Cerco di rispondere a tutti, e intanto grazie.
Da bambino ho visto cose assurde, mio padre era un violento, cioè menava perché non sapeva fare altro. Tutti abbiamo subito, mia sorella, di 8 anni più grande di me, e mio fratello di 4, loro hanno vissuto cose assurde. Io ero più ribelle e scaltro, ma le prendevo comunque: una volta ci stavo rimettendo un timpano, un'altra volta ho preso 2 colpi di martello in testa. In tutto ciò, mia madre, essere superiore, donna di grande intelletto, visionaria, bellissima, non poteva far altro che intromettersi e prenderle pure lei. C'era però mio fratello minore, più piccolo di me di 4 anni, che adoravo, e non sopportavo l'idea che anche a lui potesse capitare la stessa sorte. Già purtroppo era passato sotto il torchio alcune volte. Così, all'età di 14-15 anni, forte della mia mole che crebbe all'improvviso, una sera, quando lui si fece trovare al passo per la solita solfa della mezz'ora di ritardo e poi giù botte, quella sera la porta la chiusi io, e mi misi pure la chiave in tasca. Finì la storia: non alzò più un dito, e non ci fu bisogno di menarlo, bastò assaggiare la differenza di forza tra me e lui.
In tutto questo, mia madre cosa ci faceva lì. Creatura spirituale, poetessa anonima (ho ancora tutti i suoi scritti con me), dolce, che cercava di infondere sempre speranza e amore. Faceva finta di non soffrire, ma al contempo ci faceva notare tutto il suo disprezzo, e noi lo percepivamo, in silenzio, covando per tutta la vita un odio profondo e smisurato, che però non ha mai trovato sfogo. Lui, a 84 anni, è ancora qui, accudito e in salute (detto da mia madre sul letto di morte: "Non lasciarlo da solo" e "Abbi pietà"). Come ci era finita lì ce lo disse: circostanze della vita, ovviamente. Lei, somma anima, ha sofferto tutta la vita e gioiva solo per noi. All'età di 44 anni mancò un anno da casa, per un tumore che superò nonostante la diagnosi, e poi ci raccontò quante volte pensò di lasciarsi andare aprendo quella finestra, per poi tornare a battersi per noi. Tornò, e il giorno dopo riprese a lavorare. Gran lavoratrice, si può dire che lei tirava il carretto. Avevano una lavanderia e lei ci era nata perché sua madre a suo tempo faceva quel mestiere, lui soltanto si aggregò.
I miei figli ovviamente la adoravano, a turno tutti e tre goderono di quella linfa speciale, e le due femminucce ne erano dipendenti. All'età di 80 anni, circa 5 anni fa, si ripresentò il tumore al colon, stavolta per portarsela via. In un mese e mezzo spiccò il volo per sempre. Neanche in quella circostanza la vidi mai abbattersi, ci diceva soltanto che era stanca e voleva solo farsi abbracciare dallo spirito divino. Lei religiosa, ma solo nel profondo (non praticante), a suo tempo si era fatta un abito monacale e volle che quello fosse il suo ultimo vestito, e così fu seppellita, scalza, con un rosario in grembo tra le mani incrociate, come la suora che avrebbe voluto essere da sempre. Oh che tristezza, le mie figlie ancora ne pagano l'assenza.
Potrei vivere il resto dei miei giorni ricordando tutto il suo amore, e avrei una vita piena.
Sto raccontando questo perché penso di aver assunto un ruolo ambiguo con i miei figli: coprendoli di amore e dolcezza il più possibile per affermare il ruolo di mia madre in questo mondo, e non sapendo mai neanche rimproverarli, per negare assolutamente l'esistenza di mio padre. Ebbene, mia moglie questo non lo ha mai accettato. Ha sempre sostenuto che dovevo essere più duro e meno accondiscendente. Ma non ci sono mai riuscito, non potevo dare neanche un ceffone, avevo paura di fare loro troppo male, come il male che faceva a me, paura di terrorizzarli come il terrore che avevo io di mio padre. E sì, capisco che non si può accettare, ma è così. Però mai assente, sempre pronto, ma no, non bastava, accidenti a me.
Potrei trascorrere il resto dei miei giorni pensando a quanto amore ho ricevuto dai miei figli, e sarei colmo fino all'orlo di gioia e serenità.
Tutte le sere, fino a quando la più piccola non ha avuto i suoi 11 anni e la più grande 13, giù nel lettone, a raccontare storielle e a inventarle per loro, e inventarcele insieme. Ne abbiamo ancora una in mente, che avevano iniziato a scrivere per quanto gli piaceva, perché avrebbero voluto farne un libretto per bambini, dicevano. Che miracolo sono i bambini, quanto tristi si diventa da adulti. Continuai a raccontarle e inventarle anche quando mia madre era su, al piano di sopra, morente. Mi sono sforzato fino all'ultimo di tenerle il più allegre possibile e, mea culpa, tentando di distrarle dall'imminente rovina, rendendomi al contempo assente verso mia madre. Lei, perla in questo universo, stava andando via per sempre mentre io raccontavo storielle, accidenti a me. Avrei dovuto stare lì con lei e avere il coraggio di osservare i suoi ultimi cenni e ascoltare le sue ultime parole farfugliate nell'incoscienza. Chiamava sua mamma bisbigliando, come se la vedesse: "Mamma, mamma", così mi dissero coloro che l'assistettero.
Che tutto si compia, e che ogni cosa trovi posto. Che tutto si compia, e che ognuno di noi trovi riscontro per cosa ha fatto in questa vita. Lei è volata nel suo paradiso, e se anch'io non finirò per crederci, l'avrò persa per sempre.