Posts by Saritta

    Vero, si rischia poi di snaturare se stessi nell'ansia di compiacere l'altro facendo ciò che l'altro si aspetta, nell'idea comunemente condivisa di amicizia. Ad esempio sforzandosi di essere sempre e comunque allegri e solari, per mascherare le vere emozioni e non risultare noiosi.

    Anche io sono dell'idea che le relazioni capitino per caso, anzi magari quando siamo più rilassati e senza ansia di "cercare", poi da cosa nasce cosa. Nel mio caso, le relazioni di coppia sono sempre nate così, letteralmente quando meno me lo aspettavo.


    Buona giornata e grazie :)

    Ho trovato molto interessante il tuo punto di vista!

    Io mi interrogo spesso sul significato dell'amicizia, e a volte mi sento un po' amareggiata nel realizzare che alcuni rapporti che sono stati così intensi, siano oggi soltanto un sentirsi saltuariamente. Ma sto capendo che, così come le relazioni d'amore, anche le amicizie evolvono, mutano, e possono essere di passaggio, darci sostegno in una determinata fase della nostra vita, poi seguono il loro corso.

    Anche io faccio una grande fatica a confidarmi, non lo faccio praticamente mai, se non a grandi linee: ad esempio, se mi è accaduto un fatto o sto vivendo una situazione difficile, non ne parlo quasi mai con le amiche, oppure lo accenno soltanto, liquidando la faccenda in poche parole senza andare a fondo. Preferisco optare per l'ascolto, perché mi viene meglio. L'ho sempre visto come un mio limite, ma ho anche capito che è un mio tratto caratteriale.

    Diciamo che l'unica "pecca" che ho riscontrato è la seguente: non confidandomi quasi mai, appaio come quella "forte" che non ha bisogno della parola di conforto, perché io stessa la rifuggo; mentre altri che si confidano ottengono più empatia, comprensione e giustificazione.

    Io anche quando ho avuto momenti difficili ad esempio all'inizio della convivenza/periodo Covid, non ho mai sfogato con nessuno, o meglio il mio sfogo era magari l'aperitivo con l'amica o il parlare d'altro.

    Condivido dettagli della mia quotidianità con alcune persone, e ho capito che ogni amico tira fuori un diverso lato di noi, in base alle affinità. Io sono una persona leggermente diversa con ognuno di loro, e non perché abbia molte personalità distinte, ma perché ogni persona stimola una parte diversa di me.

    Mi fa piacere sapere che non sono l'unica che si confida poco :) e che non costituisce un grosso problema

    Penso che molta "coscienza" sia dettata da retaggi culturali, religiosi, e anche dal contesto familiare in cui una donna è cresciuta. Se viene data molta importanza al concetto di famiglia, maternità, all'idea che sia quasi scontato che la donna diventi madre, ecc. allora probabilmente la donna che si trova ad affrontare questa scelta sarà più soggetta a sensi di colpa...

    Non è tanto l'atto di bloccare un piccolo insieme di cellule, quanto proprio l'idea che quelle cellule sarebbero diventate una persona pensante.

    Penso che in altri Paesi con culture diverse e meno cattolicesimo, la parte emotiva abbia un altro impatto e l'esperienza dell'aborto possa essere vissuta in maniera più distaccata, senza tutto il rumore e il bagaglio emotivo.

    Ad esempio in quei Paesi in cui già da anni è considerato "normale" il nucleo familiare comporso da una sola persona.

    Sicuro che non c'entri qualche aspetto della vostra relazione?

    Voglio dire, so che già stavate insieme e vivevate da diverso tempo nella stessa casa, ma sai l'affitto è una cosa, è meno impegnativo anche mentalmente, invece legarsi a un mutuo ultradecennale significa che questa sarà la "casa della vita".

    Non è che questo aspetto ti ha sconvolto e ti senti in trappola?

    Secondo me è importante trovare la persona adatta a te, e non è una cosa scontata. Una persona che in qualche modo ti sia affine, ma che sappia anche guidarti e provocarti nel modo giusto, per porti davanti a delle piccole sfide con te stessa che, insieme, riuscirete ad affrontare. Una persona con la quale, a pelle, senti di poterti aprire.


