Ed ecco che dopo circa un mese da quando ho espresso la mia voglia di cambiare il mio modo di vivere i miei buoni propositi sono andati allegramente a quel paese. Forse sono addirittura peggiorato a causa di problemi personali conseguenziali al lutto che aveva scatenato il mio desiderio di cambiamento. La verità è che proprio non riesco ad empatizzare con altre persone. Posso fare finta di farlo per breve tempo ma poi la necessità di andare a rintanarmi nel mio mondo si fa schiacciante. Ho bruciato sistematicamente tutte le occasioni di cambiamento che mi sono capitate, pur sapendo che avrei potuto sfruttarle e anche come farlo. Ma niente. Alla fine sono qualche passo indietro rispetto al punto di partenza e va bene così. In fondo è la mia comfort zone... non è facile trovarne un'altra.
Messaggi di winstonsmith1
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Ok, vita normale. Però facendo un confronto con qualcun altro. Ad esempio un mio collega. Ora, ok, lui è dov'è in questo momento perché ci lavora da anni, ha fatto "gavetta". Però io in quella posizione, per vari motivi, non sono riuscito ad arrivarci. Intendo una posizione lavorativa ottima, invidiabile, anche se ha pochi anni in più di me. Anche in ambito "donne" lo vedo più avanti rispetto a me.
Dico che tanto "normale" non è. O meglio, forse ci sono persone nella mia condizione. Ma anche molte altre, tipo mio collega, che se la passano meglio. Magari sono riusciti a costruire quello che hanno in anni di lavoro e perseveranza. Cosa che io non sono riuscito a fare.
C'è chi riesce a costruire qualcosa e chi no. Pare trovarsi sempre punto e accapo. Semplicemente per sfortuna, mancanza di volontà oppure perché proprio non ha qualità adatte.
Ovviamente è normale e lo spiega proprio la legge dei grandi numeri che citi. I numeri cambiano ma le percentuali no. Mi spiego meglio... se pensi di avere una percentuale di successo dell'1% significa che (per esempio) mandando 100 CV ti chiameranno 1 volta, se ne manderai 1000 ti chiameranno 10 volte, se ne manderai 10000 ti chiameranno 100 volte e sarai AMPIAMENTE nelle condizioni di scegliere. Sempre di 1% parliamo ma i numeri reali sono molto diversi. In pratica continuando a perseverare i risultati arriveranno. Ho fatto l'esempio del lavoro ma ovviamente lo puoi riportare anche in altri ambiti. I tuoi amici e colleghi probabilmente hanno solo iniziato prima. Poi c'è anche il fattore "le vite degli altri sono meglio della mia" anche se non lo sappiamo con certezza e magari se parli con i tuoi fantomatici punti di riferimento anche loro ti invidiano qualcosa. Oltre a questo aggiungo che i numeri vanno anche interpretati e da cosa nasce cosa. Ovvero iniziando a lavorare o a conoscere persone si creano occasioni che sono di solito qualitativamente migliori rispetto a quelle da cui siamo partiti. In altre parole non mollare. Le partenze sono sempre complicate ma poi si migliora.
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Innanzitutto, sai perché sei così? Ne conosci le cause fin nel dettaglio?
Sono così per scelta mia. In fondo da solo sta bene e lo sono sempre stato. Poi il lutto ha scardinato in me alcuni punti fermi e mi ha dato la sensazione di stare sprecando un tempo che davo per scontato essere sufficiente per procrastinare quanto volevo (ovviamente è una scusa) e che invece può finire in qualsiasi momento. Da qui il desiderio odi provare a vivere in modo diverso ma ormai le mie abitudini sono parecchio radicate e anche volendo non riesco a cambiare.
Leggi "smetti di pensare troppo" di Nick Trenton
Come mai hai voluto incrementare questa capacità?
Se hai incrementato questa capacità non pensi di poter fare la stessa cosa aprendoti alla socializzazione?
Infine mi dispiace per il tuo lutto. Un abbraccio.
