Sindrome da Burn Out?

  • Il Burn Out, correggetemi se sbaglio, è la condizione per la quale si affronta il proprio lavoro e la propria vita in maniera terribilmente passiva e distaccata, come se non fosse la nostra, diventandone di fatto spettatori di tutto ciò che succede. Premetto che io faccio un lavoro estremamente stressante e ho anche fatto corsi sul benessere psicologico, tuttavia, nonostante questo, ultimamente mi sento molto annoiato, mi pesa fare qualsiasi cosa, anche uscire di casa, se posso evito, qualsiasi evento esterno mi disturba come se fosse un macigno insopportabile. Non credo di essere in Burn Out, quella probabilmente è una condizione molto più grave della mia, ma egualmente mi sembra difficile uscire da questa situazione. Voi conoscete il fenomeno?

  • Ciao, non conosco il fenomeno. L'ho sentito nominare, ma sinceramente non ho mai approfondito.


    Detto questo, mi ritrovo molto in ciò che hai scritto. Ho pure io la continua e terribile sensazione di essere spettatore della mia vita, sono totalmente annoiato dal mio lavoro (anch'esso piuttosto stressante), anzi direi che sono proprio schifato.


    Addirittura ormai, se posso, evito pure di uscire e di incontrare colleghi e clienti.


    Arrivo alla fine della giornata con la consapevolezza di aver buttato via, per l'ennesima volta, un pezzettino della mia vita e questo accade ormai da tanti, troppi mesi.


    Mi sveglio al mattino con l'angoscia per quello che la giornata lavorativa avrà da offrire, vorrei cambiare lavoro ma non ho il coraggio di farlo e non so perché. Praticamente continuo a sprecare la mia vita in maniera vergognosa

  • Ciò che a me fa andare avanti è l'ottimo rapporto che ho con i miei colleghi che sono anche in buona parte i miei amici, ho cambiato città per lavoro e sono le persone che ho modo di frequentare più spesso.

    La cosa che mi dispiace è che a volte sono talmente stanco da non fare altro che oziare e recuperare dopo una giornata di lavoro, faccio i turni, quindi soffro terribilmente anche la irregolarità del sonno che mi butta giù. Mi piacerebbe essere più attivo e potermi costruire un hobbies, purtroppo quelle cose che una volta mi piacevano adesso mi annoiano pure e non ho capito se questo sta succedendo perché sono cambiato ed è stato il nuovo lavoro a farlo.

  • Ciao Hawake, ti scrivo solo per darti un consiglio: non sottovalutare questi segnali e fai terapia. Anche solo verbale, ma se vuoi cambiare e non riesci ti consiglio di iniziare per evitare situazioni peggiori.

  • Ciao, mi riconosco nella tua situazione. Sono un'insegnante, il mio lavoro negli ultimi 4/5 anni è diventato incredibilmente più faticoso. Con la pandemia i ragazzi si sono disabituati a stare a scuola e a studiare, l'ambiente scolastico è diventato più stressante, quando torno a casa ho molto lavoro da fare (preparare compiti e lezioni, correggere) e in più sembra che la scuola sia sempre alla ribalta nelle cattive notizie di tutti i giorni: insegnanti minacciati o addirittura feriti, incidenti in gita, riforme che ci piovono addosso dai piani alti e che peggiorano la nostra condizione di lavoro. Non riesco mai a trovare sollievo dall'ansia. Se potessi prenderei una pausa, un'aspettativa, ma non posso rinunciare allo stipendio in questo momento.

  • Ciò che a me fa andare avanti è l'ottimo rapporto che ho con i miei colleghi che sono anche in buona parte i miei amici, ho cambiato città per lavoro e sono le persone che ho modo di frequentare più spesso.

    La cosa che mi dispiace è che a volte sono talmente stanco da non fare altro che oziare e recuperare dopo una giornata di lavoro, faccio i turni, quindi soffro terribilmente anche la irregolarità del sonno che mi butta giù. Mi piacerebbe essere più attivo e potermi costruire un hobbies, purtroppo quelle cose che una volta mi piacevano adesso mi annoiano pure e non ho capito se questo sta succedendo perché sono cambiato ed è stato il nuovo lavoro a farlo.

    Io faccio un lavoro per conto mio, ma la sensazione è proprio la stessa. Ultimamente poi mi pesa quasi pure mandare una semplice email, credo di essere arrivato proprio alla fase più acuta di questa mia condizione attuale. Non nego che dopo la pandemia sono cambiato, ma vedo che è una cosa successa a tantissime persone quindi in qualche modo mi "consolo".


