Buongiorno a tutti.
Non è la prima riflessione che propongo qui sul forum ma, credo, quella che fino ad oggi mi ha scosso più profondamente.
Come alcuni di voi avranno letto, soffro di ansia d’intensità “altalenante” fin da che ne ho memoria e di derealizzazione da ottobre del 2018.
A differenza di quanto si possa pensare, non focalizzerò l’attenzione di questa riflessione sulla depersonalizzazione ma, forse, su qualcosa di perfino più complesso.
La domanda che mi pongo innanzitutto è: in quali frangenti, ammesso che tali frangenti esistano, della vita possiamo dire di essere realmente e genuinamente noi stessi?
Insomma, credo sia chiaro a tutti come ciò che siamo e come ci esprimiamo e comportiamo subisca costantemente delle variazioni più o meno profonde a seconda del luogo, contesto e genere di interlocutori che ci troviamo davanti.
Plasmiamo il nostro essere più profondo un po’ per cercare di eludere almeno parzialmente la differenza che intercorre tra ogni essere umano e di eliminare quell’incomunicabilità più o meno forte, tipica della nostra natura; un po’ per assecondare il nostro insaziabile istinto di sentirci accettati, simili a qualcuno e parte di qualcosa di più grande della nostra singola individualità.
Ma fino a che punto?
Mi spiego: se c’è una cosa che la derealizzazione mi ha insegnato è che spesso e volentieri nasce da un conflitto interno in noi stessi.
E la domanda che mi sono posto (e che mi ha destabilizzato) è stata questa: e se tutto ciò che sono (o meglio: che credo di essere) non fosse altro che una bugia, una maschera progettata ad arte per poter sempre ed esclusivamente compiacere gli altri?
Perché, se da una parte è fisiologico e umano plasmarsi per potersi adattare ai vari contesti, dall’altra è deleterio e distruttivo rinunciare inconsciamente ad essere sé stessi per paura del rifiuto, dell’allontanamento, della solitudine.
Ho paura di aver per tutta la vita rinunciato ad essere me stesso, a seguire le mie passioni, a vivere la mia vita a causa delle pressioni fatte prima dalla mia famiglia, poi dagli amici e, infine, dalle donne che ho frequentato in passato.
Ho cercato fino allo sfinimento di evitate qualunque tipo di conflitto, salvo poi rompere qualcosa dentro di me.
E adesso non so più chi sono.
Se ciò che sono stato fino ad oggi sia io o un fantasma inventato per non deludere gli altri, per non vedere i miei genitori litigare, per non venire abbandonato dagli amici o dall’amore.
E adesso mi sento estraneo a me stesso.