Ho incrementato questa capacità in anni e anni perchè mi stava bene così. Sto provando a fare l'operazione inversa ma ho l'impressione che ci vorranno altrettanti anni per ottenere dei risultati. Poi se devo dirla tutta per me diventare socievole nel vero senso del termine sarà impossibile. Mi basterebbe riuscire a non sentirmi a disagio in mezzo alle persone.
Innanzitutto Benvenuto nel gruppo
Tutti facciamo ogni giorno qualcosa di inadeguato. Non essere così severo con te stesso.
Se ti capita di essere con altri, hai mai provato a sdrammatizzare sorridendo, a prenderti in giro, tu per primo, rendendo tutto più leggero?
Credimi, funziona.
Hai deciso di scrivere in questo thread, vuol dire che la condizione che ti sei creato nel tempo non ti sta più bene.
Mi spiace molto che a darti una scossa sia stato un lutto, ma a questo punto prendine atto e coglila come spinta per cominciare a cambiare.
Piano, piano, un passo ogni giorno. Se non ci riesci da solo, fatti aiutare. Il mondo è bello là fuori.
Hai mai pensato di fare volontariato? Con gli animali, con le persone. Quello che più ti ispira. Dedicare una piccola parte del tuo tempo per renderti utile agli altri ti fa trovare il sentiero per uscire dal recinto che ti sei creato. Quel sentiero poi diventerà una strada. L'importare è cominciare.
Aspettiamo tue notizie, con noi ti sentirai meno solo....
Un abbraccio.
Credo di essermi spiegato male. Non sono uno che sta chiuso in casa tutto il giorno. Lavoro a contatto con il pubblico, mi capita spesso di parlare in pubblico, faccio sport regolarmente, ho famiglia e vedo tantissime persone. Ma non condivido nulla con nessuno di loro. I miei colleghi di lavoro non sanno niente della mia vita fuori dall'ufficio. In palestra ci sono voluti anni prima di sapere i nomi delle persone che vedevo ogni giorno e li ho scoperti solo grazie all'applicazione per le prenotazioni. In famiglia meno parlo e meglio è. La mia solitudine non è fisica ma mentale. Sono molto più solo quando sono con gli altri ed è così perchè per anni ho fatto di tutto perchè fosse così. Ho la piena responsabilità dei miei problemi e lo so. Sono un vero professionista della solitudine. Solo che adesso che vorrei cambiare registro ma non riesco a sbloccare le porte che mi sono chiuso intorno.
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Sono solo. Sempre. Soprattutto se sono in compagnia. Principalmente per scelta personale. Ad un certo punto della mia vita ho deciso che non ero in grado di avere rapporti con altri esseri umani e li ho ridotti all'osso. Il semplice fatto di poter dire o fare qualcosa di inadeguato mi distrugge dentro; se poi mi rendo conto di averlo fatto, i sensi di colpa mi devastano e non ci dormo per giorni. Anche se oggettivamente si tratta di aver detto una stupidaggine, di quelle che capita a tutti di dire per farsi una risata. Negli anni ho costruito dei muri intorno a me che adesso sono così alti da non riuscire più a uscirne, anche se adesso vorrei. Mi rendo conto perfettamente di essere io a rifiutare le altre persone e non viceversa.
Riesco a essere invisibile al mondo, una capacità che ho affinato negli anni. Paradossalmente per lavoro mi capita spesso di parlare in pubblico, ma in questi frangenti non ho alcun problema perché è come se recitassi un ruolo e diventassi un'altra persona limitatamente al tempo necessario per concludere quello che devo fare. Poi torno a chiudermi nel mio mondo, praticamente a chiave. Tanto c'è tempo per cambiare.
Ultimamente, però, ho subito un grave lutto. Ho visto a mie spese che il tempo che abbiamo a disposizione è semplicemente incontrollabile. Ad un certo punto è finito ed era troppo tardi, senza preavviso. Sono rimasto con mille cose irrisolte e di fatto irrisolvibili, che si traducono in un cumulo di rimpianti e sensi di colpa con i quali dovrò imparare a convivere. Vista l'esperienza ho deciso di cambiare il mio modo di fare, ma sto riscontrando pesantissime difficoltà. Sono trent'anni che sto chiuso e adesso praticamente provo fastidio a stare in mezzo agli altri. Ho un disagio perenne in quelle situazioni che di solito servono a divertirsi o svagarsi. Aperitivo? No grazie. Discoteca? Mai al mondo. Cena con amici? Non più di sei persone. Potrei continuare, ma credo che il problema sia chiaro.
