Posts by LorDag95

    Ma voi (soprattutto uomini) riuscite ad essere sereni e felici, se non fate sesso da anni? :thinking_face: E' impossibile. Comunque ho fatto un cavolata a rifiutare di conoscere altri uomini, perché provavo dei sentimenti per lui.

    Non riesco ad essere sereno se non lo faccio per una settimana, figuriamoci. Poi ovviamente non lo faccio pesare su di lei, perché ognuno ha i suoi tempi, momenti ed esigenze. Però no, per anni non ce la farei mai.

    Lungi da me voler giudicare le tue fantasie erotiche o ciò che ti fa provare piacere, voglio solo dirti una cosa.

    Io non ho la verità in tasca e potrei tranquillamente sbagliarmi ma un conto è una trasgressione nel senso di una cosa a tre (magari una volta due uomini e una volta due donne), ben altro è quello che stai facendo.

    Qui la situazione di imparzialità sta nel fatto che tua moglie si è trovata un altro con cui avere dei rapporti con la tua connivenza, mentre nella tua mente si sta instaurando un meccanismo di piacere collegato al dolore.

    Inutile dire come, a lungo andare, questa cosa possa essere incredibilmente deleteria.

    Ripeto, magari mi sbaglio, ma la prima impressione è questa.

    Per prima cosa ti consiglio di lavorare sulla tua autostima e iniziare a dire di no

    È proprio questo che non riesco a fare. Tralasciando il discorso dell’autostima, poiché la mia è pressoché inesistente ma fin dalla nascita, non sono capace a dire di no.

    Ho troppa paura di deludere o di generare rifiuto nei miei confronti.

    E credo sia questo uno dei punti cardine della mia sofferenza.

    Sono assolutamente incapace di dire di no, così come di imporre la mia volontà.

    Mi sento uno zerbino a disposizione degli altri, qualche volta.

    Buongiorno a tutti.

    Non è la prima riflessione che propongo qui sul forum ma, credo, quella che fino ad oggi mi ha scosso più profondamente.

    Come alcuni di voi avranno letto, soffro di ansia d’intensità “altalenante” fin da che ne ho memoria e di derealizzazione da ottobre del 2018.

    A differenza di quanto si possa pensare, non focalizzerò l’attenzione di questa riflessione sulla depersonalizzazione ma, forse, su qualcosa di perfino più complesso.

    La domanda che mi pongo innanzitutto è: in quali frangenti, ammesso che tali frangenti esistano, della vita possiamo dire di essere realmente e genuinamente noi stessi?

    Insomma, credo sia chiaro a tutti come ciò che siamo e come ci esprimiamo e comportiamo subisca costantemente delle variazioni più o meno profonde a seconda del luogo, contesto e genere di interlocutori che ci troviamo davanti.

    Plasmiamo il nostro essere più profondo un po’ per cercare di eludere almeno parzialmente la differenza che intercorre tra ogni essere umano e di eliminare quell’incomunicabilità più o meno forte, tipica della nostra natura; un po’ per assecondare il nostro insaziabile istinto di sentirci accettati, simili a qualcuno e parte di qualcosa di più grande della nostra singola individualità.

    Ma fino a che punto?

    Mi spiego: se c’è una cosa che la derealizzazione mi ha insegnato è che spesso e volentieri nasce da un conflitto interno in noi stessi.

    E la domanda che mi sono posto (e che mi ha destabilizzato) è stata questa: e se tutto ciò che sono (o meglio: che credo di essere) non fosse altro che una bugia, una maschera progettata ad arte per poter sempre ed esclusivamente compiacere gli altri?

    Perché, se da una parte è fisiologico e umano plasmarsi per potersi adattare ai vari contesti, dall’altra è deleterio e distruttivo rinunciare inconsciamente ad essere sé stessi per paura del rifiuto, dell’allontanamento, della solitudine.

    Ho paura di aver per tutta la vita rinunciato ad essere me stesso, a seguire le mie passioni, a vivere la mia vita a causa delle pressioni fatte prima dalla mia famiglia, poi dagli amici e, infine, dalle donne che ho frequentato in passato.

    Ho cercato fino allo sfinimento di evitate qualunque tipo di conflitto, salvo poi rompere qualcosa dentro di me.

    E adesso non so più chi sono.

    Se ciò che sono stato fino ad oggi sia io o un fantasma inventato per non deludere gli altri, per non vedere i miei genitori litigare, per non venire abbandonato dagli amici o dall’amore.

    E adesso mi sento estraneo a me stesso.

    Solito aggiornamento serale: stasera devo ancora mettermi a scrivere e non ho ancora preso il mio classico 0,3 di clonazepam.

    Devo dire che le cose non vanno troppo male.

    Il sintomo ha intense fluttuazioni all’interno della stessa giornata, cosa che mi fa sperare che stia perdendo un po’ di presa sulla mia mente.

    Nel pomeriggio ho dovuto fare 30km in auto per firmare dei documenti per un finanziamento da 50k che ho appena aperto e, al ritorno, mi sono sentito emotivamente arido come da tempo non mi capitava.

    Ora va meglio e spero che con la stesura di un nuovo paragrafo del romanzo possa migliorare ancora.

    Domani torno a lavorare, vedremo come andrà.