Messaggi di Tanus1975

    Non immagini quanto mi ritrovi nella tua descrizione di padre, da madre però.

    Io ho il tuo identico approccio, anche io seguo moltissimo i miei bambini e provo gioia sincera in ogni loro parola, in ogni loro gesto, e sono avida di fare esperienze con loro, non perdo un minuto del nostro tempo libero per goderci delle ore passare insieme, e sono sempre molto indaffarata con i loro hobby che sono anche i miei, con passeggiate e gite e corse nei campi e bagni al mare o nei corsi d'acqua, ogni minuto speso con loro per me è vita che mi scorre dentro, e nessuno può darmi il sole e la gioia che provo a sentire i loro discorsi sconclusionati i loro pensieri soavi le loro risate buffe.

    E come nel tuo caso, devo dirlo che mio marito non condivide spesso questo nostro tempo; è stanco, o ha altre faccende da fare, anche casalinghe, cose che per me passano in secondo piano quando sto coi miei bambini e sono troppo impegnata a tornare bambina anche io per riordinare la casa. Ma sai che ti dico? È lui a perdersi dei pezzi, come tua moglie del resto, e poi se non ci fosse mio marito che cucina mentre io sono in giro coi bambini, se non ci fosse lui che fa la spesa mentre noi nuotiamo da qualche parte, come andremmo avanti? Ci vuole un po' tutto, non credi? Se tu hai potuto goderti così i tuoi figli è anche per quello che ha fatto tua moglie, o sbaglio? Io sono grata a mio marito quando si fa carico di incombenze che toccherebbero anche a me perché così io posso immergermi nel loro mondo fatato senza preoccuparmi troppo della prosaica realtà e del triste mondo degli adulti, che diciamolo: non fa per me, come forse non fa per te se ti ho capito. In una famiglia fa comodo dividersi le cose in base all'indole, a volte. Capiamoci: anche io a volte rimprovero mio marito di non essere abbastanza partecipe, ma dopo tutto non siamo tutti uguali e ognuno ha il suo modo di amare e aver cura degli altri.

    Mi hai toccato nel profondo.

    E per finire, questa sera arriva il bello.

    Da tempo le chiedevo di iniziare una terapia di coppia con uno psicologo, ma no, lei non avrebbe raccontato niente a nessuno della propria intimità e sosteneva che era solo un modo per farmi dire che ci si doveva lasciare, ovvero che io cercassi un modo per divorziare senza che fossi io a dirlo. Aggiungeva che il problema era solo mio, lei non aveva nulla. Accidenti, mi aveva bloccato in una posizione stranissima, non me lo aspettavo, e anche in questo caso dubitai che, chissà, forse era vero, ma, e posso dirlo senza timore, in verità volevo trovare altre strade per aggiustare tutto perché i vecchi metodi non andavano più. Volevo che questa coppia si aprisse e fiorisse finalmente, ma stavolta avevo io bisogno di essere guidato. Quindi non se ne fece nulla, possibilità esclusa.


    Martedì scorso le dissi che avevo prenotato online una consulenza per me. Giovedì ho avuto questo colloquio e insomma ho rappresentato la questione più o meno come sto facendo qui. Poi il tempo è scaduto e tra due giorni avrei dovuto avere la seconda seduta.

    Lei: Di cosa avete parlato?


    Io: Non mi sembra il caso che te lo dica, anche perché è solo il primo appuntamento.

    Lei: Uomo o donna?

    Io: Donna.

    Lei: Età?

    Io: Appena più che trentenne, avrei potuto aggiungere molto bella, ma ovviamente non lo feci.


    Lei non parlò più, anche perché bastava l'espressione del suo viso. Si imbronciò. Il giorno dopo sentivo il freddo in casa. E guarda caso, dacché mi sentivo bene per aver iniziato quel percorso, cominciai a innervosirmi e iniziò nuovamente quel vecchio circolo vizioso. Infatti poco a poco mi incavolavo sempre di più, fino a diventare io muto e sordo, e dopo un po' stavo nuovamente male. Di recente, infatti, erano ricomparsi alcuni sintomi legati all'ansia (diarrea, irascibilità, scarsa concentrazione, tristezza, rabbia), motivo per cui soprattutto avevo richiesto aiuto a uno psicologo. Così arriva il momento in cui mi chiede cosa c'è che non va, sincera. Le riferisco i sintomi di malessere.


