Analizziamo, tristemente, gli episodi vertenti le ricadute di depressione/ansia dopo un periodo di benessere più o meno lungo. Purtroppo succede molto più spesso di quanto si creda che la persona che ha già affrontato un tale periodo, dopo un determinato arco temporale (mesi o anni) e con le previste cure già fatte, possa ritornare ad avere delle ricadute che si presentano, nella maggior parte dei casi, più aggressive, diversificandosi dalla sintomatologia avvenuta la prima volta. Queste ricadute sono come fulmini a ciel sereno, in quanto la persona credeva di aver sotterrato e dimenticato quel periodo, ma tutto questo in una certa percentuale piuttosto congrua non avviene.
Le stime indicano in una recidiva che va dal 40 al 55% (voglio precisare che stiamo parlano della vera patologia e non del semplice periodo nero). Le recidive possono essere molteplici e le linee guida indicano in:
- una ricaduta dopo un singolo episodio curato con i canonici 12/18 mesi;
- una ricaduta dopo due episodi ravvicinati nel tempo curati con i consueti 24/36 mesi;
- frequenti ricadute che si presentano come eventi ravvicinati, con la particolarità che in questo caso la cura va estesa per tutta la vita.
L’ultima riga rappresenta la più radicale e instabilità della vita di una persona, per molteplici fattori che andremo ad analizzare.
Il primo problema è rappresentato dal fatto che una volta trovata la cura il principio attivo dopo alcuni anni, nonostante la dose sia portata al massimo, non raggiunga più quell’effetto "curativo stabile" dato all’inizio della terapia. Ed ecco che allora il paziente inizia il peregrinaggio da uno specialista all’altro non facendo altro che acuire i suoi sintomi negativi, cambiando farmaco su farmaco, ma nonostante ciò quel miglioramento non avviene.
Anche qui bisogna tornare ai vari trial clinici e notizie su specifici siti, in quanto quelle che si reperiscono in Italia sono scarne, marginali e di parte, quindi bisogna affidarsi ai siti in lingua inglese.
Sempre le linee guida ed i più avanzati studi, indicano che la cura in caso di recidiva e non rispondente alla molecola già utilizzata in precedenza si proceda:
- all’utilizzo di una diversa molecola SSRI/SNRI;
- ad una molecola SSRI/SNRI abbinata ad un triciclico;
- ad un triciclico/antipsicotico con azione su diversi recettori;
- ad altro psicofarmaco con azione off-label, abbinato ad un antidepressivo a scelta del medico.
Purtroppo spesso succede, anzi direi nella quasi totalità dei casi, che lo specialista vada avanti provando molecole diverse (nuova generazione) e per un lungo arco temporale, non facendo altro che portare alla disperazione il paziente, con la canonica frase "per me non esiste nessuna cura".
Ecco che allora entra in scena la professionalità e la bravura dello specialista, che seguendo le linee guida già codificate mette in campo le alternative soprindicate, che purtroppo non trova concordi una buona fetta di specialisti, in quanto affermano:
- che l’abbinamento con farmaci triciclici porta ad effetti collaterali più severi dei nuovi farmaci;
- che farmaci atipici la cui sperimentazione (in contrasto con trial positivi riportati in alcuni paesi) non abbiano un valido supporto pre immissione commercio;
- sono invogliati da Big Pharma in quanto i margini di guadagno, qualora si usassero i triciclici, sarebbero molto ma molto bassi... e mi fermo qua...
Indubbiamente occorre tener presente che nel caso di cambiamento di farmaco (in special modo l’abbinamento con quelli triciclici) occorre fare esami preventivi e dovuti controlli ematologici/cardiologi etc., che vanno sempre condotti qualsiasi molecola si usi.
Purtroppo nella pratica clinica questo non accade, chi ha voglia può leggere un intero post dedicato al mancato coinvolgimento del paziente, in quanto ormai con i canonici dieci minuti di visita (a dire tanto, quando non sono diagnosi telefoniche) fa sì che lo specialista non colga specifici segni del successo o meno di una molecola.
