Messaggi di Restarick

    Grazie a entrambe. Io, come sfogo, cammino di continuo a passo veloce, nella speranza di scacciare i pensieri che si annidano nella mia mente. Sto pensando di cercare un aiuto psicologico, ma mi sento in difficoltà perché vorrei che mia madre non lo sapesse. Era rimasta male quando aveva saputo che andavo da uno psicologo. Diceva: "Non voglio che la mia malattia ti metta in crisi, così mi fai sentire quasi in colpa per essermi ammalata".


    La mia idea era quella di affittare un appartamento vicino casa nostra, per avere nuovamente un minimo di indipendenza e al tempo stesso concedermi qualche spazio per me, e raccogliere le forze per continuare ad assisterla. La mia paura più grande, infatti, è che se/quando la situazione dovesse peggiorare e lei avesse bisogno anche di un aiuto fisico (per ora aiuto solo con le pulizie in casa, la spesa, ecc.), io crollerei definitivamente per le troppe preoccupazioni, al punto da lasciare anche il mio attuale lavoro.


    Mi conforta leggere qui di persone che hanno affrontato situazioni simili e ce l'hanno fatta. Penso, spero, che ce la farò anche io... ma non so a quale prezzo.

    Ciao, sono appena arrivato su questo forum ma spero di poterti aiutare. Anche io soffro di ansia ogni volta che subentra un cambiamento nella mia vita, piccolo o grande che sia. Di case da svuotare poi sono esperto: l'ho fatto con la casa della mia infanzia e con la casa d'infanzia di mia mamma, dopo la morte di mio nonno. Ogni volta ero preso da preoccupazioni di natura pratica ed emotiva, non riuscivo a concentrarmi nella quotidianità e mi dicevo: "Non ce la farò mai".


    Poi, alla fine, quel giorno arrivava. Mi svegliavo malissimo ma poi mi dicevo: "Ora basta, bisogna farlo per forza". A poco a poco iniziavo a riempire scatoloni, a fare pulizie, a disdire le utenze, e l'adrenalina della situazione, di tutto quello che c'era da fare, mi aiutava a superare le varie emozioni.


    Ancora adesso mi sorprendo di essere riuscito a fare una cosa che non pensavo di riuscire a fare. Forse l'unico consiglio che posso darti è questo: l'ansia preparatoria rende tutto molto più grande e insormontabile di quanto non sia. Messi alle strette, davanti al fatto pratico, le cose si riescono a fare. Poi sono più bravo a dirlo che a pensarlo a mia volta. :)

    Ringrazio Mayra e soprattutto Horizon, che ha vissuto un'esperienza simile alla mia e nella cui reazione mi riconosco molto. È proprio così, tutti mi dicono che sbaglio, ma io non riesco a comportarmi diversamente. Se provo a distrarmi ci riesco pure, ma poi, a un certo punto, mi dico che non voglio più distrarmi, che il mio compito è stare accanto a mia mamma, che al contrario di me non può distrarsi dalla sua malattia.


    E così le mie poche energie residuali sono ormai unicamente rivolte al lavoro e a distrarre mia mamma, proponendole infinite ricette da cucinare, serie tv e film da vedere, giochi da tavolo da fare nel weekend, libri da leggere. Di solito tiro avanti, ma poi, quando mia mamma non si sente molto bene, quando gli esami non escono bene, arriva il crollo, che ovviamente devo nascondere per non turbarla. Ma in quei giorni, o subito prima di un esame importante, mi blocco completamente. Non riesco nemmeno a coltivare i miei hobby, a uscire di casa. Entro in una specie di trance, una specie di paranoia che mi spinge a spiarla di continuo per vedere se sta male, ad ascoltare i discorsi che fa con mio padre per capire se si lamenta di qualche dolore.