    Il problema poi è che se ti mancano gli stimoli e le motivazioni non combini nulla, passi le giornate a perdere tempo. Non solo, ormai ho perso anche entusiasmo di fronte ai risultati, nel senso che se anche chiudo delle pratiche soddisfacenti pure a livello economico non provo alcuna emozione positiva, anzi.


    Sinceramente sto valutando di prendermi almeno un anno di pausa dal mio lavoro e dedicarmi ad altro, la mia idea sarebbe quella di provare l'avventura da libero professionista in un settore completamente diverso da quello in cui lavoro oggi. Ho 35 anni, purtroppo non sono più un ragazzino, ma fortunatamente sono nella posizione di poter permettermi questo esperimento, quindi tanto vale provarci. Non voglio vivere tutta la vita con il dubbio, il fatto di pensare "se avessi provato a cambiare lavoro, chissà come sarebbe andata", sarebbe terribile.

  • Il Burn Out, correggetemi se sbaglio, è la condizione per la quale si affronta il proprio lavoro e la propria vita in maniera terribilmente passiva e distaccata, come se non fosse la nostra, diventandone di fatto spettatori di tutto ciò che succede.

    La sindrome da burnout è una condizione che ha più fasi e che si concretizza con problemi psichici e psicosomatici (anche gravi) che rendono poi difficile lavorare e condurre una vita serena.


    La descrizione che fai tu è simile ad una condizione di forte rassegnazione che possono essere parte della fase in cui il burnout si concretizza con disagi psichici come la depressione (anche solo latente), il cinismo e altri atteggiamenti negativi.


    Ciao, mi riconosco nella tua situazione. Sono un'insegnante, il mio lavoro negli ultimi 4/5 anni è diventato incredibilmente più faticoso.

    Il lavoro di insegnante è da sempre uno dei più stressanti a riguardo.

    Ci sono numerosi studi dell'INAIL a provarlo, con vari report che associano in modo inderogabile la tua professione allo stress lavoro correlato, il quale comprende (ed è compreso) (nel)la sindrome da burnout.


    Io faccio un lavoro per conto mio, ma la sensazione è proprio la stessa. Ultimamente poi mi pesa quasi pure mandare una semplice email, credo di essere arrivato proprio alla fase più acuta di questa mia condizione attuale. Non nego che dopo la pandemia sono cambiato, ma vedo che è una cosa successa a tantissime persone quindi in qualche modo mi "consolo".

    Qui bisogna fare una riflessione seria. Personalmente ho un punto di vista privilegiato, perché per lavoro ho a che fare con numerosissime persone di numerosissime aziende (anche pubbliche) e che lavorano nelle più svariate mansioni e livelli.


    L'Italia è uno dei posti peggiori al mondo in cui lavorare, anche considerando i Paesi in via di sviluppo. Questo purtroppo è un dato di fatto confermato da ogni studio di settore, sia nazionale che estero, sia privato che pubblico. Se fate una ricerca ne trovate a bizzeffe.


    I motivi di questo assetto sociale-lavorativo sono molti. Se volete si possono discutere. Fatto sta che la situazione prima della pandemia era già grave, praticamente al limite. Di fatto alcuni non lavorano o lavorano pochissimo (guadagnando anche molto o moltissimo), mentre una porzione molto più grande di persone lavorano tantissimo per guadagnare meno di quello che serve per sopravvivere. Anche (ma non "solo") la retribuzione è uno dei tanti motivi che può spingere nel burnout.


    Dopo la pandemia la situazione è peggiorata, perché è variato (e di molto) l'assetto economico: ci sono meno soldi e più spese e più debiti per tutti. L'economia che prima era al limite è di fatto caduta. Stiamo perdendo servizi nazionali essenziali quali la sanità (tanto per citarne uno).


    Lavoriamo tutti troppo e per produrre poco. Succede a causa delle condizioni e del metodo di lavoro che non vengono curati e aggiornati da chi dovrebbe averne la responsabilità.


    Essendo che il mondo del lavoro interconnette strettamente i vari operatori tra di loro: di questo andazzo profondamente disfunzionale ne paghiamo le spese praticamente quasi tutti.


    Ormai i problemi stanno raggiungendo anche le vette più alte: dobbiamo sperare che questo accada alla svelta, perché le soluzioni ai problemi arrivano sempre e solo quando ne vengono toccati i potenti. Fino ad allora possiamo solo prendere atto di non essere sbagliati. Viviamo in un ambiente (lavorativo) disfunzionale ed è sano esserne disturbati.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • bruce0wayne concordo al 100%.


