Quella scelta che cambiò la vostra vita

  • Penso che nella vita di molti, o di alcuni, ci sia stato quel famoso "punto di non ritorno".


    Mi riferisco a quella scelta (parlo di scelta, non di evento: qualcosa che, per una serie di fattori e circostanze, abbiamo deciso di intraprendere) che ha determinato il successivo corso degli eventi, innescando un percorso che ci ha portati dove siamo oggi.


    Una scelta che, tornassimo indietro, forse non rifaremmo, o forse affronteremmo in modo diverso. Magari per inesperienza, timore, ingenuità, presunzione, testardaggine, a suo tempo avevamo i paraocchi e abbiamo scelto in maniera ottusa e non lungimirante.

    Può essere una scelta professionale, di coppia, di vita privata, e può essere anche una NON-scelta. Cioè la scelta di non intraprendere un determinato percorso.


    Insomma quella cosa fastidiosa che ci riempie di dubbi e che ci tiene svegli, o magari al mattino ci fa alzare con tanti punti interrogativi.


    Voi ce l'avete? Avete capito perché avete agito così in quel dato momento? Se vi va di condividerla...


    In linea di massima penso che le scelte cosiddette sbagliate siano quelle che ci allontanano dalla nostra propria essenza, magari per comodità o per accontentare gli altri, ma non ci fanno realmente evolvere e crescere, esprimere la nostra natura e offrire al mondo quello che davvero siamo. Tanti sono i condizionamenti esterni, e tante sono le nostre paure.


    Del resto, ogni scelta comporta una rinuncia...


    Siccome questo non vuole essere un thread meramente retroattivo o di rimpianto, la seconda domanda è la seguente.

    Come ci convivete? Quanto credete di stare facendo o poter fare per "recuperare"?


    Grazie :coffee:

  • Di scelte sbagliate ne ho fatte tante, ma non credo nel libero arbitrio e la mia è una visione parzialmente deterministica dell'esistenza nella quale agiamo condizionati da così tanti fattori interni e non conoscibili nell'immediato (tranne che con il tempo a esperienza espletata) che la scelta libera e aribitraria è apparente, in realtà si tratta dell'unica scelta per noi possibile in quel dato momento. Ho dei rimpianti sì, il principale è aver abbandonato gli studi, ma anche la forte consapevolezza che non poteva essere altrimenti da come è stato per ragioni di cui solo ora ho forse consapevolezza. Di conseguenza è vero che certe scelte anche se secondo me obbligate si sono rivelate a sfavore della propria evoluzione e crescita, ma in realtà l'evoluzione passa anche da questo e come legge non smette mai di essere valida perché tutto permea e tutto muove; quindi si è solo prolungato del necessario il proprio percorso: come uno studente che ripete l'esame e impiegherà più tempo nella sua comprensione. Poi c'è da dire che non siamo l'immagine che abbiamo di noi e a volte tocca scoprirci, non senza dolore, per chi siamo davvero, al di là di ciò che volevamo (o credevamo) di essere. E così (parlando per me) non sono stata la psicologa che avrei voluto diventare, non sono stata la compagna di chicchessia, non sono stata (tanto altro), ma ho espresso in altro modo la conoscenza, l'amore e l'essere.

  • libero arbitrio

    Ciao Juniz, grazie per la tua risposta.

    Sul concetto di libero arbitrio ci sarebbe molto da dire... quella libertà a cui aneliamo è sempre parziale e ingannevole, siamo troppo immersi nel contesto e non possiamo prescindere da tutta una serie di fattori interiori ed esterni, retaggi, educazione, rapporti interpersonali, convinzioni e abitudini, contingenze del momento. Oltre al fatto che quando decidiamo, spesso siamo troppo coinvolti e poco lucidi, non sempre è facile mettere sui due piatti della bilancia i pro e i contro e fare una fredda analisi delle possibili conseguenze.

    La stessa persona, immersa in contesti diversi, con stimoli diversi e differente dotazione iniziale, assumerebbe comportamenti diversi e farebbe scelte diverse (scusate le mille ripetizioni).

