Messaggi di Shigaraki

    No, non è semplice, e sicuramente chi ha una maggiore sensibilità tende a vivere in maniera ancora più intensa certe situazioni spiacevoli. Cose che molti altri non sono in grado di comprendere. Ci si dovrebbe costruire una corazza attorno, e resistere, fino a che queste dinamiche non ci facciano più male. E comunque magari tutto migliora. Ti ridirei di cambiare se davvero ne hai possibilità e se credi che dei miglioramenti, nemmeno dopo un pò di tempo, siano possibili. Spero tu possa uscirne.

    Capisco ciò che intendi, vivo una situazione simile alla tua, anche se forse nel mio caso c'è un disagio più profondo della sola ansia sociale. In ogni caso, posso dirti quello che provo a ripetere a me: fregatene. Voglio dire: tu giustamente puoi provare a spiegare come ti senti, ma se gli altri continuano per la loro strada come se quello che gli dici non gli entrasse in testa, a un certo punto ignorali del tutto, non rispondere neanche più, non provarci neanche più. Questo poi magari va un pò più calibrato a seconda se ti riferisci ad amici stretti o conoscenti, ma io la vedo cosi

    Mi dispiace, sarebbe davvero importante avere un ambiente di lavoro sereno. Tuttavia molteplici volte il rapporto con i colleghi è davvero come lo hai descritto... Sicuramente ci sono dei limiti di rispetto ed educazione che non devono essere sorpassati. Siccome a lavoro bisogna per forza andarci, a meno che tu non possa cambiare ambiente, bisogna cercare di fare buon viso a cattivo gioco, cercando ovviamente di non farsi mai davvero mettere in piedi in testa.

    Non so se è la sezione giusta, forse dirò cose che potrebbero appartenere un po' ad altre, e forse servirebbe parlarne più con uno psicologo e psicoterapeuta, ma chi vive situazioni simili alla mia magari può darmi un parere. Cercherò di essere breve ma chiaro.


    Ho ricevuto fin da piccolo un'educazione molto rigida, in particolare al liceo, il mio unico compito era studiare tutto il giorno in casa. Non ho mai vissuto a causa di ciò momenti spensierati, un po' più da adolescente. Io dovevo letteralmente stare tutti i giorni a studiare, compresi sabato e domenica, senza neppure uscire la sera, anche perché se anche avessi voluto uscire almeno il sabato sera non avevo nessuno con cui farlo. Anche perché la scuola che facevo era molto rigida, e i miei compagni stessi erano molto improntati solo allo studio. E c'era già all'epoca questa voce interiore che mi diceva "sei infelice, depresso devi cambiare". Successivamente feci l'università, per 5 anni, in una facoltà piatta e noiosa, fatta perchè non avevo all'epoca nessun interesse visto che davvero non ho mai potuto coltivarne nessuno. E c'era sempre questa voce anche all'università "sei infelice, depresso, devi cambiare". Ed è cosi. Ero inconsapevolmente infelice in tutti quegli anni. Sentivo che c'era qualcosa che non andava, ma non ho mai avuto la forza di oppormi ai miei genitori, di impormi nel cambiare scuola, di far uscire fuori il mio vero carattere invece che soffocare la mia personalità per soddisfare le aspettative della mia famiglia, ma anche degli altri. Si. A scuola mi diedero un soprannome, che qui indicherò come "Eddie". "Eddie" era il risultato della mia scarsa autostima, unita alle aspettative sociali e familiari: era il tipo solitario, goffo, timido, sempre a studiare. Eddie era quello con il carattere mite e tranquillo, il "poverino" che veniva difeso se qualcuno magari faceva qualche battuta pesante. Era quello incapace di alzare la voce, di farsi rispettare, era quello "buono". Anche all'università fu cosi, perché purtroppo l'ambiente universitario era frequentato da praticamente la maggior parte delle mie vecchie conoscenze scolastiche. Quindi non potendo ricominciare in un nuovo ambiente, rimasi imprigionato nel personaggio di "Eddie". Ogni volta che provavo a cambiare, o a rivelare il mio potenziale carattere, magari provando a togliermi questo guscio di timidezza provando a partecipare a qualche serata, si diceva "ma no Eddie ti conosciamo tu non faresti mai cosi" "Ma no Eddie tu hai un carattere chiuso, non sei adatto a certe cose". Non riuscivo a reagire. Dovevo cambiare facoltà universitaria per cambiare ambiente anche perché neanche amavo ciò che studiavo, ma non riuscivo. Cosi più passava il tempo, più questa maschera mi si appiccicava addosso, condizionando le relazioni, anche quelle magari nuove.Per un evento particolare troppo lungo da spiegare ora, all'improvviso è come se mi fossi risvegliato dal torpore che mi imprigionava, mi si è rotta la maschera. E ho pensato "ma davvero ero cosi? davvero ho vissuto cosi? Davvero ero senza il coraggio di essere come volevo e fare come volevo? Davvero ho vissuto più per gli altri che per me stesso?".