    Lei prova a incoraggiarmi e mi chiede perché devo stare male se economicamente ora stiamo bene e i nostri figli stanno bene. Mi accusa, con tono minore, ovviamente, di voler essere io a soffrire e che non ci siano motivi per farlo. Pienamente ragione, e infatti per fortuna tutti i miei cari stanno bene e ne sono felice. Ma perché non posso essere io a stare male? È necessario che stia male qualcun altro perché io stia male? Non posso essere io quel qualcun altro stavolta? E le dico cosa mi fa stare male:

    1. Il pensiero che mi arrovella le cervella più di ogni altra cosa è che non so spiegarmi perché fino ad oggi siamo stati in perenne campo di battaglia e ci siamo fatti del male per tutto questo tempo. Anche se tutte le intenzioni erano valide, niente ci autorizzava a comportarci così. E anche i nostri figli, quando iniziavano a capire crescendo, avevano desiderato che noi la smettessimo e ci lasciassimo, cosa che ci è stata detta ad entrambi quando mi allontanai da casa qualche mese fa. Ecco, le dicevo, perché ora ci si dovrebbe amare dopo l'ira vissuta?
    2. Credo che non vorrò più rapporti fisici, o almeno così è per ora, perché penso di non farcela. È pervadente la sensazione che si stia ancora recitando.
    3. Non riesco più a vivere sereno in questa casa, devo sganciarmi da qui.

    E lei mi ha detto che avremmo dovuto davvero finirla lì. Sì, mi ha detto che non voleva più entrarci e che ora era lei a lasciarsi da me. Non ho saputo emettere alcun suono, sono rimasto lì, affacciato al balcone con la schiena curva sulla ringhiera a cercare di assorbire il colpo, incerto sul da farsi. Ma di una cosa ero sicuro, di non avere la capacità di affrontare quella situazione e nemmeno la forza.


    Così, dopo qualche minuto, quando lei si era già defilata, presi il mio marsupio e mi avviai. Non ci fu nessun ciao e nessun dove vai?, niente, solo i miei passi che scendevano le scale, e poi lo scatto del portone e il suo richiudersi. E sono via da due giorni.

    Ho letto tutti i vostri commenti, sono entusiasta della partecipazione e cercherò di rispondere qui.


    Non ho alcun intento di voler far passare lei come un'arpia, assolutamente no, non lo è. Rinnovo la mia ammirazione verso di lei e ribadisco che forse non sono stato in grado di dimostrarglielo. Penso che entrambi abbiamo vissuto alcuni aspetti della nostra infanzia in modo molto simile: io le prendevo da mio padre e lei da sua madre, e l'ottusità di queste due persone ha svolto un ruolo importante in tutto questo. Sua madre oscurava suo padre in modo totale, persona semplice, analfabeta, gran lavoratore, e gestiva tutto lei, ma allo stesso tempo non era un granché come madre, ma non scendo troppo nei dettagli. Mio padre cercava di fare la stessa cosa, ma poteva farlo solo con la forza, cosa che faceva, poiché mia madre era persona di grande levatura morale e intellettuale, non perché ha studiato a scuola, ma perché era la sua natura.


    Entrambi siamo stati dei ribelli: lei, a differenza dei suoi fratelli e sorelle, studiava a scuola ed era un portento, anche se non le fu permesso di proseguire con l'università, e così si cercò un lavoro e col tempo si affermò. Tuttora è una delle poche donne qui che possono sentirsi realizzate da questo punto di vista. Io crebbi con la sola idea di dover far smettere mio padre di continuare e quando ne fui capace lo feci, cosa orribile per un figlio, ma andò così. Mio fratello maggiore era l'opposto di me e, mentre io cercavo e divoravo la vita, lui non sporgeva il naso troppo oltre. Creai un'opportunità lavorativa per lui a cui partecipai all'inizio e poi lasciai per andare oltre e ancora oggi ne gode. Volevo sempre essere d'esempio e sì, credo anche di avere una certa nota egocentrica, ma sempre con il fine di risolvere certi problemi. Mio fratello minore, a cui tenevo più di me stesso, seguì le mie orme quando, di rientro dopo sei mesi, tornò non proprio in forma e vide il mio mutamento grazie alle nuove esperienze che avevo fatto, e mi riferisco allo yoga, e iniziò anch'egli e dopo sei mesi lo vedevo fare cose che io ritenevo impossibili. Ora sta bene e ne sono felice. Mia sorella maggiore, anch'essa vessata da mio padre in modo ancora peggiore, conobbe un americano a quel tempo in vacanza qui, un brav'uomo, si fidanzarono, si sposarono e andò via, in America. L'ultima sua visita qui risale a quindici anni fa.


