Messaggi di Altra-menti

    Se hai un qualche tipo di sensibilità particolare non è facile trovare qualcuno in grado di elevare il rapporto al tuo livello, e questo spesso non vuol dire che vieni mollato, ma che sei proprio tu o che molli o eviti deliberatamente le persone.

    Che ho una sensibilità particolare me lo sono sempre sentito dire e lo so.Che sia questo che m'impedisce di accoppiarmi con "una delle altre"?

    però dobbiamo avere la consapevolezza della necessità di smussare alcuni "angoli" del nostro carattere e ridurre la lista dei requisiti obbligatori.

    Questo discorso io neanche lo capisco.

    Cioè, in genre tutti dicono che ho un buon carattere, poi quando mi si conosce meglio si arriva agli inevitabili difetti, spigolosi, netti, non elastici forse.
    Ma per quanto riguarda la lista dei requisiti io non so neanche se ce l'ho. Difatti è raro che nella vita quotidiana sia attratta esteticamente da una donna, men che meno fisicamente (caso mooolto raro). Mi capita di vedere la bellezza, a questo punto direi interiore, di certe donna particolarmente dolci o umane o limpide.
    Non ho un tipo ideale, per la mia idea la mia ragazza deve solo essere LEI. E' questo che sbaglio? Forse LEI è un'aspettativa troppo alta? Per LEI intendo quella che, se ce l'hai davanti, scatta qualcosa, naturalmente. Forse non esiste.

    Ma quanto e' duro il mondo, se penso al mazzo immenso che mi sono fatto per uscire dalla poverta' e al mazzo ancora piu' grande che mi sono fatto per uscire dalla timidezza e che mi sto facendo per trovare la compagna di una vita. Ma non e' facile.

    Quando sono giù ho pensieri simili. Così ricomincia il fil mentale di me che cambia lavoro perchè non riesce a mettre via sufficiente grana.

    Euridice, hai esperienze di vita interessanti.
    Per quanto riguarda la domanda che mi avevi fatto, se ho secolto di fare la OSS e ho una laurea, ti dico che la mia idea iniziale era laurearmi in psicologia.
    Poi la precoe esperieza di psichiatria (dai 15 ai 19 anni) ha interrotto gli studi.
    Mi sono poi diplomata alle serali.
    Ormai era tardi per l'università e la mia famiglia non avrebbe comunque potuto permettersela.
    Così sono finita a fare la Oss.
    Ti dirò che non è male.

    Giusto stamattina mi trovavo al lavoro, seduta in pausa, stavo assaporando una fetta di dolce fatto in casa e scambiavo due risate con le colleghe. E' un bell'ambiente, nessuno che comanda, nessuno che stressa. Quasi sempre c'è quiete e anche fisicamente non c'è un carico di lavoro eccessivo e non si deve correre con l'ansia.
    Venuta a casa ho fatto un riposino sul divano e ho approfittato di questo pomeriggio tipico invernale per fare un salto in pasticceria e guardare la piazza.
    Mi è andata bene.

    Altr volte penso allo stipendio, qui nel nuovo posto prendo meno che in quello precedente. Penso alla cacca, mi chiedo se voglio passare la vita a non osare, penso di cambiare radicalmente lavoro...
    ma poi una vecchietta fa qualcosa che mi fa sorridere e penso che no, in un altro lavoro non vedrei queste cose.

    In realtà non sono proprio rari. Persino i miei genitori, nei lontani anni Ottanta, ebbero un amico che stava sulle sue e non si fidanzò mai.
    Ma cos' abbiamo che non va?
    Parlo anche di tutti quelli, in genere uomini, che davvero arrivano a 40 anni senza una donna. Ne conosco per sentito dire più di uno.
    In genere sono diversi fin da piccoli. In alcuni casi hanno reali problemi fisici o n intellettiv, lievi.
    Spessissimo si tratta di persone con traumi davvero seri avvenuti in famiglia da piccoli.
    Per altri si parla di insicurezza, ansia verso l'altro sesso, timidezza...