    Io ho poca esperienza in merito, ma durante l'adolescenza, per un breve periodo ero stata da uno psicologo per degli attacchi di panico che mi impedivano di dormire e mi spaventavano molto. Posso dire di averli superati, sicuramente in parte anche grazie a quelle sedute: nello specifico, ricordo che il professionista mi aveva aiutata a capire di cosa si trattassero quei momenti neri, a vederli nella giusta prospettiva e, in un certo senso, a normalizzarli, facendomi capire che stavo attraversando una fase e che l'avrei superata.


    La settimana prossima avrò il mio primo colloquio con una nuova psicologa: dopo tanto tempo che pensavo di tornarci, per svariati motivi e situazioni, finalmente affronterò questo "scoglio". Non so quanto ci credo, né se sia la scelta giusta. Ma ci voglio provare, perché troppe volte mi sono trovata a non saper gestire emotivamente alcune situazioni, e sono stata male per questo, e vorrei conoscermi meglio. Inoltre ho un paio di episodi che mi hanno segnata emotivamente, gliene voglio parlare, perché sento di non averli superati appieno, sento di essere passata oltre ma senza superarli davvero, anche se è passato del tempo.

    Sarà dura affrontarli...


    Vedremo...

    Lo trovo un modo per enfatizzare ulteriormente la presunta colpa della donna.

    Come se quella scelta non portasse già, di per sé, un pesante strascico emotivo.


    Tra l'altro, l'aborto non viene solo da situazioni disagiate. Certo, è benissimo fare sensibilizzazione, istruire, educare uomini e donne sull'utilizzo appropriato dei contraccettivi, appoggiare le iniziative che sostengono moralmente ed economicamente le famiglie e la donna per portare avanti la crescita di un figlio. Ma l'aborto resta una scelta libera della donna, che essa abbia 15 anni, 30 o 40, che essa sia nata in un contesto sociale disagiato o in una famiglia ricca. Perché, cari moralisti, capita, eccome se capita. Sappiamo tutti utilizzare metodi contraccettivi, ma sappiamo anche che esiste l'errore. Ed esiste la scelta ponderata di non portare avanti una gravidanza.


    Trovo un po' crudele questa imposizione...

    Anche perché nella maggior parte dei casi, non penso cambierebbe la scelta finale: servirebbe solo a far stare male ulteriormente alcune donne, per le quali, dopo l'aborto, la vita continua.

    Ciao :)

    Per quanto riguarda il lavoro, se senti necessità di cambiare e fai fatica, affidati anche alle agenzie oppure a un professionista, esistono degli psicologi-coach che aiutano non solo nell'orientamento, ma proprio anche nel preparare CV, colloquio, saper parlare e valorizzarsi, ecc.

    Non so in che città vivi, ma un po' dappertutto ci sono attività da poter svolgere: imponiti una camminata al giorno, dopo lavoro, e cura la tua persona esteriormente, fa stare meglio anche emotivamente.

    Puoi iscriverti in una palestra o a un corso, inizia ad uscire anche da solo, magari per vedere un museo, da cosa nasce cosa.

    Tutti i giorni ^^ che stupida sono stata a 19 anni, ho voluto pensare con la testa, o meglio pensavo di averlo fatto, ma in realtà ho solo messo da parte l'istinto, e fatto la scelta che credevo più "giusta" ... vorrei parlare alla vecchia me e dirle: tira fuori le palle, non ascoltare nessuno e buttati!!! Che la vita è una.

    Nel mio caso, dopo il liceo linguistico ho studiato Economia (triennale+magistrale). Perché? Bella domanda. Ero indecisa, non avevo una gran voglia di studiare e pensavo che tale facoltà mi avrebbe aperto molte strade. Non sto dicendo che il percorso non mi abbia dato soddisfazioni, anzi certe materie mi hanno anche appassionato e ho avuto buoni risultati. Ma il fatto è che non la sento "mia" come strada, non mi rappresenta.

    Sono sempre stata interessata alle materie umanistiche, alle lingue, mi piace scrivere. Ma temevo che quella strada non mi avrebbe dato futuro. In realtà, oggi, sono molto interessata anche a materie più scientifiche, come la nutrizione (lavoro per un'azienda nel settore dell'integrazione alimentare), ma ai tempi che ne potevo sapere? ^^

    Penso però che a 19 anni non si abbiano proprio gli strumenti per scegliere, né la maturità...non tutti hanno le idee chiare. Secondo me, la scuola dovrebbe insegnare meglio a tirare fuori le proprie abilità e capire in cosa si è più portati.

    Ora ho 33 anni.

