Messaggi di Dott.ssa Roncallo

    Buongiorno Teresa,
    come si comporta il resto della sua famiglia? le stanno vicino?
    Ha delle amiche che la sostengono e con cui si può sfogare o uscire di casa?
    Se suo marito non riesce ad aiutarla come dovrebbe, provi a rivolgersi all'esterno, appunto ad amiche o parenti più sensibili alla sua situazione.
    Nel paese (o nel quartiere se abita in una grande città), ci sono anche delle attività promosse dalla parrocchia o da qualche associazione, ha mai pensato di vedere se c'è qualcosa che le può interessare, un piccolo impegno fuori casa da prendere senza stressarsi troppo, in cui può andare o non andare in base a come si sente, che però le permetta di fare qualcosa che le piace e stare con persone con cui parlare?
    In questo modo può avere uno sfogo all'esterno che non carichi troppo suo marito della responsabilità della sua malattia visto che non riesce a starle vicino nel modo giusto, magari questo può aiutarvi a trovare una serenità insieme.

    Buongiorno Shylock,
    rimedio al ritardo dell'altra risposta scrivendole quanto prima.
    Non è una risposta buonista, ma solo l'invito a considerare sotto una diversa luce questa sua tendenza. Io, tramite internet, posso farmi un'idea solo in base a poche informazioni e le assicuro che è un peccato visto che la sua storia, mi permetta di dirlo, è molto interessante, tuttavia l'etica mi impone di restare in un discorso generale.

    Anche nel proseguo del discorso io noto sempre lo stesso particolare, ovvero il suo tentativo di incasellare il piacere in qualcosa di "costruttivo". Il piacere non dev'essere costruttivo se non nella gratificazione in sè, infatti appena cerca di incasellarlo (ad esempio con il sito web) ecco che di nuovo la sua parte ludica si ribella.
    D'altro canto, a me non sembra che lei non abbia concluso nulla, mi dice che ha studiato cinese e arabo, due lingue che richiedono impegno e costanza, oltre che una forma mentis flessibile, data la differente struttura rispetto alle lingue occidentali. Riesce a mantenere un lavoro che non la gratifica toalmente, perchè è finalizzato a mantenere una famiglia e un mutuo. E' quindi da capire perchè lei trovi così distonico il suo tentativo di godere di un piacere fine a se stesso, perchè c'è una parte di lei che quel piacere lo vuole ed è disposta a boiccotarla pur di averlo.
    La cura che lei mette nel cercare e indossare l'abbigliamento femminile non è inutile nel momento in cui la gratifica, il fine è proprio quello! Una mente brillante ed intellettualmente vivace non è un animale addestrato, ma una forza che lei può incasellare fino ad un certo punto e che poi ha bisogno di uscire dal recinto per potersi esprimere.

    Ora le faccio una domanda: a quali esigenze della vita reale lei non riesce a rispondere adeguatamente?
    Un'altra: lei scrive bene (infatti si nota dai post che mi ha scritto) ma su cosa vorrebbe scrivere un libro?

    Io non dico che lei non debba mettere a frutto le sue capacità e le sue inclinazioni, declinandole in qualcosa di più tangibile e concreto, dico solo che l'atteggiamento che lei ha nei confronti della sua parte più libera e creativa forse non è quello adatto, per il semplice motivo che non è efficace e, come dice giustamente lei, si creano dei circoli viziosi. L'esempio del dott. Jeckill e del sig. Hide ci mostra una persona che ha due parti che non comunicano fra loro e finiscono per essere due personalità indipendenti all'interno di un corpo. Il sè è formato da tante istanze che convivono e sono portatrici di esigenze ed obiettivi differenti, a volte opposti fra loro; l'equilibrio si esprime nella capacità di mettere in comunicazione queste parti, in primis accettandole e offrendo loro dignità di esistere, poi ascoltandole e infine mediando tra loro nell'espressione e nella soddisfazione delle stesse. Questo è integrare, accettando la propria complessità e portandola avanti come sintesi, come unicità della propria persona.
    E' un discorso un po' teorico e le assicuro che nella pratica non è così semplice come sembra, è necessario un lavoro su di sè che le permetta di mettere in discussione alcuni valori e credenze su di sè in modo da sviluppare un punto di vista differente, al fine di trovare strategie nuove per percepire e gestire se stesso.