    Io lo so che non esistono realmente le categorie "normale" e "non normale", però siamo sinceri: dall'adolescenza in poi un interesse per la possibilità di un fidanzamento DEVE esserci, o non saremmo umani! Fa parte della natura.
    Ma ancor peggio della mancanza di tale interesse, è AVERE interesse e non riuscire a fidanzarsi fino a 30 anni.

    Vorrei fare un'analisi, senza le solite "vedrai quando troverai la persona giusta... ecc
    Cosa serve per attrarre dal punto di vista delle competenze relazionali? Cosa serve per "agganciare" un'altra persona? Cosa occorre per mettersi in gioco nel campo sentimentale, dell'attaccamento, dell'intimità? Perchè per qualcuno è possibile instaurare una relazione vera e stabile e per altri è impossibile farla crescere?

    Perchè per qualcuno resta per sempre una cosa costruita solo nell' astrazione? Con l'impossibilità di giocarla nella realtà?
    Cosa manca a noi eterni single che gli altri hanno?

    Ciao Euridice. I casi di cui parli tu di sicuro esistono, anche se forse non sono la norma.
    Ho conosciuto anni fa una donna che veniva da una famiglia benestante.
    Il padre era il classico uomo che si era fatto da solo. Duro, nervoso, rigido, anaffettivo. La madre era una tipa piena di energia e con molti interessi, uno sprone.
    Questa donna si era fidanzata a 14 anni con un ragazzo che poi diventò suo marito e un un importante avvocato.

    Andarono a vivere assieme, casa grande. Lei, dopo essere andata a visitare i paesi scandinavi e aver lasciato il conservatorio perchè era stata quesi obbligata dall'opprimente padre a studiare pianoforte, decise che le sarebbe piaciuto diventare maestra.
    Fece le scuole, poi iniziò a partecipare ai concorsi.
    Però il marito era sempre più lontano, occupato dal lavoro, dall'auto bella, dal Lions Club... e lei era sempre più sola. Desiderava ardentemene aver eun figlio, ma lui non era d'accordo.
    Iniziarono i litigi, lei aveva qualche periodo di supplenze nelle scuole.
    La solitudine la portò a spendere dal grosso conto del marito...
    Finchè la ricoverarono in psichiatria.
    Da lì, basta. Il marito volle divorziare dandole della pazza e si dileguò.
    Lei venne travolta da depressione e ansia e non riuscì più a lavorare. Venne ricoverata in cliniche.
    Il padre le comprò un appartamento perchè avesse almeno quella sicurezza. Visse anni coi soldi dell'assegno divorzile, ma la situazione non migliorò molto.

    Non riebbe più il suo Status. Ora convive in quell'appartamento con un uomo conosciuto anni addietro durante un ricovero. Col tempo si fidanzarono.

    Ciao. Ti capisco.
    Mia madre ebbe un esaurimento che avevo 9 anni.
    Il 90% dei ricordi che ho di lei è: urla. Pulire. Piangere.

    Solo che posso dire che lei non agiva in cattiva fede; lei davvero non si rendeva conto di come era. Poi era anche malata fisicamente, malattia che l'ha portata nella tomba.
    So che mi amava molto e per me ha fatto molti sacrifici, ma col tempo tutto ciò si è mutato in uno stato intollerabile.
    Aveva delle resistenze pazzesche nel farmi fare le pulizie al posto suo, cosicchè lei, tornata dal lavoro, potesse riposarsi.
    Pensa che rientrava il venersì alle 18:00, si metteva a fare le pulizie settimanali, io andavo al serale, rientravo alle 23:00 e la trovavo che bestemmiava perchè non era ancora riuscita a finire il bagno.Poi si cenava con pizza surgelata alle 23:30.
    Il sabato mattina urlava perchè il pavimento era sporco e noi la tenevamo lì come una serva (noi eravamo io, il cane e il gatto).