Penso di non essere l'unico ad avere questo genere di problemi. Se provo a fare uno sforzo per uscire dal mio guscio poi lo vivo malissimo perché sono eccessivamente autocondizionato. Voi avete qualche consiglio?
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Il lavaggio del cervello si esprimeva semplicemente nell'essere "trattata come". Come una stupida, come una povera incapace. Da bambina, anzi, me lo dicevano chiaramente. Non so se già all'epoca avessi intuito che era più conveniente diventare stupida, sia per compiacere le aspettative famigliari, sia perché nella vita è meglio non avere materia grigia. Ci sono dei segni nella mia infanzia, come dicevo, del fatto che stupida non ero, ma così sono sempre stata condizionata. Mio papà mi faceva un bullismo sperticato su questo punto. I miei parenti paterni erano "limitati", non molto empatici, e io ero il fulcro di ostilità fra la famiglia di mia madre e quella di mio padre. Ma anche in famiglia di mia mamma dovevo essere quella scema perché il ruolo del genio era già stato assegnato a mia sorella.
Anche io sono sempre stato il figlio piccolo che non capisce niente e questo mi ha particolarmente segnato negli anni. Per quanto abbia trovato la mia strada, dentro di me sono sempre quello che non merita, non può, non ce la può fare, ecc. E questa cosa, con cui in qualche modo convivo, non se ne andrà mai. Però, oltre che dei miei limiti, sono anche consapevole dei miei punti di forza, che però non riesco (voglio) valorizzare o fare vedere. Da quello che scrivi e come scrivi, anche tu sembri assolutamente consapevole di quella che è la tua reale intelligenza e di quelle che possono essere le tue capacità. Devi imparare a sfruttarle e lasciarti scivolare addosso quello che dicono o pensano gli altri. Se il 993 del nick è riferito all'anno di nascita, allora sono abbastanza più grande di te e mi permetto di darti un consiglio da fratello maggiore: fregatene di tutti e vivi la tua vita! Si può fare, nonostante i condizionamenti (che non si scollano), si può fare. È chiaro che molti dei limiti che hai sono in realtà autoimposti. Ti hanno detto cattiverie così tante volte che alla fine ci hai creduto anche tu, ma in fondo lo sai che non sono cose vere (perché tu stessa lo scrivi) e devi ripartire da qui. Le paure e il senso di inadeguatezza probabilmente rimarranno, ma non devono essere delle scuse per non fare quello che vuoi e che ti piace. La vita è tua: RIPRENDITELA!
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Ti sono vicina, perchè anche se mia mamma è ancora in vita, avendo subito e subendo molto, e avendo molti sospesi con lei che non riesco a gestire e risolvere, penso spesso che se un domani venisse a mancare (metto il se perchè...nella vita, non si sa mai, come mi ha detto una volta al culmine di una discussione, potrei morire prima io!) ecco mi sentirei come ti senti tu.
Ho già perso mio padre e le cose irrisolte con lui pesano come macigni anche a distanza di moltissimi anni.
Con lui però l'affetto era ed è profondo e incondizionato e la differenza è notevole in questi casi.
Devi sicuramente accogliere tutto ciò che provi...non scappare dai sentimenti che provi, li devi accogliere e lasciare che facciano il loro lavoro. Quindici giorni non sono nulla. Devi darti il tempo di elaborare, accettare, e se puoi perdonare, e poi lasciare andare. Non tutto si può controllare nella vita, anzi...ben poco.
Ho difficoltà ad accogliere i miei sentimenti già in condizioni normali, figuriamoci adesso. Però non ci sono molte alternative, né strade da percorrere. Dalla morte non si torna indietro e i sospesi mi resteranno davanti agli occhi per sempre.
