Figli o non figli? Questo è il dilemma!

  • Credo di aver appena avuto un’epifania. Forse ho capito cosa mi blocca rispetto alla decisione di diventare madre. è il fatto che io praticamente mi trovo/mi sono messa nella situazione di “accudire” perennemente mio marito da un punto di vista emotivo, con picchi come quello che stiamo vivendo in questi giorni. Lui è uno abbastanza solo/solitario che soffre d’ansia. Io, che invece sono più solida e iperattiva e socievole (nonostante io scriva su questo forum e quindi evidentemente non sia priva di pensieri e preoccupazioni) mi accorgo che, per compensare, mi faccio carico di tantissime cose, in modo da alleggerire lui dall’incombenza di doverle fare e nella speranza più o meno vana che questo serva a lenire la sua ansia.

    Se può esserti utile posso confermarti che fare le cose al posto di una persona ansiosa non lenisce l'ansia che solo in superficie e a brevissimo termine. A medio-lungo termine la situazione peggiora, perché il soggetto ansioso si disabitua ad affrontare le situazioni ansiogene.


    Comprendo che questo stillicidio di assistenza nei confronti del partner possa bloccare l'istinto materno. La tua epifania evidenzia una situazione perfettamente compatibile con uno dei primi motivi istintivo-evoluzionisti per cui può verificarsi un "blocco" della volontà di diventare genitori: il non fidarsi delle capacità del partner e/o non poter confidare su sufficienti capacità complessive della coppia.


    Se tu devi sopperire alle mancanze di lui non ti restano le energie mentali di dedicare quel tipo di mentalità a un figlio (che di per sé ne richiede parecchie).

    Omnis mendaciumo. Bis vincit qui se vincit in victoria. Re sit iniuria.

  • Ciao, grazie per le vostre risposte.

    È dura ammettere che, alle condizioni attuali, non mi fido abbastanza di lui per pensare di fare questo passo insieme a lui, ma tocca dirlo.

    Quantomeno mi serve a mettere a fuoco la radice del problema e a capire se e come si può risolvere.


    Ovviamente la mancanza di fiducia da parte mia è dovuta ai suoi comportamenti e non a un giudizio negativo su di lui in quanto essere umano.

    Lui è una persona estremamente responsabile e mossa nella vita da valori solidi e condivisibili.

    Però trovo un po' egoista, ombelicale e ancora "da ragazzini" questo suo ripiegarsi nell'ansia anche per delle piccole cose.

    Mi chiedo cosa succederà davanti ai problemi veri della vita e se potrò contare su di lui.


    Questo ovviamente è un grande deal-breaker davanti all'idea di un progetto che deve essere condiviso come quello di un figlio.


    Verissimo, come scrive bruce0wayne , che il mio farmi carico di una serie di cose al posto suo alla lunga diventa controproducente.

    Ovviamente non lo faccio per mero altruismo, ma anzi principalmente per motivi egoistici.


    Lo spiega bene il mio schema di gestione di una situazione-tipo di scelta "condivisa" (o che dovrebbe esserlo) con lui:

    • Voglio che facciamo una cosa insieme (rimanendo su cose del quotidiano, parliamo ad esempio di un weekend via, o una qualunque occasione di questo tipo che esce dalla routine);
    • A lui questa cosa fa venire l'ansia;
    • Io allora anticipo tutte le sue possibili rimostranze/paranoie/problematiche che gli "triggerano" l'ansia (temi organizzativi, economici, etc) e le risolvo io;
    • In questo modo ottengo che non debba pensarci lui e quindi non abbia più "scuse" per dirmi di no, e che quindi si faccia questa cosa che IO voglio fare.

    Non riesco a uscire da questo schema, per paura di quello che potrebbe succedere se io smettessi di sostituirmi a lui e prendere iniziative (spoiler: il timore è che non faremmo più nulla delle cose che a me va di fare).