    Sono passati 5 anni ormai. Cinque anni di ospedali, chemio, radio, immunoterapie, tac, pet, risonanze. Sono felice e grato che mia mamma sia ancora qui, stupendo gli stessi medici, e continuo a sperare che lei riuscirà ancora a resistere alla malattia. Ma, e mi vergogno ad ammetterlo, questi anni hanno avuto un durissimo contraccolpo anche per la mia vita personale. Inizio a pensare, alla soglia dei 40 anni, che non riuscirò più a rimettermi in carreggiata. Sto infatti pensando di rivolgermi nuovamente a uno psicologo, sperando di trarne beneficio.

    Ciao a tutti, vi leggo già da alcuni mesi con molto interesse. Spero di poter trovare qui un sostegno o un aiuto per affrontare questa situazione che mi sta sfuggendo di mano.


    Cinque anni fa mia madre, a 56 anni, in seguito a un ricovero ospedaliero d'urgenza, ha scoperto di avere un tumore aggressivo e praticamente incurabile. Inutile dire che mi è crollato il mondo addosso. Ho lasciato subito Milano, dove vivevo e lavoravo già da alcuni anni, per tornare a casa e starle vicino, anche perché i medici ci avevano fatto capire che il decorso della malattia sarebbe stato molto rapido: pochi mesi, forse un anno.


    Stavo appena iniziando a realizzare quello che stava succedendo, con l'aiuto di parenti, amici e una psicologa, quando, due o tre mesi dopo, è scoppiato il Covid, con relativo lockdown. Nel frattempo, mia madre doveva comunque andare in ospedale per fare la chemioterapia, in un periodo in cui non si trovavano nemmeno le mascherine. A causa del lockdown ho anche interrotto gli incontri con la mia psicologa, che comunque non mi avevano soddisfatto del tutto.


    La combo malattia di mia madre e lockdown in contemporanea è stata per me il colpo finale. Ho smesso di fare finta che tutto fosse normale e mi sono completamente chiuso in una comfort zone soffocante, che non comprendeva nessuno se non i miei genitori e mio fratello. Ho smesso progressivamente di sentire gli amici e i colleghi (già prima del Covid avevo ottenuto il telelavoro per starle vicino) e per quasi due anni sono uscito ben poco di casa, terrorizzato all'idea di contagiarla.


    Nel 2022 l'emergenza Covid si è attenuata e anche mia madre, grazie a un trattamento immunoterapico sperimentale, ha avuto un miglioramento insperato. Ho faticosamente provato a ricominciare a vivere, ma un anno fa il trattamento è terminato e, dopo alcuni mesi, la malattia è ripartita, con le opzioni terapeutiche ormai quasi esaurite.


    Sono passati cinque anni dalla diagnosi e sono felice che sia ancora qui con me e relativamente in buona salute, ma in questi anni io ho perso lucidità. La sua malattia è la prima cosa a cui penso quando mi sveglio e l'ultima quando vado a letto. Non riesco a fare programmi, né sul lavoro né nella vita privata. Da cinque anni non vado in vacanza perché ho l’ansia di allontanarmi troppo da casa e, in ogni caso, non me la godrei. L'ansia per la sua condizione mi spinge a somatizzare in mille modi diversi, a cui ormai non faccio nemmeno più caso, perché so che si tratta di paranoie create dall'ansia. Ma il pensiero che la sua malattia possa avere un ulteriore, improvviso peggioramento a volte quasi mi fa impazzire. Da quando sono tornato a vivere in famiglia per farle da caregiver, l'idea che prima o poi lei possa non esserci più mi sembra impensabile, inaccettabile.


    Volevo sapere se qualcuno qui nel forum, o qualcuno che conoscete, è sprofondato in uno stato simile in seguito alla malattia di un genitore e cosa ha fatto per uscirne, perché nessuno che conosco ha avuto le mie stesse reazioni, nemmeno mio fratello, che riesce a vivere più o meno la sua vita come prima.


    Grazie a tutti.