Messaggi di Tracy.3

    Sto rileggendo Don Chisciotte del Cervantes, ma questa volta in lingua...
    poi un biografia/intervista di Carmelo Bene, Contro il cinema (Carmelo Bene).
    Poi ho in corso L'idiota di Dostoevskij, e stasera terminerò Uno, nessuno centomila di Pirandello.

    Non più, essendo stata sempre instabile ho abbandonato tutto ciò che intraprendevo, ma ho suonato per 4 anni il pianoforte, per 3 anni la chitarra, per un brevissimo periodo la batteria (ma non ero in grado)...

    Ricordo perfettamente quella favola, mi piaceva la scena in cui cadeva...la immaginavo tranquilla, e la scena in cui c'era la porticina piccola credo mi abbia provocato in me la fobia per le cose in miniatura o più grandi del dovuto.
    Poi sì, la caduta mi ricorda altro...se trovo la chiave, magari...

    "Sì, me ne andai. Lo feci prima ancora di compiere vent’anni.


    Furono gli scrittori a portarmi via. London, Dreiser, Sherwood Anderson, Thomas
    Wolfe, Hemingway, Fitzgerald, Silone, Hamsun, Steimbeck. In trappola,
    barricato contro il buio e la solitudine della valle, me ne stavo lì coi libri
    della biblioteca pubblica impilati sul tavolo da cucina, solo, ad ascoltare il
    richiamo della voce dei libri, con la brama di altre città.


    Ero ormai sazio di biliardo, di poker, di s∙∙∙∙∙∙∙e dette
    con un boccale di birra in mano, di scappatelle con i compagni e le ragazze nel
    fitto di frutteti isolati, a smanacciare goffamente gonne e mutande, a
    smanacciare invano. Le donne erano belle ma esigenti, e uno se la prende
    facilmente a diciannove anni; pensa che le donne siano dolci e remissive ma poi
    si accorge che sono gatti di strada; e allora trova comprensione tra le
    baldracche, che sono meno bugiarde, e se uno ha fortuna impara pure a leggere.


    Il mio vecchio, quel figlio di p∙∙∙∙∙a, caracollando in casa
    con quel suo grugno fatto a vino, urla accendi la luce, va’ a letto, che
    diavolo ti è successo, e i libri erano un guaio e la mia mania allarmante, e
    poi quasi non ero più suo figlio. Trovati un lavoro, sbraitava, fa’ qualcosa di
    questa tua vita. Aveva ragione. Doveva. Tutti erano d’accordo con lui. Pure i
    ragazzi della sala biliardi avevano notato un cambiamento. Non ci intendevamo
    più."


    John Fante, La confraternita dell'uva

    Infatti, che vita è?
    Sembra piuttosto sopravvivenza...lotta con la vita.
    Non so quanto potrebbe aiutarti l'andare da uno psicologo, il problema qui è al di fuori di te, tu inevitabilmente ne subisci le conseguenze. Questo sistema non ci garantisce la vivibilità della vita, ci fa soffrire, ci fa essere depressi, e ci imbottisce di psicofarmaci per attenuare le sofferenze da lui create.
    Molti sono nella tua situazione, direi quasi tutti...in ogni caso hai il tuo ragazzo che ti ama, e la tua famiglia. In questi casi in cui è difficile reagire o trovare una soluzione è necessario e fondamentale esaminare gli aspetti positivi. Un abbraccio.