    Per quanto comportarmi così mi faccia ottenere il mio scopo sul piano "oggettivo" (partire per il weekend), mi penalizza sul piano emotivo, perché mi priva non solo di moltissima energia che impiego per anticipare, sostituirmi, negoziare, ma anche di quella complicità e di quell'entusiasmo che deriverebbero dall'avere lui realmente "on board" su questa cosa, quando di fatto non lo è. Cioè lui partecipa perché "messo nelle condizioni" di farlo, ma rimane una cosa che voglio fare io. E quindi... ne vale la pena?

    Ecco, immaginate tutto questo traslato da un weekend fuori porta a una situazione macro, come la scelta di diventare genitori.


    Concordo moltissimo con ipposam sul fatto che la genitorialità non debba essere un sacrificio, ma nella mia situazione vedo un rischio bello grosso, per due motivi. Da una parte temo continuerebbe a ripresentarsi la necessità di farmi carico da sola di certe cose, perché lui non è abbastanza "funzionante" (un bambino stanca, richiede grande organizzazione e allo stesso tempo è fonte di continui "imprevisti" e cambi di rotta). Dall'altra, già adesso lui con i suoi comportamenti in certe situazioni annulla ogni forma di complicità e condivisione e quindi danneggia la parte "edonistica"/"godereccia" della vita, che compensa quegli aspetti più difficili e meno piacevoli legati al diventare genitori, e che quindi deve trovare spazio non solo nella relazione con i figli, ma anche proprio nella coppia in presenza di figli. Credo che questo spieghi anche perché io mi "ostini" a vedere principalmente i lati negativi.


    Io non so se, prima di giungere alla decisione oggetto di questo thread, si possa fare qualcosa per:

    1. Intanto smettere io di proteggerlo;
    2. Poi portarlo a capire che ha un problema e che questo ha un impatto su di me e su di noi come coppia;
    3. Poi cercare di risolvere questo problema.

    Vedo molti ostacoli.


    Sul punto 1. posso e devo provare a lavorarci io, a costo di correre, magari inizialmente, il rischio di scontri e/o rinunce.

    Sul punto 2., a me sembra abbastanza oggettivo che se a 40 anni vai in ansia per un weekend via (rimanendo sull'esempio di prima), hai un problema. Però, nella sua testa, il suo problema diventa il mio, perché probabilmente lui preferisce comunque rimanere a casa piuttosto che affrontare l'ansia legata al partire. Quindi lui, secondo la sua percezione, non ha un problema, sente di riuscire a gestirlo. Il problema ce l'ho io che invece voglio partire. Come uscire da questo impasse?

    E ammesso e non concesso che ci si riesca e che lui riconosca il problema, arrivando quindi al punto 3., come lo affrontiamo? Io sono convinta che lui avrebbe bisogno di andare in terapia. Ma come convincerlo? Io che sono abituata a proteggerlo ho timore di essere troppo tranchante se gli do una specie di "ultimatum". Servono davvero a qualcosa? Ha senso mettere da subito sul tavolo il tema della genitorialità come motivazione, considerando che io questo problema lo vorrei risolvere a prescindere, per poi arrivare a capire se è davvero questo che ci sta bloccando, e arrivare a pensarci con il campo sgombro da questo tema dell'ansia?


    Come al solito mi dilungo, ma spero che tutti questi dettagli possano essere utili a chi legge per condividere consigli, opinioni, esperienze analoghe.


    Grazie.

  • a me sembra abbastanza oggettivo che se a 40 anni vai in ansia per un weekend via (rimanendo sull'esempio di prima), hai un problema

    Ciao, fai qualche altro esempio? Perchè quello riferito al week end sembra più essere legato a una possibile pigrizia piuttosto che a uno stato di ansia. Nella gestione della casa come si comporta? Da una mano? Lo fa in autonomia o devi chiederglielo?

  • Ciao, fai qualche altro esempio? Perchè quello riferito al week end sembra più essere legato a una possibile pigrizia piuttosto che a uno stato di ansia. Nella gestione della casa come si comporta? Da una mano? Lo fa in autonomia o devi chiederglielo?