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Mia madre è andata via esattamente 15 giorni fa. Una brutta malattia. Praticamente 20 giorni fa non sapevamo nemmeno che questa malattia ci fosse e adesso i giochi sono fatti e abbiamo decisamente perso. Tutto è avvenuto troppo in fretta. Non è stato un bel modo di andarsene. È morta da sola, terrorizzata e di certo anche molto arrabbiata. Non certo come meritava, ma sappiamo tutti che la vita è ingiusta.
I rapporti con lei erano freddi da diversi anni, anche se non avevamo mai veramente litigato. Però non riuscivo a tollerare molti suoi atteggiamenti nei miei confronti. Ho già superato i 40 da parecchio tempo, ma da quando ho memoria mi sono sempre sentito come quello piccolo che non capisce niente (ho fratelli più grandi). Come l'incapace della situazione. Il "lascia perdere", "non ce la puoi fare", "non ne vale la pena" mi hanno sempre accompagnato... SEMPRE. Non penso lo facesse con cattiveria, forse più per un eccesso di apprensività, ma i miei problemi di autostima vengono da lì. E sono tanti.
Già dall'adolescenza ero stanco ed ho iniziato a parlare sempre meno e a chiudermi in me stesso quasi totalmente. Ho 2 o 3 amici, poca vita sociale, un rifiuto totale dei social (che ovviamente non ho) e serie difficoltà ad espormi perché tanto non sarei all'altezza. Perché "lascia perdere", "non ce la puoi fare", "non ne vale la pena" sono un blocco totale. Eppure i risultati nella mia vita li ho raggiunti, ma me ne vergogno... paradossalmente ce l'ho fatta anche se non ce la potevo fare e provo vergogna per questo. Se ricevo un complimento lo sminuisco subito, se qualcuno prova ad avvicinarsi io scappo.
Quando, ormai quasi 20 anni fa, mi sono messo in proprio e ho iniziato una mia attività, non mi ha sostenuto nessuno della famiglia, anzi. Io sono andato per la mia strada. Negli anni nessuno ha saputo che lavoro facessi, anche se non era un segreto. Una volta ho erroneamente accennato al fatto che le cose mi andavano discretamente ed è stata una tragedia. Mi hanno praticamente imposto alcune cose e rinfacciato altre. Ovviamente, negli anni, quasi tutte le volte che ho provato a fare notare che qualcosa di positivo potevo concluderla mi si sono ritorte contro, ma questa volta è stata troppo pesante. Ho ridotto i rapporti al minimo. Chiamata quasi tutti i giorni, ma non più dei convenevoli standard.
D'altra parte non sono mai stato il figlio prioritario. MAI. Mi è anche stato detto abbastanza chiaramente. Io mi ero abituato alla cosa e non mi dava nemmeno più tanto fastidio, o almeno facevo finta che fosse così. Non era vero. Sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontare la cosa, ma davo per scontato di avere tempo per farlo. Poi il tempo è finito. E sono rimasto con dei mostri dentro con cui dovrò reimparare a convivere. Io volevo bene a mia madre, molto. Nonostante quello che ho scritto, non ritengo di essere stato trattato male, ma riconosco che molti dei miei blocchi e problemi vengono dal suo modo di fare e da come sono stato cresciuto.
Sono quello che viene dopo, che deve aspettare il suo turno e che prende quello che avanza, se avanza. Sono questo e sono così. E da giorni non capisco esattamente cosa mi fa soffrire realmente... se il fatto che non ci sia più, il fatto di avere così tanti sospesi, il dubbio di avere gestito male la sua malattia (potevo portarla da un altro medico o in un altro ospedale o chissà come poteva andare se solo...), il dubbio (o forse qualcosa di più) di non essere stato un buon figlio. Ancora non capisco e forse non capirò mai.
Per la maggior parte del tempo faccio finta di niente, ma ogni tanto la botta arriva e ho qualche crollo. Basta una parola che mi fa pensare, una canzone che sblocca qualche ricordo o qualche altro input inaspettato per dover scappare da qualche parte a riprendermi. Ma la vita continua e non credo che ci sia soluzione a questo problema. Forse il tempo risolverà... ammesso che non finisca senza preavviso come è già successo.