    Un giorno ho deciso di mettermi a spolverare e pulire per terra di nascosto, mentre lei era al lavoro.
    Alla sera è entrata, ha detto: levatevi che devo mettermi a fare le pulizie e io ho detto: le ho già fatte io, bagno compreso. Ci è rimasta di cacca, però poi non i è più tirata indietro. Ci sono voluti 6 mesi perchè smettesse di notare ogni minima imperfezione in come pulivo e sbraitasse frasi tipo: tanto vale che me le faccia ioooo
    Mi sentivo sempre in colpa.
    Nella casa in cui abitavamo prima era ancora peggio. Si iniziava a spolverare il sabato in tarda mattinata e si faceva tutto un tirone fino alle nove- dieci di sera. Niente pranzo, niente cena.
    Un incubo.

    Devo ammettere che ora che vivo sola sto davvero meglio.

    Ps: la sua leva era: ho un piede nella fossa, non la faccio finita solo per voi e questo è il ringraziamentoooo

    E' normale che tu faccia fatica a parlarne. Sono cose molto dolorose e hai delle "resistenze psicologiche" per tutelarti. E poi bisogna che si crei una relazione di fiducia fra paziente e terapeuta, per questo è fondamentale trovare lo psicologo giusto.

    -to be continued- perchè ieri era tardi e dovevo andare a letto.
    Tralasciamo la terza volta, in cui ho cercato di salvarla da un'atto di bullismo ma alla fine mi ha trattata a pesci in faccia.