    Con il tempo, mi sono anche resa conto di una cosa: se si studia e si persegue ciò che piace, anche se si tratta di un settore difficile, in cui c'è poca offerta lavorativa, alla fine si avrà soddisfazione perché il proprio lavoro lo si farà bene, con passione.

    A volte semplicemente accetto il corso degli eventi e mi dico che doveva andare così, che se avessi fatto altrimenti non avrei conosciuto determinate persone, ecc. Ma certi giorni mi crea proprio frustrazione. Penso "non sono fiera di me".

    Il lavoro che faccio mi piace, e anche l'azienda stessa, però a volte penso che sto esprimendo solo il 50% di me.


    ipposam Hai detto bene, "arido", anche io a volte sento di fare un mestiere piuttosto "inutile", che non mi rappresenta, l'unica cosa che mi interessa in questo momento è il settore, quindi mi piace imparare e formarmi nell'ambito della nutrizione, sto cercando di imparare (anche se il mio ruolo è nel commerciale). E spesso lo percepisco solo come un lavoro, non riesco a farne una passione, soprattutto del mio ruolo. Non mi sono nemmeno mai piaciuti i numeri :grinning_face_with_sweat: e sono finita nel commerciale.

    Tu come fai a "ovviare" a questa situazione? Io diciamo che cerco di fare cose che mi piacciono nel tempo extra, leggo molti libri, faccio sport. Vorrei dedicare più tempo alla formazione da autodidatta, non con scopi lavorativi ma di ampliamento culturale.

    Se vuoi ne parliamo ;) Buona giornata!

    A me il tuo sembra un gesto molto carino, e aggiungerei romantico!

    Hai pensato proprio al suo desiderio, perché le hai regalato nello specifico qualcosa che desiderava, e anche molto personale ed "eterno". Quindi non può dire che non ci sia stata una ricerca, una scelta.

    Uno dei primi regali che avevo fatto al mio attuale compagno era proprio un tatuaggio ^^ sapevo che lo voleva fare ma non si decideva, così ho preso accordi con la tatuatrice e glielo abbiamo prenotato. Era molto felice e a me fa piacere se quando riguarda quel tattoo, un pensiero va a me e a quel momento, a prescindere da come andranno le cose tra noi.

    Magari lei l'ha vista così: anziché pensare e cercare tu stesso qualcosa per lei, hai ripiegato su un'idea sua che già aveva. Mi sembra un po' infantile però. E secondo me non c'è nulla di male nemmeno nel regalare una gift card, magari quando si sta insieme da un po', poi tanto si capisce se un regalo è "buttato lì" oppure è fatto con sentimento, sia pure una gift card. Non ti colpevolizzare! :)

    Ciao, grazie per aver condiviso questa tua parte di te, mi ci sono un po' riconosciuta. Penso tu intenda che, in contesti sociali, tendi a stare in disparte e fatichi a imporre la tua volontà, i tuoi confini, con conseguente accettazione dei voleri altrui, e questo alla lunga ti crea frustrazione/insoddisfazione e rabbia, perché poi tendi a irrigidirti non sentendoti a tuo agio e rispettata. Ti capisco, perché sono una persona molto insicura, credo che dall'esterno non si noti, ma dentro di me, io lo so. Quando mi trovo in un gruppo (es. tra colleghi di lavoro), misuro ogni parola che dico, non riesco ad essere spontanea perché penso molto al giudizio degli altri, fatico a far emergere la mia personalità. Tendo ad adeguarmi a quello che è il discorso generale, a seguire la piega della conversazione. La mia riservatezza mi limita e non mi permettere di imporre i miei confini, così spesso mi sono sentita mancare di rispetto in piccolezze da nulla, che però io notavo: non essere coinvolta, o che la mia opinione non venisse richiesta, mi sono sentita bypassata insomma. A volte mi sento un po' invisibile per questo. Tendo a tenere tutto dentro, e purtroppo mi sono capitati episodi in cui non ho saputo gestire emozioni/rabbia. A me personalmente non interessa nulla di "trainare" un gruppo o essere leader, mi basterebbe trasmettere più fermezza e consapevolezza. Invece sembro sempre quella indecisa, che sta nel mezzo, ambigua addirittura. Forse perché io stessa non ho ben chiari quali siano i miei limiti, le mie esigenze. Sto pensando infatti di parlarne con una psicoterapeuta, perché questa mia caratteristica coinvolge un po' tutte le sfere.