Vorrei usare questi primi messaggi del forum per “parlare un
po’ di me”: non lo faccio per egocentrismo, ma solo perché credo sia il modo
migliore per presentarmi e conoscere un po’ anche voi (nel senso che vi esorto
a rispondere con considerazioni e quant’altro per creare una discussione). Scusate fin d’ora se si tratterà di messaggi molto,
molto lunghi.
Il titolo di questo messaggio è esplicativo. Tutto parte da
un evento abbastanza preciso: l’inizio della seconda media (anno scolastico
1992-1993). Pur avendo già molti “amici” in classe, l’arrivo di un nuovo
compagno (un ripetente proveniente da un’altra sezione) mi fece nascere la
voglia di conoscere anche lui, così – ad inizio anno – mi sedetti nel banco
davanti a lui. Fu l’inizio della mia discesa all’inferno. Prima di allora, non
avevo mai avuto grossi problemi sociali con i miei coetanei: qualche scherzo di
poco conto, sia ricevuto che fatto. Non potevo certo lamentarmi dei miei
compagni di classe, molti dei quali conosciuti solo l’anno prima, con il
passaggio dalle elementari alle medie.
Comunque sia, l’alunno ripetente aveva un grande carisma,
quindi molti miei compagni – per puro spirito di emulazione – cominciarono in
parte ad adularlo, in parte a comportarsi come lui.
L’unico che si comportava in modo diverso ero…io. Forse per
educazione, forse per qualche caratteristica genetica innata, ho sempre creduto
che bisogna essere educati e rispettosi con tutti ed accettare l’altro “per ciò
che è”: tutti noi abbiamo sia un lato positivo che uno negativo, non possiamo
pretendere di essere perfetti. Tuttavia, questo compagno (chiamiamolo X) era di
diverso avviso. Parlandomi, aveva concluso che io fossi – per usare le sue
stesse parole – “sfigato e f∙∙∙∙o”. Risultato: maldicenze sul mio conto,
critiche per ogni mio piccolo errore, pugni (considerate che X aticava karate).
Grazie al suo ascendente, riuscì a spaccare la classe in 2 fronti: il primo che
mi derideva ed osteggiava, il secondo che….”non mi appoggiava”, cioè non tentò
nemmeno di difendermi, probabilmente per “non essere coinvolti nella vicenda”.
Il 9 giugno 1993 ebbi un incidente in motorino: a causa di un mio errore di
manovra, finii contro il parabrezza di un furgone proveniente in direzione
opposta. L’incidente fu a suo modo “spettacolare”, me la cavai con un’ escoriazione
al ginocchio, guaribile in 5 giorni. Per tutti, però, fui di nuovo lo “sfigato
di turno”. Un anno dopo, un mio compaesano sarebbe morto su quello stesso
tratto di strada: la cosa non mi ha mai consolato.
Terminate le medie, pensai che ragioneria sarebbe stata
diversa: pochi mi conoscevano e, comunque, avrei interagito con gente “più
matura”. Purtroppo, Sondrio è una città piccola, in cui le voci si spargono
velocemente, in un anno non si può pretendere che una persona “maturi
completamente” e…io ero sempre io. Capitai in una sezione con 7 ripententi: mi
etichettarono come “mongolo” e…”me ne fecero di ogni” (furti, oggetti rotti,
botte, scottature con accendini, ecc.). Chi non mi osteggiava, per quieto
vivere, non mi difese granché, i professori non videro (o non vollero vedere).
In questo frangente, l’aggettivo che mi sentivo rivolgere più spesso fu
“mongolo”. Mi diplomai con un anno di ritardo e andai all’Università.
A causa delle mie scarse capacità di memorizzazione, diritto
pubblico e diritto privato rallentarono il mio percorso. Non solo: desideroso
com’ero di riscattarmi dai miei insuccessi sociali, persi motlo tempo in
attività extradidattiche. Per farla breve, terminai con un fuoricorso di 2
anni.
A livello di ansia, gli esami furono una tragedia greca. Tre
settimane prima di ogni esame, cominciavo a dimagrire…Non perché non mangiassi,
ma perché il mio metabolismo accelerare mantenendo costante il numero di calorie
introdotte (cioè: avevo fame, ma non più del solito). A questo si aggiungevano problemi
cutanei, simili a psoriasi, che – ovviamente – scomparivano 2 giorni dopo l’esame.
A quel tempo, mio padre cominciò a maturare scarsa fiducia
nei miei confronti: mi volle seguire “come un ragazzino” nella stesura della
tesi e – le rare volte che mi opposi – lo prese come un insulto personale: fu
così che dovetti accontentarlo, pertanto “non sento veramente mia la tesi di laurea”. Mi sono laureato in
Scienze del Turismo il 15 giugno 2005: ricordo ancora questa data perché è
l’ultimo giorno in cui mi sono sentito veramente felice, anche se per poche
ore.