    Verso i nostri figli, lei rigorosa e attenta, io febbricitante e sempre preoccupato, ansioso al primo colpo di tosse, e soprattutto non potevo sentirli piangere. Avevo pianto e sentito piangere troppo già per lungo tempo e non permetteva che lei potesse anche solo dare una sberla e quando accadeva diventavo intrattabile. Sostenevo che le parole e una sgridata al massimo potevano bastare e se per me anche uno schiaffo era violenza, per lei era medicina. Questo è stato il metro con cui abbiamo interagito per tutto questo tempo e troppo spesso, a prescindere se giusto o sbagliato, l'importante era ormai non dar credito l'uno all'altra.


    Sono stato un padre fortunatissimo. Il mio lavoro mi lasciava libero quasi tutte le mattine e quindi, quando i bambini non avevano scuola, io potevo stare con loro. E immaginatevi in estate, un giorno al mare e l'altro in montagna. Li portavo a cavalcare, a fare lunghe passeggiate nei boschi con pranzo a sacco, era tutto così incredibile. E quando la domenica dicevo a lei di uscire tutti insieme, no. Il perché si rifugiava nelle faccende casalinghe e perché un giorno alla settimana voleva starsene a casa. Capisco tutto, ma mai una volta, mai. E se noi andavamo, lei si inalberava perché nessuno la aiutava in casa. Ma santo Dio, facciamolo il giorno prima, non la domenica, dicevo io. Dopo una settimana di scuola mi sembra giusto farli uscire. Ma invece era giusto andare insieme a tutti i matrimoni, battesimi e altre stranezze di questo mondo. Infatti, tutte le nostre foto insieme risalgono a questi eventi. E sì, mi si dica che sono stato più bambino dei miei figli, che in fondo sono un triste in questa vita e faccio di tutto per nasconderlo, ma no, non mi si dica che provo piacere a far soffrire qualcun altro, questo no. E scusatemi se non riesco, ma non posso colpire con un ceffone chicchessia, perché quando l'ho fatto sono stato malissimo.

    Tanus1975 dici cose molto profonde e vere, mi ritrovo molto nel tuo racconto, nel rapporto che hai con i tuoi figli, in quello che avevi con tua madre (mentre leggevo di lei mi sembrava di leggere di mio padre, che era un mistico). Mi chiedo se questi tuoi sentimenti non possano trovare spazio lì dove sei, con questa moglie che avrai pur amato un tempo, di lei non dici nulla, che persona è?

    Persona incredibile, forte, si è fatta da sé, eccezione della sua numerosa famiglia, onesta, altruista, non si fa scalfire dal male altrui, idee chiare, intelligentissima, si è affermata nel lavoro con le sue sole forze e madre eccellente. Potrei continuare, forse, ma penso che possa bastare. L'ho sempre stimata per tutto questo, ma forse non ho mai saputo dimostrarglielo. Al contempo è perseverante e non accetta di aver torto in un dibattito; dice di non sbagliare mai e, anche se riconosce il torto, nega l'evidenza. Quando gliel'ho fatto notare, è stato sempre peggio.


