Su dai accetta. Ti prego. Un secondo. Oh ti prego fa' che accada qualcosa a questa mia condannata vita che la cambi. Due secondi. Il pollice e l'indice suoi circondano la margherita ma ancora non l'afferrano. Si fermano, immobili. Vuoi prenderla maledizione?
L'autocontrollo finisce e un tremore sale nel mio corpo. Sale sulle due dita che sostengono il fiore. Lo vedo tremare. I suoi occhi si lazano dentro i miei mentre mi si riempiono di lacrime.
E' una supplica lascio il fiore prima che lei lo afferri.
Come a 4 anni avevo lasciato il lecca-lecca prima che mio padre lo afferrasse e si era frantumato in mille pezzi sul pavimento.
Brutto vizio.
La margherita scende. Lenta scivola giù dalla presa, scivola lungo la sua camicia bianchissima, lungo le gambe e in silenzio tocca terra innanzi alle sue scarpe.
No, sembra proprio che non debba cambiare nulla nella mia condannata vita. Sembra che resteràcosì per...
Un sorriso sprezzante si apre sul suo volto.
Ho gli occhi delusi. Le chiedo: perchè l'hai fatta cadere?
Diana non dice nulla. Alza la punta della scarpa e lo pesta: questo è quello che penso di te e della tua idea di portarmi fuori.
Avevo aperto il mio cuore di frammenti. L'hanno calpestato. Sento un rumore dentro la mia anima.
Resto allibita a guardare la margherita mentre lei s'allontana.
Ma il dolore non è per la ragazza che non mi vuole, bensì per il mio amorem calpestato.
Sento il ragazzetto moro sghignazzare: guarda! Guarda è ancora là ferma che fissa la margherita!
Mi ribolle il sangue. Dopo di lei deve mettercisi anche lui a sf***re?? Brutto nanetto non centri neanche nulla!
Mi fiondo su di lui, l'afferro di peso collerica, gli schiaccio la faccia nel fango del terrapieno a lato della strada. Gli dò un pugno in testa.
Poi raccolgo una manciata di terriccio e lo getto nei capelli di Diana, urlandole che non è finita qui e che la vita è ancora molto lunga.
-To be continued_