Da allora, non ho concluso granché nella vita: nonostante
l’impegno, non ho ancora trovato un lavoro in cui mi sia sentito rivolgere dei
complimenti, non ho una vita sentimentale, né tantomeno una sociale. Ho controllato
la data dell’ultima telefonata ricevuta da un “amico”: 4 marzo 2014. Non sapete
cos darei per trovare qualcuno con cui confrontarsi un po’ più spesso, magari faccia
a faccia. Gli approcci con le ragazze si
sono sempre conclusi con un “nulla di fatto”. A livello lavorativo, mi occupo di
data-entry: come potete capire, non mi da molte soddisfazioni, economiche o personali
che siano.
Lo so, sono stato molto prolisso: la conclusione è molto più
breve. Rileggendo la mia vita, vedendo tutti gli sforzi fatti ed i risultati conseguiti,
penso di aver dato “fisicamente” il massimo, ma di aver conseguito “materialmente”
il minimo. C’è una sola conclusione logica in tutto questo: nonostante il test di
WAISS dica il contrario (un certificato attesta un Q.I. di 108, cioè di poco superiore
alla media)…Io sono stupido.
Messaggi di mpoletti
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L'ansia mi accompagna dalla prima media, più o meno: considerando che ora ho 35 anni, ne è passato molto di tempo.
Credo che i sintomi sono cambiati nel corso del tempo e, fortunatamente, non sono mai arrivati tutti insieme:
Durante la scuola (fino al 1999), l'ansia si manifestava soprattutto durante le interrogazioni con tremolii in tutto il corpo e respiro leggermente affannoso. Per "leggermente affannoso" intendo un respiro simile a quello che si ha quando si "rompe il fiato" mentre si pratica sport.
In Università (dal 1999 al 2005) fu la volta dello stomaco: le mattine in cui dovevo sostenere un esame, subito dopo colazione, vomitavo. Intendiamoci: non sono mai stato anoressico ed ho il massimo rispetto epr le persone che soffrono per questo. Il mio caso è diverso: mangiavo, ma il mio stomaco non riusciva a trattenere il cibo.
Sul lavoro, dal 2005 in poi, l'ansia si presenta ogni qual volta mi danno un nuovo incarico: la paura di non riuscire a svolgerlo (cosa che regolarmente avviene, visto che sono stupido) mi causa sudorazione eccessiva e tachicardia. -
Questo post è il modo migliore che ho avuto per "presentarmi un po' meglio" e conoscere un po' di più anche voi.
Dovete sapere che ho l'hobby della fotografia: quando posso, comunque il più spesso possibile, prendo la macchina fotografica ed esco. Sono talmente appassionato a quest'hobby che credo di aver fatto quasi delle follie. Qualche piccolo esempio:
1. Per fare una foto particolare, mi sono arrampicato su una balaustra di circa 2 metri, sono caduto di testa e....mi hanno portato al pronto soccorso con una ferita lacero- contusa all'arcata sopraccilliare. Me la sono cavata con un cerotto. Ricordo ancora lo stupore del medico quando - raccontata la dinamica dei fatti - controllò la ferita: "Praticamente, non è nulla, ma...Come hai fatto???Sei d'acciaio?" (evidentemente si aspettava un danno molto più rilevante)
2. .Mi sono alzato alle 3 di notte e - nell'arco della giornata - ho percorso circa 20 Km. a piedi con lo zaino dell'attrezzatura sulle spalle (15 Kg. circa) : niente di eroico, sia chiaro, ma tutti quelli a cui l'ho raccontato (e che non sono fotografi), mi hanno detto il più classico dei "tu sei pazzo". Il bello è che mi sono ricordato solo alle 19 (sette di sera) che...non avevo mangiato nè bevuto nulla in tutta la giornata.
Ho raccontato questi due esempi per spiegarvi "quanto tenga al mio hobby": credo che, quando si ha una Passione (con la P maiuscola) siamo disposti a fare cose che non faremmo per altri motivi e che - a volte - ci sembrano quasi al di fuori della nostra portata (prima dell'esempio n° 2, non mi era mai capitato di fare 20 Km a piedi, figuriamoci con uno zaino di 15 Kg. sulle spalle!!!).
I motivi che ci spingono a farlo vanno spesso ben oltre al semplice "mi rilassa fare questa particolare attività". Per quanto mi riguarda - oltre al relax - credo dipenda da ciò che io chiamo "la mia voglia di esprimermi". Lo confesso: ho sempre avuto l'impressione che la gente non mi ascolti molto e anzi spesso si fermi davanti alle apparenze: un trentacinquenne poco realizzato, spesso solo, che la natura ha dotato di poche capacità. Comunque sia, lo "stato mentale" che attraverso nei momenti in cui faccio fotografie è quasi indescrivibile: potrei dire che "mi sento in pace con me stesso e con il mondo". Quando, poi, torni a casa e vedi il risultato di tanta fatica, ammesso che la foto sia venuta come volevo, mi sento bene.
Ho fatto una lunga premessa sia per presentarmi meglio, sia per farvi capire lo scopo del mio messaggio. Ora tocca a voi: quali sono i vostri hobby? Come vi sentite quando lo state praticando?