    Ciò che mi ha dato sempre fastidio è che i miei gusti non avevano significato; poiché non rientrano nello standard, possono passare in secondo piano. Ad esempio, a me piace la musica classica, il jazz, il blues e il rock; a lei no, quindi non posso ascoltarli se non con le cuffie. Però, visto che a me della TV che guarda lei non piace quasi nulla, se vado a letto si arrabbia dicendo che non mi va di stare con lei, e via discorrendo. In poche parole, abbiamo gusti diametralmente opposti e tutto ciò si nota quando restiamo da soli qualche giorno. Si sta tesi perché non si riesce a fare niente insieme: se tutto ciò prima era sopportabile per l'amore dei figli, ora è lì davanti a noi come uno spettro che ci segue costantemente.


    Non andremo mai a un concerto di Vivaldi perché lei dice che quella musica la annoia, ma non andremmo mai insieme ad assistere allo spettacolo di uno dei suoi cantanti preferiti perché io uscirei pazzo. Nessuno di noi due si è mai piegato all'altro, probabilmente perché sembrerebbe una privazione della nostra libertà e, con il nostro carattere, non passerebbe. Ad ogni modo, ci si farà una ragione di tutto questo, ci si armerà di un bel pettine e si proverà a non notare i nodi, oppure ci si renderà conto dell'abisso che ci separa e si andrà ognuno per la propria strada.

    Cerco di rispondere a tutti, e intanto grazie.


    Da bambino ho visto cose assurde, mio padre era un violento, cioè menava perché non sapeva fare altro. Tutti abbiamo subito, mia sorella, di 8 anni più grande di me, e mio fratello di 4, loro hanno vissuto cose assurde. Io ero più ribelle e scaltro, ma le prendevo comunque: una volta ci stavo rimettendo un timpano, un'altra volta ho preso 2 colpi di martello in testa. In tutto ciò, mia madre, essere superiore, donna di grande intelletto, visionaria, bellissima, non poteva far altro che intromettersi e prenderle pure lei. C'era però mio fratello minore, più piccolo di me di 4 anni, che adoravo, e non sopportavo l'idea che anche a lui potesse capitare la stessa sorte. Già purtroppo era passato sotto il torchio alcune volte. Così, all'età di 14-15 anni, forte della mia mole che crebbe all'improvviso, una sera, quando lui si fece trovare al passo per la solita solfa della mezz'ora di ritardo e poi giù botte, quella sera la porta la chiusi io, e mi misi pure la chiave in tasca. Finì la storia: non alzò più un dito, e non ci fu bisogno di menarlo, bastò assaggiare la differenza di forza tra me e lui.


    In tutto questo, mia madre cosa ci faceva lì. Creatura spirituale, poetessa anonima (ho ancora tutti i suoi scritti con me), dolce, che cercava di infondere sempre speranza e amore. Faceva finta di non soffrire, ma al contempo ci faceva notare tutto il suo disprezzo, e noi lo percepivamo, in silenzio, covando per tutta la vita un odio profondo e smisurato, che però non ha mai trovato sfogo. Lui, a 84 anni, è ancora qui, accudito e in salute (detto da mia madre sul letto di morte: "Non lasciarlo da solo" e "Abbi pietà"). Come ci era finita lì ce lo disse: circostanze della vita, ovviamente. Lei, somma anima, ha sofferto tutta la vita e gioiva solo per noi. All'età di 44 anni mancò un anno da casa, per un tumore che superò nonostante la diagnosi, e poi ci raccontò quante volte pensò di lasciarsi andare aprendo quella finestra, per poi tornare a battersi per noi. Tornò, e il giorno dopo riprese a lavorare. Gran lavoratrice, si può dire che lei tirava il carretto. Avevano una lavanderia e lei ci era nata perché sua madre a suo tempo faceva quel mestiere, lui soltanto si aggregò.


    I miei figli ovviamente la adoravano, a turno tutti e tre goderono di quella linfa speciale, e le due femminucce ne erano dipendenti. All'età di 80 anni, circa 5 anni fa, si ripresentò il tumore al colon, stavolta per portarsela via. In un mese e mezzo spiccò il volo per sempre. Neanche in quella circostanza la vidi mai abbattersi, ci diceva soltanto che era stanca e voleva solo farsi abbracciare dallo spirito divino. Lei religiosa, ma solo nel profondo (non praticante), a suo tempo si era fatta un abito monacale e volle che quello fosse il suo ultimo vestito, e così fu seppellita, scalza, con un rosario in grembo tra le mani incrociate, come la suora che avrebbe voluto essere da sempre. Oh che tristezza, le mie figlie ancora ne pagano l'assenza.