    E questo è il punto dolente: con la fine del personaggio di "Eddie", mi sono reso conto che tutte le pseudo-amicizie che ho coltivato in realtà erano legate a una identità che non voglio mi appartenga più. Il problema è che alcune di queste magari si erano davvero affezionate a Eddie. O meglio, queste pseudo-amicizie avevano trovato un rifugio nel carattere cosi accomodante e mite di eddie, perché loro stessi erano davvero troppo introversi, con scarse abilità sociali, soli, con problemi sociali. Cosi si sono molto appiccicati, e la cosa più disturbante è che non è che sono interessati a farsi altri amici, no, ormai gli bastavo io e basta. Vogliono da me una sorta di relazione sentimentale, che diventi il surrogato di una fidanzata. Hanno una vita talmente vuota e priva di stimoli, priva di qualcuno che gli dia importanza, che non vogliono staccarsi da chi un po' gliene ha data, cioè io, cioè Eddie.


    Non vogliono che cambi, che provi magari ad essere felice con una compagna, a creare nel caso nuovi rapporti. No, ormai devo trovare dello spazio nella mia vita anche per loro. Siamo ancora abbastanza giovani, potrebbero provare anche loro a fare nuove conoscenze, invece no, ormai io per loro sono un punto fermo. Per questo voglio tagliare i ponti con amici che appartengono a una identità che non c'è più, che si sentono traditi se mi vedono estroverso con nuove persone. Tuttavia mi fanno sentire in colpa, e io stesso mi sento in colpa: singolarmente non mi hanno fatto nulla di male, ma sono troppo bisognosi di me, bisognosi di come non posso più essere, e il bisogno non è amicizia. L'amicizia non può essere pretesa a oltranza perché è cosi e basta. Ho bisogno di tagliare i ponti per me stesso, per ricominciare in ambienti del tutto nuovi. è mio diritto farlo anche se non lo capiscono? perché come potrebbero mai capire tutto ciò? Posso farlo senza sentirmi in colpa perché loro mi fanno sentire come se fossi un "mostro"? A causa di tutti sti pensieri e ansie, non dormo la notte, ci penso in continuazione, tutto il giorno. Anche perché in passato indirettamente ho vissuto situazioni di persone che sono andate sotto casa di altri stile stalker per chiarire discussioni anche se non c'era nient'altro da aggiungere, perché avevano "paura di perdere un amico".

    È un argomento interessante, e provando a rispondere all'ultima domanda si può poi rispondere a tutte le altre. Gli aspetti psichici, in particolare degli uomini, che rendono cosi diffuso tale fenomeno sono riconducibili a una totale assenza di capacità relazionale con l'altro sesso. Un'incapacità relazionale sotto tutti i profili, sia semplicemente amicale, che sessuale. L'identità maschile stessa è stata progressivamente erosa dalla società moderna, tale per cui per molti giovani maschi anche solo approcciare una ragazza viene vista come una molestia (purtroppo non ricordo l'articolo che lessi che riportava tali dati). I ragazzi sono ormai talmente fragili nella loro identità di genere, che hanno timore di interagire con altre ragazze: paura di essere brutti, di non essere abbastanza, di non avere abbastanza soldi ecc. Una cosa che dovrebbe essere tra le più naturali del mondo, cioè corteggiare una ragazza, è diventata oggetto di continue dubbi e paranoie. Oltre al timore dell'approccio, si registra anche una incapacità totale di interagire con le ragazze, come se venissero viste come appartenenti a una specie aliena, invece che essere viste per quelle che sono, cioè normali essere umani.


    In altri casi questa incapacità relazionale si traduce in una identificazione della donna solo come oggetto da s∙∙∙∙∙e. Se non si è grado di relazionarsi con le donne, le si vedrà solo come "carne". Per riempire la solitudine interiore derivante dalla impossibilità di avere una fidanzata, onlyfans permette di "comprarsene" una pagando per avere foto private. Perchè la differenza abissale con il porno normale è questa: su onlyfans tu hai una ragazza che fa foto apposta per te, è un servizio personalizzato. Trasmette l'idea di avere una vera ragazza sessualmente disponibile per te.


    Da questo punto di vista considero onlyfans il trionfo della totale incomunicabilità del sesso maschile con quello femminile, non solo corporale ma anche mentale. In una società normale un tale servizio non dovrebbe avere cosi successo. Perchè non è un semplice andare a prostitute, che c'è sempre stato, ma espressione appunto della incapacità di relazionarsi emotivamente e sessualmente con il sesso femminile.


    Molto più in breve invece per le donne, semplicemente sfruttano questo servizio per guadagnare. In ciò non c'è nulla di poco etico. Viene soddisfatta una domanda di cui c'è molto richiesta. Loro ne approfittano. Ma è una domanda che non dovrebbe esistere.