    La quarta volta sono seduta sul muretto perimetrale della scuola.
    Sono lì sul margine.
    Da qualche settimana una ragzzina affetta da ritardo mentale mi sta stolkerando. All'intervallo mi aspetta fuori dalla porta e mi fionda letteralmente addosso, si aggrappa ai vestiti e mi costringe a passare tutta la pausa con lei.
    Tutto perchè la prima volta che l'ho vista non ho realizzato subito che fosse diversamente abile e l'ho avvicinata per chiederle l'ora!
    E' seduta accanto me sul muretto e sta giocando con le foglie secche; me le mette in grembo. Io la lascio fare perchè ho altri problemi. Ho una delle mie brutte giornate e alle medie le mie brutte giornate sono molto brutte. Vorrei piangere. Sono assorta nelle mie triesti elucubrazioni. Non posso tenermi dentro tutto. Sono esasperata anche da questa ragazza che non riesco a gestire e che a trati urla cose farfugliate e mi tira i vestiti con forza, mi fa anche male.
    Quando le foglie secche mi arrivano polverose dentro un occhio, esplodo e le urlo di staccarsi da me lasciarmi in pace. Poi getto la faccia nelle mani. Tutto ciò mi fa sentire patetica.
    Qualcuno dice: si può sapere cos'hai?
    Alzo gli occhi e vedo Diana a pochi metri da me; spettrale, camicia bianca e braccia strettamente conserte sul petto.
    "Ah sei tu. Ma hai lo stesso guardaroba di Topolino?"
    Non capisce la battuta. Troppo seria.
    Non sorride davvero mai.
    "Non capisco che problemi tu abbia per urlare ad una disabile"
    Nella mia testa avviene un'implosione.
    "Tanto per cominciare, io non sarei neanche tenuta a sopportarla la disabile! Ci vorrebbe un insegnante di sostegno, non io che ancora non sono andata in bagno! Poi, se vuoi sapere i miei problemi ti faccio un elenco!"
    Lei indietreggia alzando le mani, come colpita dall'onda della mia impulsività.
    "A casa mia madre dice che vuole morire, ha un piede nella fossa perchè è malata e io non so quanto andrà avanti e passa col mocio vileda gli spotacci del cane in continuazione perchè ha una mania! Mio padre non capisce che siamo senza soldi e urla al telefono. Si sta costruendo la casa con la sua compagna! Io sono follemente innamorata di una che non può corrispodermi perchè è etero e non posso pensare ad altro che non a lei! I miei compagni di classe mi prendono tutti in giro! Tutti sono contro di me e ho una disabile che mi mette le foglie addosso! Non se posso continuare così, ho un muro di dolore davanti! Penso che oggi pomeriggio mi suiciderò... sì..."
    Lei sembra vagamente scossa dal mio sfogo dietro la maschera dell'imperturbabilità. Mi risponde: " tanto per cominciare il suicidio non è una soluzione costruttiva"
    "Oh sì che lo è! Muoio e tutti i problemi smettono di esistere! Finisce tutto"
    Lei prosegue scavalcando le mie impressionanti parole: "Poi, io non vedo tutta questa gente contro di te!" si volta verso l'interno del cortile, vuoto. Tutta la scuola è raccolta in ben altri punti del giardino che non lì dove sono io, sul margine. Attorno a noi c'è solo ghiaia.