    Potrei vivere il resto dei miei giorni ricordando tutto il suo amore, e avrei una vita piena.


    Sto raccontando questo perché penso di aver assunto un ruolo ambiguo con i miei figli: coprendoli di amore e dolcezza il più possibile per affermare il ruolo di mia madre in questo mondo, e non sapendo mai neanche rimproverarli, per negare assolutamente l'esistenza di mio padre. Ebbene, mia moglie questo non lo ha mai accettato. Ha sempre sostenuto che dovevo essere più duro e meno accondiscendente. Ma non ci sono mai riuscito, non potevo dare neanche un ceffone, avevo paura di fare loro troppo male, come il male che faceva a me, paura di terrorizzarli come il terrore che avevo io di mio padre. E sì, capisco che non si può accettare, ma è così. Però mai assente, sempre pronto, ma no, non bastava, accidenti a me.


    Potrei trascorrere il resto dei miei giorni pensando a quanto amore ho ricevuto dai miei figli, e sarei colmo fino all'orlo di gioia e serenità.


    Tutte le sere, fino a quando la più piccola non ha avuto i suoi 11 anni e la più grande 13, giù nel lettone, a raccontare storielle e a inventarle per loro, e inventarcele insieme. Ne abbiamo ancora una in mente, che avevano iniziato a scrivere per quanto gli piaceva, perché avrebbero voluto farne un libretto per bambini, dicevano. Che miracolo sono i bambini, quanto tristi si diventa da adulti. Continuai a raccontarle e inventarle anche quando mia madre era su, al piano di sopra, morente. Mi sono sforzato fino all'ultimo di tenerle il più allegre possibile e, mea culpa, tentando di distrarle dall'imminente rovina, rendendomi al contempo assente verso mia madre. Lei, perla in questo universo, stava andando via per sempre mentre io raccontavo storielle, accidenti a me. Avrei dovuto stare lì con lei e avere il coraggio di osservare i suoi ultimi cenni e ascoltare le sue ultime parole farfugliate nell'incoscienza. Chiamava sua mamma bisbigliando, come se la vedesse: "Mamma, mamma", così mi dissero coloro che l'assistettero.


    Che tutto si compia, e che ogni cosa trovi posto. Che tutto si compia, e che ognuno di noi trovi riscontro per cosa ha fatto in questa vita. Lei è volata nel suo paradiso, e se anch'io non finirò per crederci, l'avrò persa per sempre.

    Ciao Tanus1975, sicuramente descrivi un matrimonio lungo e infelice ed è impossibile darti consigli come sconosciuto su Internet. Le relazioni tossiche di qualsiasi tipo sono difficili da sistemare ed è altrettanto difficile uscirne, ma come dici tu stesso vorresti stare da solo e non pensarci più. Hai tre figli grandi e forse è il momento di rompere il nido, sei stato un padre presente e potrai continuare ad esserlo anche da divorziato, probabilmente anche di più se riesci a trovare la serenità. Difficilmente potrai trovarla con tua moglie dopo quasi trent'anni di litigi e tensione.

    Grazie. Non so cosa pensare. La cosa più difficile è il fatto che lei mi ha detto chiaramente che in caso di separazione non avremo più contatti, e alla mia opposizione, motivata dal fatto che abbiamo comunque 3 figli e dovremmo parlare e tenere il contatto aperto, la sua risposta è sempre un no categorico. Questo è stato il motivo per cui, dopo essermi allontanato da casa per quasi 2 mesi, sono rientrato e attualmente sono a casa. Ma sto nuovamente male. Mi sono sforzato di pensare positivamente, e devo dire che lei sta facendo di tutto per agevolare, ma non riesco a farmi una ragione per cui, dopo 24 anni, si stia provando a cercare di andare d'accordo solo ora che si intravede il capolinea.


