Buonasera a tutti. Ho un quesito da porvi : siete mai stati rifiutati da un terapeuta in corso di terapia o dopo averla interrotta? Se sì, come vi siete sentiti? Avete intrapreso un nuovo percorso?
Vi pongo queste domande perché è quello che sta accadendo a me. Esattamente un anno fà, ho interrotto la terapia perché non riuscivo a proseguire alle condizioni che mi venivano proposte. Non perché mi trovassi male (ero a quattro anni di terapia), ma perché non riuscivo ad accettare quel cambiamento che mi veniva proposto, nonostante l'idea mi piacesse, ma avendo anche problemi di agorafobia, questi annullavano qualunque altra cosa. Da quel momento, che non è stato affatto semplice, trovandomi in una situazione di conflitto familiare e trovandomi ad affrontare la malattia di una persona a me molto cara, non sono più andata in terapia.
In realtà io avrei proseguito con gli incontri individuali, ma mi venne posto una sorta di ultimatum, che effettivamente ci sta che dopo quattro anni un terapeuta proponga altro. Quindi nulla, ho trascorso mesi in stand by, convincendomi che non mi volesse più come paziente. Nei mesi non riuscivo a prendere alcuna decisione sul da farsi, e di tanto in tanto, le scrivevo incolpandola manco troppo velatamente, seppur in modo inconsapevole, del fatto che non riuscissi a muovermi.
Ne venne fuori una sorta di sfuriata in cui mi diceva che se avevo intenzione di continuare con quell'atteggiamento, mi invitava a rivolgermi altrove. Io mi scusai sentendomi tremendamente mortificata, perché il mio atteggiamento era strano, tendenzialmente aggressivo e scaricavo la colpa su di lei, ma la verità è che volevo aiuto e non sapevo come chiederlo.
A quel punto dissi che mi sarei fatta sentire quando mi sarei sentita pronta ad affrontare determinate cose.
Ed eccoci giunti a qualche mese fà. Mi ingegnai per trovare delle soluzioni che potessero placare, almeno in parte, la mia ansia di stare fuori casa, soprattutto nelle ore serali. Avevo due alternative, più delle terze e quarte in caso proprio di urgenza! Quindi ero più o meno pronta ad affrontare questa cosa, che poi era la mia vita!
Le scrissi come al solito un messaggio chiedendo semplicemente se fosse possibile avere un appuntamento. Ebbene sì, pochi giorni dopo è scattata la quarantena. Io non vivo in una zona particolarmente colpita, quindi (come credo nessuno di noi), non immaginavo nulla di tutto ciò.
Il punto è che non ha mai risposto a quel messaggio. Inizialmente ne ero anche sollevata perché effettivamente non si poteva uscire di casa. Ho pensato che non le fosse arrivato l'sms, che non avesse voluto rispondermi, e che volesse liberarsi di me. Un mesetto dopo le scrissi di nuovo, ma questa volta sulla più comunemente usata messaggistica istantanea. Non le chiesi nulla, ma esprimevo la mia volontà di riprendere non appena possibile. Mi risponde, mandandomi un saluto.
Fine della storia triste! Perché di fatto l'idea che mi stia rifiutando è parecchio forte, è abbastanza evidente e le persone con cui mi confido tendono a dirmi che voglia liberarsi di me. Ma non sono pronta a subìre un rifiuto di questo tipo, penso che sia una cosa veramente brutta essere allontanati anche dal terapeuta, e non è una cosa che sento di poter sopportare.
Adesso vivo nel terrore di chiederle un appuntamento e di sentirmi dire di no o di non ricevere risposte. Non ho nemmeno idea se sia o meno possibile muovermi con questi decreti, perché è distanza un centinaio di Km. Cosa dovrei fare?
Se fosse una mia amica a chiedermelo, lei direi di trovare un altro nome a cui rivolgersi per non sprofondare. Io però non sono una mia amica e non sopporto l'idea di aver vanificato gli sforzi fatti in quattro anni, perché ogni seduta costa una fatica tremenda e me la ricordo molto bene.
Vi ringrazio, soprattutto se avete avuto la pazienza di leggere questo sfogo!