Messaggi di speranza24

    Certamente, ma le condizioni di partenza ed in corso di vita non sono uguali per tutti. ?(

    La metto pratica, una persona che odia il lavoro e non riesce ad apportare alcun cambiamento perchè di base ha sempre fatto un determinato impiego e deve pagarsi le rate del mutuo, non è che non è stato in grado di apportare cambiamenti, credo sia stato e sarà costretto a tollerare un'esistenza di un certo genere, con alterazione umorali, momenti no etc, perchè l'alternativa è avere la casa all'asta.

    Certamente, ma se il periodo NO dura quattro anni, un problema secondo me c'è.

    Se odi il lavoro ma sei obbligato a farlo per campare, abbozzi e vai avanti, cercando gratifica in altro. Ma se sono quattro anni che ti lamenti, sotto c'è un problema più grande che, forse, avresti anche stando a casa senza far nulla.

    Non è una provocazione la mia, ma vorrei capire questo concetto... una persona che mal sopporta la propria quotidianità ed odia profondamente il suo lavoro deve essere preso in carico dal centro di salute mentale?

    Un conto è non sopportare la quotidianità e lamentarsi di tanto in tanto (e lo facciamo tutti). Ma se, per quattro anni, sette giorni su sette, tutto il giorno, ti lamenti della quotidianità, non ti godi la famiglia, sei apatico e chissà cos'altro, un problema di salute mentale secondo me c'è. E, se c'è, va curato perché da certe cose non se ne esce da soli. Per avere un quadro più chiaro, dovremmo stare al posto di Leila. Io credo che, se lei ci ha esposto questo problema, un dubbio lo ha anche lei.

    A me Morelli, dopo la sua uscita con Michela Murgia qualche anno fa, è sceso parecchio come uomo e come psichiatra. Mi dispiace, ma ho un pregiudizio vero e proprio su di lui, perciò non lo seguo più e, di conseguenza, non seguo più quello che dice. Stessa cosa per Crepet. Uno psichiatra che parla sempre male dei giovani, per me, non ha capito niente della sua professione.

    Sono andato da due otorini (il secondo ha estratto un altro tappo dall'orecchio che l'altro aveva dichiarato pulito) ma non è cambiato un bel nulla. Mi sa che l'acufene me lo dovrò tenere per la vita. Mi angoscia l'idea di una vita in cui non ci sarà più neanche un attimo di silenzio. Mi rende anche molto irritabile, ho quasi aggredito due colleghi che mi hanno rivolto la parola.

    Non esiste alcuna cura??

    Mi piace la mentalità del posto dove sono: zero omofobia, zero xenofobia.

    Mi piace la cultura del lavoro. In Italia ho avuto a che fare solo con ambienti tossici e micromanager.

    Mi piace la sicurezza dell'uscire di casa di notte da sola, che gli uomini non mi vedano come un pezzo di carne, che potrei diventare madre e fare carriera allo stesso momento, che nessuno mi scocci se lavoro da casa perché ho le mestruazioni e mi fa male la pancia.

    Ti pare poco?? Non devi sentirti in colpa con i tuoi genitori, tu hai cercato la tua indipendenza (sacrosanta!) e hai tutti i motivi per rimanere dove sei. E poi, se in Italia avessi trovato un lavoro a tempo pieno distante anche solo 2 ore di macchina da casa dei tuoi, comunque il tuo aiuto per la quotidianità non lo avrebbero avuto.

    Preferirei a mandarglielo a casa per un maggiore "effetto sorpresa". Comunque la moglie è una giornalista culturale, quindi non credo proprio che possa provare gelosia per un fumetto che è un regalo per il prof. che mi ha fatto da relatore.

    Vista la natura professionale del vostro rapporto io, una volta finito, glielo consegnerei di persona, preferibilmente dopo la fine del tuo percorso universitario.

    A me personalmente darebbe fastidio ricevere un regalo "a casa", i regali si consegnano personalmente.

    Non riguarda un desiderio ma una forte paura di essere cattivo e sbagliato, la quale che produce pensieri intrusivi. Poi è molto complesso e non è il luogo adatto per andare nel particolare e parlare di traumi. Comunque posso rispondere alla tua domanda, seppur parzialmente, dicendoti che è la forte paura che genera ansia e angoscia. Comunque non mi so per vinto, ho provato diverse strade e prima o poi troverò quella giusta. Grazie dell'ascolto.

    Sicuramente ti trovi ad affrontare una bella sofferenza, alimentata poi dal fatto che, immagino, ti convinci da solo di questa cosa.

    Il DOC ti consente comunque una vita relazionale accettabile?

    Io so benissimo che la sofferenza mentale è immane ed è tutta nella nostra mente.

    No non vuole proprio lavorare, perché se ci fosse un alternativa lo capirei.

    Allora, vuole smettere di lavorare a 52 anni? Mi pare un pochino presto...nel senso che, a 52 anni, se si ha la fortuna di essere in salute (ma questo io non lo so) si hanno decisamente tante energie da dedicare a delle attività lavorative o non.

    Ma il tuo compagno cosa vorrebbe fare? Smettere e viaggiare per il mondo? Ne avete parlato seriamente?

    Il desiderio di non lavorare c'è un pochino in tutti noi, chi non vorrebbe ridurre le ore o i giorni settimanali di lavoro, soprattutto in estate?