    Circa 12 anni fa ho sofferto di una depressione profondissima, durata quasi 2 anni, e scaturita da un problema economico mal gestito, di cui mi sono sentito responsabile anche per il suo modo di affrontare l'argomento. Capisco le sue paure, perché con figli i problemi economici sono terribili, ma non ho accettato certi atteggiamenti e ci sono caduto dentro. All'improvviso il mondo è cambiato per me, la felicità è svanita, non riuscivo più neanche a uscire di casa, e se lo facevo avevo bisogno di qualcuno perché vacillavo. Quando un giorno provai a portare i bambini al parco, a metà strada un attacco di panico devastante mi mise in ginocchio. Feci appena in tempo a tornare a casa con i bambini in braccio, mi chiusi in bagno e pensavo di morire. Nella fase più acuta avevo paura di stare da solo perché temevo di fare cose estreme.


    Ho lottato contro tutto questo. La mia fortuna è stata lo yoga, che ho iniziato a praticare all'età di 22 anni e che pratico ogni giorno da allora. Due o tre crisi al giorno le ho gestite per tutto quel tempo grazie alla respirazione controllata e all'hatha yoga. Non mi sono rivolto a uno specialista per paura che mi impedissero di avvicinarmi ai bambini, dato lo stadio della malattia, e non ho preso alcun farmaco. Sono solo rimasto in attesa che quell'onda nera che mi aveva investito defluisse, e così è avvenuto, poco a poco, quando la situazione economica migliorava. Un giorno il sole è tornato a splendere. Neanche i bambini seppero nulla: glielo dissi solo quando crebbero, qualche anno fa.


    Posso dire di avere paura di ricascarci. Ci sono delle forze in gioco, dettate dalle tensioni che scaturiscono in una separazione non consensuale. Mi sento responsabile, ancora una volta, di farla soffrire se vado via, e che i miei figli, in qualche modo, possano attribuirmi la colpa. In questo momento, lo stomaco è in subbuglio, quasi tutto il giorno. Riconosco i sintomi e ho un po' di paura di stare in mezzo a troppa gente, ho anche poca voglia di lavorare. Quello che ho passato allora non lo augurerei alla peggiore delle persone. No, non voglio cascarci nuovamente.

    Salve a tutti. Ho 49 anni, sposato con figli quasi tutti adulti. Sto vivendo un periodaccio. Ultimamente il rapporto con mia moglie mi sembra peggiore del solito. Non siamo mai stati una coppia modello, molto litigiosi per intenderci. Siamo sempre stati entrambi molto impegnati sia nel lavoro che nella famiglia. Credo che il fatto di non esserci mai concessi degli spazi per noi alla lunga stia pagando. Dico questo perché diversamente avremmo potuto riflettere su noi stessi e, chissà, magari migliorare il rapporto o riconoscerlo non idoneo. Oggi mi rendo conto di quanto malsano sia stato. Anche volendoci bene e volendocene anche ora, siamo stati sempre in lotta per ogni cosa: l'educazione dei figli, la gestione dei fondi e qualsiasi argomento si trattasse pubblicamente in presenza dei figli o di estranei. Lei trovava una falla se parlavo io e viceversa, e i nostri figli ce ne hanno parlato quando qualche mese fa mi allontanai da casa e per quasi due mesi, avevo fatto capire che non sarei tornato, ma poi invece...


    In sostanza, da più di un anno ormai non riesco ad avere rapporti con lei. È come se da parte mia ci fosse un rifiuto. Credo che tutto ebbe inizio quando, dopo la morte di mia madre, evento terribile per tutti noi vista la figura che era venuta a mancare e il legame che le nostre ultime due figlie, che all'epoca avevano 11 e 14 anni, avevano con lei (ci sarebbe molto da scrivere su questo ma in questa sede salto), ecco dicevo, in quel periodo lei aveva manifestato di volere un altro figlio. Io non volevo, mi sentivo arrivato da quel punto di vista. Avevo dedicato ogni attimo possibile ai nostri figli e in quel momento mi sentivo abbastanza sereno. Nel mio lavoro ero realizzato, lo adoravo (sono un artigiano allora neofita) e mi ritenevo troppo impegnato da potermi sentire pronto ad affrontare un'esperienza così potente. Ma un giorno lei mi comunicò di essere incinta, e lì ho reagito malissimo lasciando intendere che pensavo lo avesse pianificato da tempo, parole che mi rimangiai subito ma purtroppo ormai era fatta. Ero stato bollato come uno che rinnega la prole e quando dopo due mesi ebbe un aborto spontaneo, anche se già mi ero immedesimato in quella nuova esperienza e in quella nuova vita in arrivo, riprendendo a fare sport per rimettermi in forze e dimostrare di sentirmi pronto, lei mi disse che tanto io non lo volevo...