    "Non li vedi perchè mi sono messa da parte per stare in pace, ma in genere ci sono"dico." Quella ragazza è ognipresente dentro la mia mente, non riesco a smettere di pensarla, è un'ossessione! Credo che impazzirò!"
    Stavolta sembra impressionata. Proseguo: "E io penso che l'amerò per sempre, nella mia mente vorrei stare con lei, sposarla, fare una famiglia, mangiare pastina in brodo durante i periodi di crisi economica..."
    "Ascolta, se tu sai già cosa ti turba, se tu sai già chiaramente che cosa vuoi, se sai già che impazzirai... be', sta' alla larga da me!"
    Non ho parole. Alzo la faccia dalle mani e la guardo. E' stata spiazzante.
    "Cosa? Ma quanto str*** sei? Una persona ti confida la sua disperazione, ti dice che pensa di uccidersi e tu le dici di starti alla larga? Sei un'unsensibile!"
    "Cosa dovrei fare?"
    "Be', uno si aspetta una frase consolatoria, una pacca sulla spalla..."
    "Finchè non avrai risolto i tuopi problemi personali, stammi alla larga!"
    Si apre uno spazio nella mia mente in cui realizzo che, comunque andrà avanti la mia vita, di tutto quello che sto vivendo mi verrà presentato il conto. E lo dovrò risolvere. REalizzo che ho davvero molti problemi personali. La vedo come una strada nella mia mente, la fatica che dovrò fare.
    "Ma sai cosa mi stai chiedendo?"le dico "Sai quanto tempo ci vorrà? Non so neanche se ..."
    Lei si volta e se ne va.

    La quinta volta è il 2007. Ho 17 anni e sono matta.
    E' metà mattina e sono per strada. Non vado a scuola da un po' per gli attacchi di panico e sto andando al laboratorio analisi. Ho il barattolo delle urine nascosto nel sacchetto del pane. Lo psichiatra mi prescrive periodici esami di controllo per vedere quanto male mi stanno facendo gli psicofarmaci.
    Mentre avanzo, mi scivolano accanto due ragazzine ridacchianti, che lasciano indietro sulla via una terza figura, che urla loro di aspettarla. E' ferma a guardare il cellulare.
    Io proseguendo arrivo alla sua altezza. Quando i suoi occhi familiari si alzano e mi guardano la riconosco.
    "Ciao Diana!" dico "come stai?"
    Lei mi guarda con uno sguardo sfacciato. Non nasconde di non riconoscermi. E' cambiata, me ne sento delusa. Ha i capelli cortissimi tanto da sembrare un maschio, indossa un maglioncino e ha ai piedi scarpe di marca. E' cambiata dentro.
    "Ti ricordi di me?"
    Scuote il capo.
    "Io sì mi ricordo di te" i matti si ricordano sempre delle persone. "cosa fai in giro a quest'ora?" penso che stia bruciando scuola.
    "Una passeggiata"
    "Io sto andando dal medico"
    Annuisce disinteressata e se ne va.
    Ci siamo incontrate una mattina per caso.
    Mentre ci allontaniamo l'una dall'altra, mi volto. Vedo che anche lei si è voltata nello stesso momento. Ci scambiamo uno sguardo. Poi lei guarda altrove. Finge di non essersi voltata per guardarmi e rivolge gli occhi al paesaggio.
    Cammina noncurante con le scarpe di marca dentro una larga pozzenghera sulla via; la stessa che mia madre mi rimprovera duramente di evitare, che non ha senso rovinare le scarpe apposta e che lei per comprarmele si fa il c*** 14 ore al giorno.