    Mi chiede se poò esserci la paura di mettersi in gioco davvero, può essere, certo. Forse è quello che la sua parte le sta comunicando e finchè non comprende ai diversi livelli il perchè di questa paura, difficilmente si sblocca. La comunicazione è con un linguaggio differente da quello schematico e razionale che si impone di utilizzare lei, è questo quello che intendo.

    Buongiorno Luca,
    mi scuso io perchè non avevo notato il suo post e mi ritrovo a scriverle un po' tardivamente.
    Per evitare di rispondere ad una situazione che nel frattempo può essere cambiata, è tornato con la sua ragazza o ha mantenuto la separazione? E come si sente (si è sentito) senza di lei?
    Non è che ha timore di una vicinanza affettiva? Lei prova attrazione e in un momento sente la voglia di dirle che l'ama, ma poi la lascia, e si chiede il perchè di questa voglia. Non c'è un perchè, stava solo provando qualcosa e aveva voglia di comunicarlo, ha poi preferito razionalizzare e il trasporto di quel momento non poteva reggere con la sua idea dell'amore. Ma le idee sono una cosa e le emozioni un'altra, e lo dimostra il fatto che nonostante le ottime costruzioni logiche che si sta facendo sul fatto se sia giusto o meno dire "ti amo" quando non c'è abbastanza convinzione e sul fatto che ci sia la necessità di distruggere prima di ricostruire, sono le emozioni che la governano e si traducono in un "ti sento vicina e quindi scappo". Potrebbe essere?

    Buongiorno a lei Iosonoqua,
    certo che mi può chiedere come sto e le risponderò anche compiutamente, sto bene a parte una caviglia rotta con tanto di doccia gessata che dovrò tenere per 20 giorni. Lei come sta?

    Venendo al suo quesito, come dice già bene lei, è una questione di carattere. C'è chi sviluppa un pensiero più pratico e ciò include la capacità di muoversi nella realtà organizzandosi efficacemente, c'è chi, dall'altra parte, sviluppa un pensiero più teorico-astratto, per cui risulta più capace di costruire idee e vedere collegamenti fra eventi e concetti, ma poi avrà maggiore difficoltà a riportare il tutto confinandolo in aspetti concreti e "spendibili". L'ideale sarebbe viaggiare in coppia, ideatore-realizzatore!
    Scherzi a parte (che poi non è neanche tanto uno scherzo, io spesso scelgo collaborazioni con persone realizzatrici, essendo io più ideatrice, e risultano estremamente efficaci, quindi anche questa è una soluzione), difficilmente diventerà una realizzatrice pura perchè non è la sua indole, però può cercare di trovare un metodo organizzativo in linea con il suo carattere.
    Quando ha un obiettivo, provi a delineare un programma con pochi passi, ben definiti e posizionati in un tempo flessibile (li scriva su un'agenda ad esempio), in modo che eventuali deviazioni ideative non pregiudichino il programma e possano anzi integrarlo. In questo modo non si sovraccarica, lascia spazio alla creatività che ha bisogno di fluire un po' come vuole e ha ben chiaro cosa invece è da fare anche se non si ha voglia o ci si distrae.
    Questo è uno spunto, troverà il modo di personalizzarlo e renderlo più adatto alle sue esigenze.