    È iniziato così un trambusto di anime in fiamme. Lei soffriva la perdita, io che da padre modello quale mi definivano tutti, all'improvviso mi sentivo sporco, marchiato. E nonostante dentro di me sapevo che sì, avevo avuto timore di riprendere quei ritmi che una nuova nascita richiede, allo stesso modo già amavo quella creatura. Oh Dio, se sapeste quanto mi sento travolto dall'amore che provo verso i miei figli, neanche voi credereste che io avessi potuto anche solo per un attimo desiderarlo davvero, ma il dubbio era calato dentro di me e ad un tratto anch'io dubitai e misi tutto in discussione: la verità che non fossi affatto un padre modello ma solo troppo ansioso, invadente, incapace di dire no, sempre disponibile a fare di tutto per farli divertire anche solo per vederli gioire, ma probabilmente non un buon educatore. A volte penso che loro mi vedano come un pagliaccio, sempre pronto a far ridere tutti a ogni costo... forse perché dipendo troppo dall'umore altrui. Sì, credo che sia una mia debolezza e credo che non sia affatto cosa buona.


    Ovvero, se mia moglie era imbronciata con me, non riuscivo a sentirmi sereno e facevo di tutto per farglielo passare anche se ero sicuro di non aver fatto nulla di male, solo per andare al lavoro tranquillo. Ma se accidenti non ci riuscivo, allora mi chiudevo terribilmente, mi arrabbiavo e non riuscivo a credere che, nonostante tutti gli sforzi, lei potesse ancora fare l'offesa malgrado la mia sicura innocenza. E così durava giorni e ciclicamente avveniva. Oggi, dopo 24 anni di convivenza, non riesco a metterci una pietra sopra. Gli effetti di tutto questo accumulo di veleno si sono visti quando due anni e mezzo fa la nostra secondogenita andò a convivere, momento difficile perché si era appena diplomata e ciò significava addio agli studi, anche se invece dopo un anno accettò di riprendere e tuttora sta proseguendo bene, e dopo neanche un anno il nostro primogenito andò via per lavoro e lui effettivamente ha abbandonato il percorso di studi. Quindi ci ritroviamo quasi da soli, resta la nostra ultima che ha 17 anni.


    Io ho subito un colpo tremendo. Ho iniziato desiderando di voler cambiare casa, tagliare col passato visto che in quella casa ci sono nato e cresciuto e tutto il resto, poi rincorrendo opportunità lavorative vicino ai miei figli, ma tutta fantasia, la mia solita fantasia per non crollare e ammettere la realtà. Sì, da allora ho cominciato a sentire quanto, con la scusa di farlo per i figli, ci eravamo detestati l'un l'altro. Non abbiamo saputo cogliere l'opportunità di amarci davvero e ora, scoperchiato il pozzo, è dura. Lei non accetta che possa finire e mi ha riaccolto per due volte. E io perché sono tornato? Perché lei chiudeva tutti i ponti, nessun contatto, e no, così non ce la faccio. Inoltre non voglio che lei soffra, perché questo succede, lei ne soffrirebbe, mentre io rimpiangerei solo di non averla più al mio fianco come avrei voluto e di aver fatto del male. Non sono religioso, fondamentalmente mi sento solo in questo mondo, ma il mio principio è sempre stato quello di non far del male a nessuno. E caduto anche questo pilastro della mia esistenza, mi sentirei una nullità totale.


    Quindi, in questo momento, in cui le sto dicendo che prima o poi tutto si sistemerà (perché ancora non abbiamo rapporti anche se lei lo vorrebbe), sento di stare svolgendo un ruolo che mi sono imposto, ancora una volta per non fare del male, ma sento di sguazzare dentro il mio stesso tossico perché sto male. Vorrei stare da solo e non pensarci più...