    Però a volte mi dico anche che - salvo oggettivi impedimenti insormontabili - in ultima analisi siamo noi i responsabili delle nostre scelte, e parte delle motivazioni che forniamo sul perché abbiamo intrapreso un certo cammino, sono spesso delle scuse o un modo per giustificarci e auto-convincerci che non poteva essere altrimenti.

    non sono stata la psicologa che avrei voluto diventare

    Dalle tue risposte, dal tuo modo analitico di scrivere nei post, sono certa che sai essere di supporto alle persone (e spero anche a te stessa) sia dentro al forum che fuori, nonostante tu non abbia conseguito quel pezzo di carta che ti conferirebbe un titolo ufficiale :winking_face:

    Penso che la nostra natura, in un modo o nell'altro, alla fine esca fuori, o forse lo spero.

    in realtà si tratta dell'unica scelta per noi possibile in quel dato momento.

    Probabilmente sì, è l'unica scelta che la nostra mente ci indica come possibile in quel dato momento, magari anche per una sorta di istinto di sopravvivenza. Non si tratta di una possibilità/impossibilità assoluta, ma legata alla contingenza.

    Poi c'è da dire che non siamo l'immagine che abbiamo di noi e a volte tocca scoprirci, non senza dolore, per chi siamo davvero, al di là di ciò che volevamo (o credevamo) di essere.

    Anche questo aspetto è interessante, penso che ognuno di noi abbia un'idea di sé e un modello da perseguire, mi sono sempre chiesta se a parlare di noi siano più i fatti e le azioni che compiamo, o piuttosto i pensieri e ciò che vorremmo esprimere ma non riusciamo (perché magari non ci sentiamo allineati al contesto). Penso però che a determinare le conseguenze siano i fatti, quindi in fin dei conti, conta quello che facciamo, anche se a volte non ci rispecchia appieno.

    Un'azione è un'azione, e anche se ce ne pentiamo, ci porta comunque dal punto A al punto B; anche lo stare fermi è un'azione, l'attendere e rimandare, lo sbagliare, fanno parte del percorso.

  • Ciao, io credo che la nostra vita sia il risultato di tutte le nostre scelte, non solo quelle grandi e su cui generalmente ci soffermiamo di più, ma anche di quelle piccole che facciamo ogni giorno e che finiscono col definirci in qualche modo.

    C'è poi anche una certa casualità a cui andiamo incontro, eventi imprevedibili e incontrollabili, e lì a volte, non sempre, fa differenza il modo in cui reagiamo.

    Se mi guardo indietro non vedo "salti" nella mia vita, non vedo scelte che me l'hanno cambiata da un giorno all'altro; vedo scelte che ho fatto e a cui ho mantenuto fede anche nella difficoltà, scelte che probabilmente rifarei. A volte dubito della professione; se dovessi scegliere oggi la facoltà a cui iscrivermi, sceglierei medicina, non ingegneria, perchè il mio mestiere non mi ha dato abbastanza, oggi preferirei lavorare come medico, mi gratificherebbe il contatto con i pazienti e il sentirmi utile, mentre nel mio lavoro è tutto ridotto a una sterile competizione nemmeno basata sul far bene ma sul superare il collega in qualche obiettivo, e francamente ne ho le scatole piene.

    In generale però cerco di realizzarmi in altro anche, e mi viene bene, e credo che nel complesso una vita sia essa stessa il risultato di tante cose, e a volte bisogna anche farsi piacere aspetti che non ci soddisfano a pieno e su cui abbiamo meno controllo.

    Non credo nelle scelte che "cambiano" la vita, non credo nei salti, la vita è una linea continua che a volte sale a volte scende.

  • ipposam Grazie per la tua riflessione, non mi riferivo a "salti" o scelte per forza drastiche che cambiano la vita da un giorno all'altro, ma scelte che nel tempo hanno definito il nostro cammino e chi siamo oggi, dando una direzione alla nostra vita.

    vedo scelte che ho fatto e a cui ho mantenuto fede anche nella difficoltà

    Questo penso sia un punto di forza, la concretezza dell'assumere la responsabilità della propria scelta e portarla avanti senza se e senza ma.

    Anch'io sono così in questo, complice anche il fatto che sono orgogliosa e le cose mi piace farle bene, portarle a termine, anche quando non mi soddisfano appieno o non mi sento nel posto giusto. Cerco comunque di far tesoro di quanto di buono deriva da una scelta, e a volte mi dico che se avessi fatto diversamente, mi sarei comunque persa qualcosa, non avrei conosciuto quelle persone, ecc.

    Per esempio la facoltà universitaria: c'entrava poco o nulla con me e non so cosa avessi in testa quando la scelsi (anzi, lo so), ma l'ho portata avanti imperterrita, conclusa con buoni risultati e, a tratti, mi ci sono pure appassionata.