    Buongiorno Shylock,
    ricordo la canzone di De Andrè, dovrebbe essere "Un giudice" se non sbaglio, parla di un nano che ha trovato il suo posto nel mondo, da persona derisa e giudicata a giudice temuto, "arbitro in terra del bene e del male". Di fatto io credo che quel nano, vivendo e operando nel rancore verso gli altri, non abbia risolto granchè per la sua vita, resta un omuncolo in una posizione di potere che non gestisce con giustizia ma con sadismo, e io mi chiedo se anche lei non abbia sviluppato un rancore verso questa parte di sè che non accetta e sente come impedimento verso la realizzazione di sè come persona.
    Mi spiego meglio, molte volte cerchiamo di combattere degli aspetti nostri che non ci piacciono e che sembrano governarci, mentre non ci accorgiamo che questi aspetti sono preziosi alo stesso modo di quelli che sentiamo più sintonici con l'immagine di ciò che vorremmo essere, perchè gli aspetti scomodi hanno solo un gran bisogno di comunicarci qualcosa e ci boicottano se ci ostiniamo ad ignorarli.
    Si è chiesto perchè non riusciva a prepararsi per quegli esami? Magari, ad un livello più profondo, non era la sistemazione che davvero voleva. Oppure l'idea di sistemarsi le metteva ansia, o aveva timore di perdersi qualcosa nella vita. Cosa le volessero comunicare lo può sapere solo lei, le mie sono ipotesi per dare una concretezza al mio invito ad una riflessione sul "perchè" questa parte di lei si è impegnata così tanto per non farle raggiungere quel risultato.
    Com'è andato il torneo di dadi?
    Lei ora lavorativamente è soddisfatto?

    Un'altra cosa, lei è tutte le cose che mi ha scritto, essere con la testa fra le nuvole non le impedisce certo di essere anche gentile, disponibile, equilibrato, buon padre e marito etc..e neanche di essere il bell'uomo con una famiglia appagante a cui piace ogni tanto vestirsi da donna.
    Da ciò che leggo a me non sembra che lei sia un iresponsabile, anzi io ho l'idea che lei abbia ben chiaro il concetto di responsabilità e forse che lo metta a volte al di sopra dei suoi desideri, delle sue reali aspirazioni e di ciò che le piace. Magari quella parte così scomoda le sta solo chiedendo uno spazio di piacere personale che non sia legato ad un'immagine sociale da mantenere o ad una realizzazione o ad un impegno famigliare, un piccolo angolo di gioco solo per lei e a volte da condividere con le persone che le stanno accanto.
    Non sia così severo con se stesso e provi a dare una possibilità a quella parte di lei, sospenda il giudizio e l'ascolti, vedrà che sarà meno invadente nel cercarsi un posto e potrà integrarla con le altre parti di lei per essere più sereno.

    Buongiorno Luca Canetti,
    forse il suo psicologo vuole capire come la sua vita sociale incide sul suo rapporto con le ragazze, magari vuole invitarla ad una riflessione diversa. Provi a seguire la logica dello psicologo e vedere a dove porta, rispondendo a ciò che le viene proposto, se poi (dopo qualche seduta) sente che continuate ad essere lontani da ciò di cui lei ha bisogno di parlare, glielo dica chiaramente e trovate insieme una soluzione.
    In bocca al lupo.

    Buongiorno Teresa inf,
    anzitutto mi dispiace per la sua situazione, la depressione è una malattia difficile da affrontare e concordo con lei su come sia importante un sostegno da parte delle persone che le sono vicine nel viverla.
    Da quanti anni è sposata?
    Lasciarlo mi sembra una soluzione drastica, io credo che il problema di suo marito sia più che altro la mancanza di informazione. Spesso la depressione non viene presa sul serio, certe difficoltà o esigenze (come quelle che ha descritto lei) sono viste dall'altra persona come mancanza di volontà o come capriccio, mentre invece sono il frutto di un malessere profondo e bruciante.
    Lei ha accudito i suoi famigliari quando avevano una malattia fisica, evidente, ora avrebbe bisogno di essere sostenuta in una patologia silenziosa e nascosta, questa è la difficoltà maggiore, sia per lei che per suo marito che probabilmente non capisce cosa stia succedendo.
    Provi a portarlo da un esperto (psicologo o psichiatra che la seguono) chiedendo all'esperto di spiegare a suo marito in modo semplice, diretto e chiaro cos'è la depressione, a cosa porta e in che modo lui può intervenire. Gli faccia un discorso chiaro sul fatto che un matrimonio significa sostenersi nella malattia oltre alle altre cose, e che potete affrontare insieme la depressione nel modo giusto, così da uscirne e stare meglio anche come famiglia.
    Mi faccia sapere come va.

    Buongiorno Donna2012,
    se si tratta di una questione così intima e importante posso fare un'eccezione, mi scriva pure in privato, per il resto comunque chiedo sia a lei che agli altri membri del forum di utilizzare sempre lo spazio dedicato.