La persona che intendo analizzare è una di quelle di cui ho accennato nel post sulla solidarietà tra sofferenti, per chi l'ha letto.
Conobbi questa ragazza durante il periodo delle superiori, in un consultorio al quale mi ero rivolta ( di nascosto dai miei, fra l'altro ); per comodità la chiamerò semplicemente P.
P. aveva alle spalle una storia simile alla mia ma un presente e un futuro decisamente diversi. Aveva 2 anni più di me e frequentava l'università, la stessa facoltà che avrei voluto frequentare io, psicologia, solo che io una volta ottenuto il diploma sapevo già che sarei andata a lavorare. Questa passione in comune, oltre al nostro passato simile, all'inizio ci avvicinò, anzi fu più lei a cercare me, io ero più timida e avevo sempre paura di disturbare gli altri ( in questo non sono cambiata molto, mi sa ).
Mi piaceva parlare con lei, addirittura mi fidavo, le confidavo delle cose e le chiedevo dell'università perchè speravo che un giorno ci sarei andata ( pia illusione...), poi parlavamo tanto di psicologia e dei libri che leggevamo. La psicologa che ci seguiva, persona splendida che non ho mai dimenticato, diceva che avevo una grande inclinazione per la psicologia e col senno di poi mi rendo conto che forse lo diceva per spingermi a coltivare un interesse che mi allontanasse dal baratro in cui stavo sprofondando e in fondo so che mi ha salvata. P. pure mi incoraggiava in questo senso e all'inizio pensavo fosse sincera, poi ho cambiato idea.
Più conoscevo P. e più sentivo che c'era qualcosa che non andava. Non è che mi dicesse nulla di male in senso letterale, ma avvertivo qualcosa che mi rendeva differente e che col tempo ho focalizzato sempre più. Nel suo comportamente c'era un modo di porsi come se si sentisse superiore a me perchè nella vita aveva realizzato più cose, senza però tenere conto che aveva pure ricevuto degli aiuti che io mi sognavo. La sua famiglia, pur schifosa, le aveva pagato i primi anni di università e poi era andata a vivere col suo ragazzo che la manteneva. Oltre a questo era circondata, a quanto diceva, da tante amiche che le volevano bene e la sostenevano, amiche d'infanzia come colleghe dell'università e io invece giravo con gente messa come e peggio di me, inaffidabile su tutto che un giorno c'era e l'altro spariva.
Sarà pure stava invidia la mia, ma lei non faceva altro che parlare della sua vita perfetta ( che diceva di essersi guadagnata ), del suo ragazzo tanto innamorato e maturo ( te credo aveva 40 anni...), del bene che le volevano le amiche, dei suoi successi negli studi. Quando le confidavo un mio problema, mi rispondeva sempre con un esempio su di lei doveva grazie alle sue grandi doti e forza e intelligenza risolveva tutto, non c'era problema che lei non avesse superato brillantemente!
Non riuscivo più a sentirla come amica, a me pareva una che mi ritesse una povetta alla quale lei si sentiva superiore e alla quale sbandierare tutta la sua perfezione tanto per sentirsi gratificata. Col tempo mi allontanai, cercavo di evitarla, le parlavo il meno possibile e sempre di cose generiche e lei capì e si staccò a sua volta, anche se di tanto in tanto non resisteva alla tentazione di intromettersi per farsi i cavoli miei mentre parlavo con altre persone. Finì l'anno scolastico e dopo l'esame andai a lavorare da tutt'altra parte per cui non fu più possibile tornare nel consultorio. Ricordo che l'ultima volta che passai di là per salutare e stavo sotto un treno sia perchè l'esame di maturità era andato da schifo e soprattutto perchè mi si prospettava un futuro che dire di m∙∙∙a era poco, lei addirittura mi abbracciò, dicendomi che non mi avrebbe mai dimenticata e che mi voleva bene. Ma vaff∙∙∙∙lo va.
Nonostante ci fossimo scambiate i numeri di cell ai tempi in cui mi sembrava un'amica, non ci siamo mai più sentite ma a distanza di anni quando le penso e le penso spesso, provo un odio che non riesco a capire e per questo vorrei un punto di vista esterno che mi possa aiutare a far luce dentro di me. Non so se è solo invidia o forse volevo essere come lei ma non potevo e allora adesso è diventata il simbolo di ciò che avrei voluto essere, delle speranze che avevo e che sono andate a p∙∙∙∙∙e col tempo... non riesco a capirmi molto.
La cosa ancora peggiore è che adesso mi viene da piangere e non so nemmeno il perchè, forse per le mie speranze andate in frantumi, o per la psicologa che mi ha tanto aiutata ma che poi è morta e non può aiutarmi mai più o perchè pensavo di aver trovato un'amica e alla fine era solo l'ennesima persona che mi disprezzava...
Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggermi non so che altro dire.