    Mi scuso in anticipo se questo messaggio risulta off-topic, vorrei solo esprimere piena "gratitudine" a quanto esprime gloria in particolare nel punto 2, poichè esprime in maniera perfetta le situazioni di disagio che vive chi si ritrova per mille e svariati motivi ad avere rapporti soffocanti per i quali tu sei solo un oggetto che deve rispettare le loro aspettative, incuranti delle tue spiegazioni. Se qualcun altro descrive cosi bene queste sensazioni significa che magari non sono un "pazzo completo" a sentirmi cosi a disagio verso questi rapporti, ma che ci sia del fondamento di verità. Purtroppo, davvero, si è costretti a sparire o a smettere di rispondere a persone troppo possessive, mi sembra assurdo doverlo fare con persone adulte che dovrebbero capire anche indirettamente magari che non si ha più voglia di sentirle, senza dover per forza dire "vaff∙∙∙∙lo non scrivermi più" dall'esasperazione. Ma neanche quello servirebbe con alcuni.

    Esiste anche chi ritiene sia giusto essere ghostati. Ebbi una conversazione con un amico che mi disse che secondo lui, se qualcuno avesse voluto chiudere un rapporto di amicizia con lui, avrebbe dovuto semplicemente smettere di rispondere ai messaggi e basta. Insomma secondo lui dare un messaggio "finale" di qualsiasi tipo non ha senso se poi non si può controbattere e convincere a cambiare idea. Quindi ritiene sia giusto che uno semplicemente debba "sparire" e basta.

    Sinceramente non mi convince...chi ritiene sia giusto comportarsi cosi di solito è proprio una persona tendenzialmente ossessiva che nonostante tu ti voglia allontanare non lo accetta e insiste. Non a caso un altro suo amico ha dovuto bloccarlo perchè voleva allontanarsi e lui continuava con i "perchè" a oltranza. Le persone, se gli viene detto che ci si vuole allontanare, devono accettarlo con maturità. Questo per dire che anche chi trova giusto subirlo, il ghosting ,abbia qualcosa che non va a mio avviso

    Questo è un tema che mi sta molto a cuore. Ritengo che in rapporti di amicizia sani il ghosting non debba neanche essere pensato come via di fuga. Se lo si attua, ci sono problemi alla radice che si sono sopportati e poi non si riescono più a reggere, oppure problemi sorti dopo che il rapporto inizialmente andava bene. Ma in ogni caso è l'altro che causa il problema: "io mi sono affezionato/a ormai" "ormai siamo amici" ecc. sono concetti che mi sentivo dire, anche da chi in realtà non frequentavo da cosi tanto tempo, come se ormai certe persone avessero deciso che siccome si sono affezionate a te tu non puoi liberamente chiudere i rapporti, no, ormai appartieni a "loro". Vivono l'amicizia come se fosse un piantare una bandiera "mi sono affezionato a te quindi ormai saremo amici a vita" quando l'amicizia come l'amore cambiano invece, perchè cambiano le persone. Non è che siccome abbiamo passato un pò di bei momenti allora siamo destinati a essere legati a vita e a sentirci per tutta la vita. E non accettano un tuo allontanamento: anzi più lo fai più diventano assillanti. Come se fossi un loro animale domestico che non deve mai allontanarsi troppo da casa. E allora cosa resti? con persone del genere, PURTROPPO, devi interrompere ogni tipo di contatto.

    lifeis2strange per quanto riguarda il problema con l'altro sesso, anche io ero cosi, scoppiavo in lacrime quando vedevo amici e conoscenti con una compagna o compagno affianco, desiderando di poterlo avere anche io, e credevo che sarebbe stata la soluzione ad ogni problema. Poi ebbi una prima relazione che si concluse per motivi troppo lunghi da spiegare, ma dopo averla avuta...mi accorsi che non era la soluzione ai problemi interiori. Può aiutare tantissimo comunque, soprattutto se trovi DAVVERO la persona giusta con cui crearti un futuro assieme, ma avere una relazione e basta in quanto tale, non risolverà i problemi che abbiamo con noi stessi.


    Anche io provo questo costante desiderio di fuga, ed il solo pensarci è uno sfogo ed un'ancora di salvezza che non mi fa sprofondare del tutto. Nel mio caso, ormai è da quasi trent'anni che vivo sempre nella stessa città senza aver mai fatto nessuna prolungata esperienza fuori casa, con sempre le stesse persone, gli stessi posti ecc. Il forte disagio interiore che ho dipende senz'altro da problemi interiori miei legati alla paura del futuro ed altro ma non mi dilungo perchè non è un mio topic, ma sicuramente molto dipende anche dalle relazioni che mi intrappolano in un contesto che non mi appartiene più, sento di voler andare via, cancellare tutte le relazioni coltivate, e poter essere una nuova persona in una città nuova, e provare a creare rapporti in una nuova zona con persone che non centrano nulla con quelle che conosco, ma dove vivo è impossibile perchè tutti si conoscono con tutti ed è impossibile ripartire da zero senza cambiare città. Non a caso ogni volta che esco dalla mia città mi sento benissimo, mentre quando rientro mi sento soffocare e mi viene una forte ansia, pensando "eccomi di nuovo qui, nulla cambia mai". Nel mio caso sono convinto mi farebbe benissimo, ma purtroppo me lo impedisce il discorso soldi e lavoro, e quindi mi sento in trappola. Edc è una sensazione da panico...sto provando a vedere se riesco a farlo trovando un impiego altrove ma è davvero difficile, appunto per il discorso mantenersi ecc.