Parliamo ora del ruolo della sola ansia patologica, partendo da qualche esempio:
- un soldato parte per la guerra e lo inviano in trincea dove si combatte la vera battaglia. Dopo un anno la guerra finisce e torna a casa. Il soldato soffriva d'ansia già in trincea oppure ne soffrirà quando torna a casa? La risposta è scontata, quando era in battaglia aveva l'adrenalina al massimo, tutto il suo corpo reagiva mettendo in campo ogni energia possibile. Quelle energie erano indispensabili perché gli davano forza mentale, rafforzavano la vigilanza, lo preparavano all’evento, insomma il corpo reagiva al 100% sia mentalmente che fisicamente.
Infatti, ecco che quando tutto c∙∙∙a e ci si trova a casa finita la guerra l'ansia inizia a farsi sentire, gli ormoni diminuiscono drasticamente, il cervello inizia a razionalizzare le paure, le tensioni etc. E' la classica sindrome post traumatica da stress (che non colpisce solo i soldati ma colpisce tutte le persone che vivono situazioni di particolari stress/eventi prolungati nel tempo).
Riportiamo un altro esempio:
- donna con lavoro gratificante, situazione familiare nella normalità, porta avanti una gravidanza senza problemi.
La felicità per questo ultimo caso è al massimo, ma qualcosa in lei non va, iniziano le preoccupazioni messi in atto da pensieri detti worm, che il cervello elabora (responsabilità, allattamento, malattie, notti insonni, lavoro, casa etc.)
Iniziamo col dire che esistono due tipi di stress:
- distress - genericamente chiamato stress, non è altro che quello negativo;
- eustress - che è lo stress positivo.
Anche un evento importante che genera uno stress "buono", tipo la nascita di un figlio, un matrimonio, un successo di carriera etc. può manifestarsi con la sintomatologia dello stress cattivo. Entrambi hanno bisogno di un periodo di adattamento che cambia da persona a persona.
Ricordiamo che l'ansia è un elemento essenziale del nostro vivere quotidiano, infatti serve molto in quei periodi di forte stress esterni.
Non si nasce ansiosi, intesa come patologia, ma come detto prima, fattori genetici e vari fattori stressogeni possono farla emergere.
Il soggetto ansioso patologico è un terreno fertile per far attecchire tale patologia. Certamente non tutti siamo così, ma come si dice per altre patologie, ognuno è diverso dall'altro ed ognuno reagisce a suo modo.
Chiaramente c'è ansia ed ansia, personalmente e tenendo in considerazione vari testi medici di psichiatria l'ansia, in base alla sua intensità, viene suddivisa così:
- se l'ansia è leggera e ti fa vivere il quotidiano, nel senso che sono solo dei momenti che passano e ti fanno tornare alla normalità, tisane rilassanti, sport, hobby; socializzazione, etc. possono risolvere il periodo ansioso;
- se l'ansia è moderata e gestibile ma i pensieri a volte diventano tali da portarti ad un loop nel cervello, oltre quanto sopra si può aggiungere una psicoterapia breve strategica;
- se l'ansia è grave, tale da ripercuotersi durante l'intero arco della giornata, nel senso che si manifestano altre comorbidità (ipocondria, attacchi di panico etc.) e che non ti fa vivere, allora ci vuole una cura farmacologia in modo tale da abbassare i livelli ansiogeni e successivamente agire con la psicoterapia.
Il solo uso delle benzodiazepine non svolge un livello curativo ma fa da stampella provvisoria, ecco perchè alla cura si abbina un antidepressivo. Certamente se l’ansia occupa un margine di giornata più o meno totale, lo specialista proporrà una benzodiazepina ad emivita breve, media o lunga.
In quanto alla sintomatologia ansiosa, la manifestazione è descritta in cinque pagine sul DSM edizione V e i soggetti ipocondriaci ne raggiungono l’apice. Resta inteso che devono essere escluse patologie organiche.
Scusate questo mio lunghissimo post, ma ho ritenuto necessario aprire uno spiraglio che possa rappresentare una boccata d'ossigeno per persone che giornalmente hanno a che fare con l’ansia patologica, e le cui discussioni sul forum rappresentano una buona fetta dei confronti tra utenti.