    Story of my life.

    La prima volta avevo 10 anni ed era finita la 4a elementare.
    Ero ai centri estivi ed era un' estate torrida.
    Mi ero inventata un gioco assurdo ma molto appassionante. Cercavo un sasso grosso nascosto sotto i sassi piccoli della ghiaia del cortile e con un bastoncino ci scavavo attorno fino a estrarlo dalla terra. a una bambina di 10 anni sembra un lavoro immane.
    Stavo seduta nella polvere con una posa scomposta. Mi muovevo spesso perchè ero insofferente. Calcavo un cappello da base-ball con il frontino all'indietro.
    La mia stramba e solitaria idea raccolse dei followers e un gruppetto di ragazzini si formò intorno al sasso, ognuno col suo bastoncino per scavare. Gente mai più rivista.
    Mentre ero assorta qualcuno si avvicinò, chiese a un bambino moro lì vicino se potesse unirsi al gioco. Questo rispose: devi chiedere a quella bambina, lei è il CAPO.
    Ero diventata CAPO. Non lo sapevo. Bella cosa.
    Il bianco della ghiaia mi rifletteva negli o cchi la luce del sole. Una voce educata, leggermente distaccata, davanti a me, chiese: posso giocare anch'io?
    Alzo la testa dicendo: certo, è un gruppo aperto a... ma mi muoiono le parole.
    Ho davanti qualcuno di indescrivibile.
    Tanto per cominciare è pieno luglio e indossa pantaloni lunghi e una camicia maschile, bianchissima, a maniche lunghe. Ha qualcosa di elegante nel portamento, nella postura, nella schiena dritta, non so...
    "Posata" direi che è il termine adeguato.
    La mia faccia stupefatta s'incolla alla sua, mentre lei, a lievemente a disagio per l'invadenza del mio sguardo, si siede incrociando le gambe con un movimento armonioso e calcolato.
    Ci guardiamo negli occhi. Ha occhiali da vista e lo sguardo studioso, attento.
    Ci presentiamo, ci stringiamo la mano. Io mi sento entusiasta, sorrido.
    "Altra-menti"
    "Diana (nome di fantasia)" lei con educato distacco. Con una certa maniera, che non si confà alla sua età.
    E' diretta, chiara: "cosa devo fare?" e con un gesto delle mani spiana tutto ciò che può interporsi fra me, il capo, e lei "cosa devo fare?".
    A me scende il mento. Sorrido. Mai visto nessuno di simile. Mi piace. Le spiego le semplici regole, le consegno il bastoncino. Inizia a scavare.
    Concentrata, assorta, ha un solo obiettivo.
    Scavare.
    Tutto il mio pensiero s'accende di curiosità. Non posso restare concentrata sullo scavare. Sento l'intuito che galoppa.
    Sono timida, troppo. Ma con lei riesco. Si crea un corridoio comunicativo.
    E' una domanda delicata, ma la curiosità è troppa: "tu vorresti mai essere nata maschio?"
    Tace. Spiazzante il suo silenzio.
    "io sì" dico.
    Tace. Scava.
    Mi sembra così matura. Vorrei tenerla con me.
    Le chiedo se vuole diventare mia amica.
    "non ci conosciamo. Ho già dei miei amici".
    Tutti mi rispondono di no. Però forse dovrei insistere.
    "Quanti anni hai?"
    "11"
    "Sembri più grande della tua età. Te ne avrei dati anche 14"
    Scaviamo per 5 minuti.
    "e' la prima volta che ti vedo. Come mai?" chiedo.
    "Perchè questa non è la mia scuola. Io vado alla ****** con loro" indica gli altri ragazzini che scavano.
    "Ho capito. Quindi tu abiti a **** ****?"
    Annuisce.
    E' un tipo di poche parole.
    Di colpo si alza. Mi dice: devo andare dal dentista. Grazie.
    Posa il bastoncino e se ne va.
    Vorrei tenerla con me. Ma s'allontana. Penso che sono destinata a restare sola per sempre.
    Il ragazzino moro e magro mi sorprende dicendo: Capo, se ne sta andando! Devi fermarla!
    Forse ha ragione.
    Mi alzo, le corro dietro, la raggiungo.
    "Domani torni a giocare?" è l'unica cosa che riesco a dirle.
    "devo vedere come sto ma non credo"
    "Dopodomani?"
    "Non lo so"
    "E giovedì?"
    "parto per le vacanze"
    "A settembre in che classe vai?"
    "Ma a settembre inizio le medie"
    mi scoraggio.
    "Dammi il tuo numero, io vorrei rivederti"
    "Non so se i miei genitori vogliono"
    "Ti dò il mio, così mi chiami"
    "Non ho da scrivere"
    "Salgo in classe, prendo carta e penna così..."
    "Devo andare dal dentista. I miei mi stanno già aspettando" si volta e se ne va. Non posso trattenerla.

