Messaggi di Didi73

    Hai ragione. Lo sport nazionale è evitare di rispondere quando la risposta è 'scomoda' o richiede un certo impegno anche psicologico. A me capita spesso anche sul lavoro e ormai ho imparato a interpretare le mancate risposte.
    Altri popoli sono più corretti e gentili di noi, sigh.
    Questo per dire di non prenderla sul personale, magari non è un fatto strettamente collegato con la presenza di un bimbo disabile. Scommetto che se scrivi che hai un cagnolino, l'hotel si comporta allo stesso modo...

    No voglio proprio dire l'altro, il prossimo, chiunque/ qualsiasi cosa sia diverso da me. Il tuo titolo parlava di viaggio e io l'ho interpretato nel senso letterale. Si può considerare viaggio anche l'esplorazione dentro se stessi, ma non è la stessa cosa.

    Cerca di ironizzare. Quando mi capitano cose del genere, cioè che mi provocano odio, cerco di ridicolizzare persone e situazioni. Tipo immagina la signora mentre sta seduta sul wc, non ti fa ridere?!?

    Forse entrambe :-)
    La tua è un'argomentazione condivisibile, però ti sei dimenticata di concluderla lanciando la palla ad altri giocatori.
    Cioè la tua riflessione è finita, compiuta, chiusa. La leggo e posso pensare di essere d'accordo oppure no, ma non penso: l'autore vuole una risposta o vuole coinvolgermi.
    Almeno a me è sembrato così.

    Secondo me, il viaggio è un movimento fisico attraverso un tempo che consente di fare conoscenza con l'altro, il diverso. Questa conoscenza può condurre ad una trasformazione, ma non c'è trasformazione se non si entra in contatto con l'altro. Direi che la conoscenza che deriva dall'esperienza è il viaggio, più che l'esperienza in sé.

    Se lei ne è così convinta forse ha avuto dei riscontri da parte dei servizi sociali. Se ci sono dei punti dolenti, di solito questi vengono affrontati durante i colloqui preparatori.
    Forse la differenza di religione in famiglia non è ben gestita e potrebbe compromettere la serenità familiare.
    comunque spero che intanto la tua amica si sia calmata. Ciao.

    Di solito la presenza di bambini in famiglia è ben vista dai tribunale, ma potrebbe essere che il giudice abbia ritenuto l'arrivo di un fratello adottivo un fatto negativo per il bambino già presente.
    Potrebbero esserci malattie gravi in famiglia che rendono l'adozione impraticabile (nell'ottica della migliore scelta per il bimbo adottivo)?
    Oppure la tua amica ha un carattere fragile e quindi poco adatto ad affrontare le difficoltà psicologiche dell'essere madre adottiva e a sostenere quelle dell'ipotetico figlio adottivo.
    Senza sapere niente di questa richiesta di adozione, è come cercare un ago nel pagliaio :-)

    Ciao, come stai?
    Possono esserci tanti motivi per negare l'adozione, come dici tu. In realtà il Tribunale rilascia una sorta di autorizzazione che si chiama idoneità, con la quale poi si può fare richiesta ad un Paese straniero per un'adozione. Se l'idoneità viene negata, si può fare ricorso. Per la tua amica forse ancora c'è speranza.
    Nel caso invece l'adozione di cui parli sia di tipo nazionale, le cose sono un po' più complicate, perchè non c'è nessuna risposta o documento che dica 'ok puoi adottare' oppure 'niente da fare belli'. Se il tribunale non ritiene adatta una coppia, semplicemente non la chiamerà mai, quindi la coppia potrebbe stare lì ad aspettare in eterno, ma nessuno le comunicherà mai se può o non può adottare.

    Prendo spunto da una conversazione che ho avuto con Bruce su un altro thread, in cui in sintesi, lui dice di aver visto così tante brutture da poter sostenere che il mondo è malato, mentre io sostengo che al mondo c'è del bello e del brutto, dipende dai punti di visti, sostanzialmente sono in equilibrio fra loro.
    Ovviamente Bruce è rimasto della sua idea (oookay, mi arrendo, sei un super-eroe e il mondo fa schifo :D ),
    ma io mi dico che seduta qui, nella parte ricca del mondo, con la pancia piena e gli occhi davanti ad un computer, io non mi sento il diritto di dire che il mondo è malato o schifoso. Chi sono io per sputare nel piatto?
    Anzi, mi viene in mente una persona cara che ho perso anni fa e che, nonostante la grande sofferenza del cancro che se la portava via, sosteneva che la felicità è un dovere. Perchè la vita è breve e va usata bene.
    Secondo voi è così? O meglio secondo voi la felicità è un dovere o un diritto?