    Ciao! Nella gestione della casa è fantastico, ci dividiamo molto equamente i compiti e si occupa di tantissime cose che non sono molto nelle mie corde (e viceversa!). In generale è una persona molto seria e responsabile. Nella dimensione della casa lui sta bene ed è felice e si sente al sicuro e se ne occupa quindi volentieri. In questa situazione c'è la complementarietà, la complicità che mi manca in altre, come nell'esempio che ho fatto del weekend. La sua, più che pigrizia (anche se capisco che potrebbe sembrarlo), è proprio ansia (per sua stessa ammissione) nei confronti delle situazioni che escono dall'ordinario e dal suo controllo. Socialità, viaggi, dimensione lavorativa quando presenta sfide.

  • Aggiungo che questo aspetto caratteriale di ritrazione, chiusura, ripiegamento sulla dimensione interiore e casalinga è oggettivamente presente in lui, ma si acuisce esponenzialmente nei periodi (come questo) in cui è già sopraffatto da altri elementi fonte di ansia, e quindi anche la più piccola cosa che esce dall'ordinario gli sembra insormontabile. Il problema è che io, invece, quando vivo periodi di stress, reagisco nel modo opposto, pianificando cose per me piacevoli da fare per spostare l'attenzione su altro e vivere quel senso di "anticipazione" di qualcosa di bello. Ecco che (torno all'esempio del weekend via) in un periodo "difficile" in cui ci sono in circolo preoccupazioni etc, per me l'idea di partire diventa una fonte di energia vitale, mentre per lui diventa un ulteriore motivo di ansia che si aggiunge a quella che già ha.

    Fortunatamente ci sono periodi in cui non si vive ogni cosa così male, altrimenti saremmo stati proprio incompatibili. Però quando siamo entrambi sottoposti a stress, sentirsi un team o quantomeno una coppia che guarda nella stessa direzione diventa difficile.

  • quando vivo periodi di stress, reagisco nel modo opposto, pianificando cose per me piacevoli da fare per spostare l'attenzione su altro e vivere quel senso di "anticipazione" di qualcosa di bello.

    Uso anche io questo "metodo", con mio marito non funziona invece, se ha delle preoccupazioni di certo non pianifica cose piacevoli o viaggi, anche se non è certo il tipo che va in ansia per nulla.

    Ad ogni modo sono sincera: io non vedo il legame tra questa vostra dinamica e il fare figli, non fosse altro che farli vi porterebbe a scoprire nuove parti di voi e ne uscireste diversi da come siete. Io credo che dopo tutto tu non abbia intimamente questo desiderio, altrimenti troveresti il coraggio di provarci; del resto c'è chi li cresce da sola i figli, anche più d'uno...voi siete in due, avete una relazione solida, in concreto la situazione appare davvero ottimale. Non ho mai visto nè conosciuto coppie di genitori perfetti: tutti abbiamo le nostre debolezze e ce le portiamo appresso come bagaglio. Se non senti il desiderio va bene così, non farti influenzare dagli altri, bada solo di non pentirti, un domani. Proiettati tra 10 anni, o 20...cosa vorrai avere nella tua vita?

  • Io credo che dopo tutto tu non abbia intimamente questo desiderio

    Mi associo a quello detto da ipposam. Quelli descritti non mi sembrano ostacoli insormontabili. Ovviamente l'arrivo di un figlio stravolge gli equilibri e credo che sarebbe comunque difficile i primi tempi organizzare un week end fuori, considerando l'atteggiamento di tuo marito.

    A me capita l'opposto, lui è super organizzato per uscire e spesso sono io che freno per non accumulare stress in più (organizzare, fare la valigia, ecc...) e in effetti lui si occupa di tutto, mentre nella gestione della casa sono io quella più attiva. Anche io a volte vado in ansia quando inizia a programmare il week end fuori dal lunedì (che siamo magari appena rientrati), però boh...io non vedo in questo qualcosa di insormontabile. Ti invito a guardarti bene dentro.

  • Io credo che dopo tutto tu non abbia intimamente questo desiderio

    Ci sta, è quello che ho scritto fin dal primo messaggio. Non sono sicura di provarlo e vorrei sgomberare il campo da tutti quegli elementi che possono apparire come ostacoli, per capire se sotto c'è qualcosa oppure no.


    Ti invito a guardarti bene dentro.

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