    La seconda volta è una mattina di mezza stagione triste.
    Per me tutto è triste a 12 anni.
    Cammino da un po' con la testa china. Negli occhi ho solo le mattonelle della pavimentazione della piazza. MI scorrono sotto lo sguardo tutte uguali.
    Finchè arrivo sul marciapiede dove attraverso per andare verso le scuole medie.
    Guardando dall'altro lato della strada scorgo, in lontananza, una sagoma bianca, rilucente, contornata da un'aura ampia e carismatica, a capo di un gruppetto di scolari che la segue.
    Gesticola con gesti fermi e decisi e vedo, distintamente, penzolare dal suo collo una cravatta nera. E' una ragazza che indossa una camicia e una cravatta. Così, in faccia a tutti.
    Fulminante. E' qualcuno di indescrivibile. Emana qualcosa che la eleva di molto sugli altri. E' diversa.
    Non posso udire alcuna parola di ciò che dice, ma nelle mie orecchie mi arriva la sua voce fiera, senza alcun suono che tocchi i miei timpani.
    Ha un'aura bianco-azzurra.
    Mi accendo dalla troppa curiosità. Sono timida, molto, ma no , Altra-menti, non puoi farti fermare. DEVI parlare con questa persona.
    Come se mi avessero preso l'anima per gli stracci e mi stessero trascinando, mi getto letteralmente in strada, per la troppa paura di non fare in tempo a raggiungerla.
    A parlarle.
    Arrivo sull'altro marciapiede appena in tempo per udire il termine del discorso che sta facendo. A raccogliere le sue parole c'è un ragazzetto moro, basso, gracile, con la voce da femmina.
    Poi io mi faccio avanti. Saluto.
    La risposta secca è: ti ha quasi investita un trattore!
    Io dico: ti ho vista dall'altra parte della strada e ho avuto l'impulso di parlarti
    "Per dirmi cosa?"
    Io apro la bocca ma non dico nulla. Per dirle cosa?
    Balbetto: come ti chiami?
    "Diana"
    "Altra-menti" ci stringiamo la mano. MI sento agitata. Vorrei dirle tante cose, ma riesco solo a mangiarmi le unghie " Non ho potuto fare a meno di notare il tuo abbigliamento eccentrico e volevo chiederti... perchè indossi una cravatta?" prendo il punto cruciale un po' alla larga.
    Risposta disarmante: perchè mi va di portarla.
    Forse l'ho fatta sentire sbagliata.
    Le dico che anch'io vorrei portarla ma non avrei la forza di resistere alle prese in giro.
    "Se lasci che siano gli altri a dirti quello che devi essere, non sarai mai felice" massima di un'alunna delle medie.
    Vorrei parlarle ma non so di cosa. Le parole iniziano a fluire da sole. Sento il suo orecchio raccogliere ciò che comunico.
    Le chiedo se le piacciono i ragazzi o le ragazze.
    Mi risponde: non ho ancora deciso.
    Deciso...questo termine suona nella mia anima come un rimpianto.Io sono prigioniera dell'amore; lei è libera di decidere chi amare.
    Mi confido. Io non ho scelto, mi è successo. Le racconto il mio innamoramento per Seibellissima, come mi sento, come soffro.
    In quel mentre sorge nella mia mente un dilemma. Le chiedo: se una persona amam qualcuno che non lo corrisponde e sa che non s'innamorerà mai più...andando avanti con gli anni cosa dovrebbe fare? Stare con qualcuno che gli piace superficialmente e accontentarsi per non restare solo oppure restare solo per sempre?
    Problema di una ragazzina delle medie.
    Lei s'aggiusta gli occhiali tondi con la montatura nera: non saprei.
    La guardo. Con la camicia linda e la cravatta sta benissimo. Avanza dritta, guarda davanti a sè.
    Escono altre parole dalla mia bocca. Hai un bel portamento, ti vedo perfetta come cameriera di sala. Anzi, come caposala di ristorante.
    "Vorrei studiare biologia" ribatte.
    Proseguo a raccontare che i parenti di mio padre hanno avuto dei ristoranti e hanno viaggiato. Non so perchè le sto dicendo queste cose.
    "Per te sarà un lavoro gratificante. Ti vedo già sfrecciare per i tavoli e dare ordini a destra e a manca! Sarai un superiore stimato ma anche temuto. Vorrei fare l'alberghiero anch'io, ma so di non esserci portata. Per il troppo dolore io impazzirò, ma riuscrò anche a rinsavire e a farla franca con il Sistema. Alla fine finirò a guadagnarmi da vivere in uno di quei luoghi in chiusi, dove nessuno sa bene cosa succeda, dove mettono la gente fuori di testa!
    Lei chiede: fuori di testa? Essite un lavoro specifico per questo?
    "Penso di sì. Quei luoghi in cui finisce la gente quando perde la ragione e la Società non li ritiene più utili" rispondo."delle strutture apposta"