    Se la situazione prima della pandemia era già piuttosto negativa, il post pandemia l'ha resa di fatto insostenibile sotto vari punti di vista.


    Personalmente, come detto, dopo la pandemia mi sento molto cambiato e francamente non so se in meglio o in peggio. Ma di sicuro mi è scattato qualcosa nella testa che mi ha fatto vedere le cose da angolazioni diverse, mentre prima accettavo passivamente la strada che mi sono scelto senza nemmeno pensare che esistono delle alternative ad essa.


    Oggi mi sento completamente in bambola, mi sento di aver preso una serie di decisioni sbagliate e di aver buttato via tanti anni della mia vita (probabilmente i migliori, diciamo quelli che vanno dai 20 ai 30).


    Devo dire che la mia decisione, almeno sulla carta, l'ho presa. Sicuramente questo sarà l'ultimo anno in cui manterrò il mio lavoro, voglio esplorare nuovi orizzonti, provare nuove esperienze perchè non voglio vivere di rimpianti. Mi sto già muovendo nella direzione di un settore che mi piace e che mi permetterà di lavorare utilizzando semplicemente un computer ed una connessione internet, senza più vincoli, senza più catene che mi legano e non mi fanno respirare.


    Magari sto facendo una cavolata, magari invece sarà la svolta della mia vita professionale, non si sa. Però appunto, è inutile vivere il resto della mia vita con l'idea "chissà se avessi fatto quello", provo e basta. Ho 35 anni, non ho particolari impedimenti o vincoli e quindi posso permettermi di provare a cambiare la mia vita, di provare ad essere felice, di svegliarmi alla mattina soddisfatto di quello che dovrò fare durante il giorno.


    Attualmente invece è proprio l'opposto, mi sveglio al mattino con un'angoscia che non so nemmeno descrivere a parole, passo le giornate con una noia incredibile, senza più alcun stimolo, senza motivazioni, senza niente. Non provo più alcuna emozione positiva nel fare il mio lavoro e, anzi, evito proprio di avere contatti con potenziali nuovi clienti.


    Il problema è che questa situazione purtroppo mi fa sentire anche un pò fuori luogo, nel senso che mi guardo allo specchio e alla mia età mi chiedo che cavolo ho combinato fino ad oggi..

  • Ho sofferto di burnout anni fa e non ne sono mai completamente uscito. Mi ricordo che ero arrivato a non alzarmi dal letto se mia madre non urlava ed ero così demotivato da paragonare il mio lavoro a quello degli impiegati nel lager di Auschwitz, che con l'unica motivazione dello stipendio facevano cose come accompagnare i bambini nelle camere a gas, chiuderli dentro e aprire i rubinetti. Ne sono uscito perché non coltivo più aspettative nel mio lavoro, le uniche positività che gli riconosco sono che è stabile e che a una certa ora del pomeriggio piglio ed esco; quando sono fuori stacco completamente, non voglio pensarci neanche per un secondo, e se ne parlo con altri mi viene spesso la voce rotta, come se stessi per avere una crisi di pianto.

  • Personalmente, come detto, dopo la pandemia mi sento molto cambiato e francamente non so se in meglio o in peggio. Ma di sicuro mi è scattato qualcosa nella testa che mi ha fatto vedere le cose da angolazioni diverse, mentre prima accettavo passivamente la strada che mi sono scelto senza nemmeno pensare che esistono delle alternative ad essa.

    Va sottolineato che la pandemia NON è la causa dei problemi, ma solo l'evento rivelatore. I problemi c'erano anche prima, solo che stentavamo a rilevarli perché eravamo troppo presi dal tran tran quotidiano.


    L'esempio tipico è quello del settore turistico/alberghiero. Erano anni (decenni) che ormai gli operatori del settore bruciavano (concretamente) le loro vite per stipendi da fame. Lo stop forzato della pandemia gli ha consentito di rendersene conto. Tutti i discorsi che si fanno sul fatto che le persone non abbiano voglia di lavorare e fare sacrifici sono totalmente sbagliati. La verità è che non conviene lavorare in determinati settori a determinate condizioni... solo che gli operatori erano troppo presi dalla sopravvivenza e dalla routine per rendersene conto.


    Per dirla in un altro modo: due terzi (circa) delle attività del settore alberghiero erano già fallite più di 10 anni fa per incapacità dei gestori. Sopravvivevano solo perché non pagavano il personale. La pandemia ha aperto gli occhi al personale che si è "svegliato" e ha capito che non ne valeva la pena.

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

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