    Sicuramente con il senno di ora dico no, non era la facoltà per me e non mi soddisfano gli sbocchi che mi ha dato, perché li sento come un ripiego e un adattamento a qualcosa che non mi rispecchia; però, del resto, so che mi ha dato tante opportunità lavorative che ho trovato con facilità, e non ho la certezza che scegliendo altro non avrei oggi i medesimi dubbi.

  • Se guardo indietro nella mia vita vedo una serie di decisioni prese e non prese che hanno determinato quello che ora sono, quello che faccio e come lo faccio. Ciò che non vedo, guardando indietro è grande consapevolezza. Certo, molte decisioni sono state precedute da approfondite riflessioni ma avendo sempre e comunque strumenti limitati e visioni altrettanto limitate, parlare di scelte consapevoli e libere lo vedo illusorio.


    Nella mia vita c'è stata più che una decisione, un evento che ha cambiato tutto il mio percorso e questo sì in termini di consapevolezza. Stavo passando un brutto periodo in generale, stavo parecchio male, anche in coppia.

    Un sabato mattina stavo andando in montagna, un percorso a me già noto e mancava poco alla vetta, quando si alza una nebbia fitta che non permette di vedere oltre il proprio scarpone. Il mio compagno preme per tornare a valle, io volevo continuare a salire. In quel frangente nonostante la nebbia fuori, nella mia testa è subentrata una chiarezza e una calma che non avevo mai avuto. Da quel giorno in poi ho come cambiato occhiale, guardando alle cose diversamente. Quella salita mi ha dato più che anni di psicoterapia oppure hanno trovato in quel momento il culmine...chissà.

    namasté

    Love all, trust a few, do wrong to none

    Edited 2 times, last by la huesera ().

  • Per esempio la facoltà universitaria: c'entrava poco o nulla con me e non so cosa avessi in testa quando la scelsi (anzi, lo so), ma l'ho portata avanti imperterrita, conclusa con buoni risultati e, a tratti, mi ci sono pure appassionata.

    Sicuramente con il senno di ora dico no, non era la facoltà per me e non mi soddisfano gli sbocchi che mi ha dato, perché li sento come un ripiego e un adattamento a qualcosa che non mi rispecchia; però, del resto, so che mi ha dato tante opportunità lavorative che ho trovato con facilità, e non ho la certezza che scegliendo altro non avrei oggi i medesimi dubbi.

    Esatto io potrei dire la stessa cosa.

    Tante volte le vie parallele ci sembrano migliori perchè non ne cogliamo i problemi che vedremmo solo vivendole.

  • In quel frangente nonostante la nebbia fuori, nella mia testa è subentrata una chiarezza e una calma che non avevo mai avuto.

    Che bell'immagine, hai avuto una sorta di rivelazione.


    Spesso compiamo scelte con una visuale limitata, soprattutto in giovane età, ma anche dopo. Personalmente, i miei rimpianti e dispiaceri riguardano proprio questo: il non aver ascoltato la voce dentro di me, l'aver sottovalutato, il non essermi fidata abbastanza di me stessa.

    Non tanto la scelta in sé.

  • Spesso compiamo scelte con una visuale limitata, soprattutto in giovane età, ma anche dopo. Personalmente, i miei rimpianti e dispiaceri riguardano proprio questo: il non aver ascoltato la voce dentro di me, l'aver sottovalutato, il non essermi fidata abbastanza di me stessa.

    Non tanto la scelta in sé

    Anch'io ho rimpianti di questo tipo, riguardano cose "banali" come lo sport ma anche cose più importanti.


    Però analizzare le scelte di ieri con gli strumenti di oggi... non è inganno?

    namasté

    Love all, trust a few, do wrong to none

  • Un sabato mattina stavo andando in montagna, un percorso a me già noto e mancava poco alla vetta, quando si alza una nebbia fitta che non permette di vedere oltre il proprio scarpone. Il mio compagno preme per tornare a valle, io volevo continuare a salire. In quel frangente nonostante la nebbia fuori, nella mia testa è subentrata una chiarezza e una calma che non avevo mai avuto. Da quel giorno in poi ho come cambiato occhiale, guardando alle cose diversamente. Quella salita mi ha dato più che anni di psicoterapia oppure hanno trovato in quel momento il culmine...chissà.

    Perché secondo te quella salita ti ha comunicato tanto?

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