    Proseguo: io e t epotremmo metterci in società, aprir eun ristorante e diventare ricche! I miei parenti ci aiuterebbero!"
    Lei tace. Il ragazzino moro dice: Diana ma che diavolo sta dicendo questa?
    Io continuo: "ti dico che avrai una carriera da caposala in ascesa! Lavorerai nei migliori ristoranti della città, anche nel centro storico, ristoranti rinomati!
    Lei mi chiede: ma se tu già lavorerai con la gente che ha perso la ragione, perchè dovresti mollare tutto e aprire un ristorante?
    Effettivamente non lo so.
    Proseguiamo in silenzio e abbiamo ormai raggiunto la scuola.
    Io sono sicura al 90% che lei sia O O E S A E.
    Poi l'idea logica arriva, per ultima, nella mia mente. Invitarla ad uscire. Lì ora.
    Atto di coraggio.
    Lielo propongo. Le dico che potremmo frequentarci e fidanzarci.
    Mi ripete che non sa cosa le piace. Le dico che uscire potrebbe chiarirle le idee.
    Le propongo una data, un'orario, un punto in cui potremmo incontrarci.
    "Sono occupata" risponde.
    Le propongo il giorno successivo.
    "Sono occupata"
    Domenica sono occupata io.
    "Settimana prossima?"
    Tace.
    Capisco che le sto proponendo qualcosa per cui non è pronta.
    Ho 12 anni. Ma sì, c'è tempo per vedere chi diventeremo!
    Nella mia memoria ho un vuoto in cui non c'è nulla.
    Dopo questo vuoto, so che mi dico che devo esser epiù sicura. Insistere. Finchè l'inviterò fuori in questo modo moscio non accetterà.
    Devo mostrarle cosa c'è nel mio cuore.
    Raccolgo il coraggio con due mani. Raccolgo il mio cuore con due mani. Cuore frantumato, cuore devastato; lo riapro mentre colgo una margherita dalla strada.
    Sto in vitando fuori una ragazza. Sogno.
    Le piazzo la margherita sotto il naso e lielo richiedo: esci con me?. Tremo. Guardo i suoi occhi. Titubanti. La margherita è in mezzo a noi. Liela tendo con due dita. Le sue pupille si stringono attorno all'oggetto. Ci sta pensando. Il cuore accellera come un treno regolare. Batte fortissimo. Il respiro nell'attesa è straziante. Due secondi d'agonia s'allungano nel tempo. Cerco di essere autocontrollata.
    Su dai accetta. Ti prego. Un secondo. Oh ti prego fa' che accada qualcosa a questa mia condannata vita che la cambi. Due secondi. Il pollice e l'indice suoi circondano la margherita ma ancora non l'afferrano. Si fermano, immobili. Vuoi prenderla maledizione?
    L'autocontrollo finisce e un tremore sale nel mio corpo. Sale sulle due dita che sostengono il fiore. Lo vedo tremare. I suoi occhi si lazano dentro i miei mentre mi si riempiono di lacrime.
    E' una supplica lascio il fiore prima che lei lo afferri.
    Come a 4 anni avevo lasciato il lecca-lecca prima che mio padre lo afferrasse e si era frantumato in mille pezzi sul pavimento.
    Brutto vizio.
    La margherita scende. Lenta scivola giù dalla presa, scivola lungo la sua camicia bianchissima, lungo le gambe e in silenzio tocca terra innanzi alle sue scarpe.
    No, sembra proprio che non debba cambiare nulla nella mia condannata vita. Sembra che resteràcosì per...
    Un sorriso sprezzante si apre sul suo volto.
    Ho gli occhi delusi. Le chiedo: perchè l'hai fatta cadere?
    Diana non dice nulla. Alza la punta della scarpa e lo pesta: questo è quello che penso di te e della tua idea di portarmi fuori.
    Avevo aperto il mio cuore di frammenti. L'hanno calpestato. Sento un rumore dentro la mia anima.
    Resto allibita a guardare la margherita mentre lei s'allontana.
    Ma il dolore non è per la ragazza che non mi vuole, bensì per il mio amorem calpestato.
    Sento il ragazzetto moro sghignazzare: guarda! Guarda è ancora là ferma che fissa la margherita!
    Mi ribolle il sangue. Dopo di lei deve mettercisi anche lui a sf***re?? Brutto nanetto non centri neanche nulla!
    Mi fiondo su di lui, l'afferro di peso collerica, gli schiaccio la faccia nel fango del terrapieno a lato della strada. Gli dò un pugno in testa.
    Poi raccolgo una manciata di terriccio e lo getto nei capelli di Diana, urlandole che non è finita qui e che la vita è ancora molto lunga.

    -To be continued_

    "Essere adulti" dovrebbe rispecchiare le nostre considerazioni morali, la capacità di prendersi la responsabilità delle proprie azioni, il modo in cui ci relazioniamo con gli altri, la capacità di sapersi gestire, di saper affrontare le difficoltà della vita e rimediare agli errori commessi, liberarsi dai comportamenti infantili.

    Quoto. Una volta che hai questo sei a posto.